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Renzi alla guerra con la Ue? Per finta…

C’è qualcosa di ridicolo nell’aria ogni volta che Renzi apre bocca. Vien voglia di non prenderlo sul serio, anche se poi di danni veri ne ha fatti a tonnellate (Jobs Act e riforme anticostituzionali della Costituzione, tanto per stare ai più grandi), quindi bisogna farci caso per forza.

Dopo aver giocato la parte del “poliziotto buono dell’Unione Europea” contro la Grecia guidata da Syriza in versione originale (fino al referendum di luglio, insomma), ora sta giocando la parte del “ribelle” o del “nazionalista” con Bruxelles. Dichiarazioni forti, strafottenti e in fondo stupide (espressione dal sen fuggita a Federica Mogherini, Lady Pesc per volere proprio di Renzi), ma rilasciate rigorosamente a media casalinghi. Come se non esistesse un “eco della stampa” continentale, a Bruxelles, in grado di segnalare le sortite più rilevanti o problematice dei leader europei. Forse per inesperienza, forse perché sente crescere la pressione “antieuropeista” nella popolazione di questo paese, Renzi si comporta quasi come il Berlusconi che straparlava in casa e faceva figure barbine in Europa, un po’ come avviene nei circoli massonici dove si può dire una cosa “fra noi” certi o quasi che non arriverà alla luce del sole.

I temi su cui delinea un percorso “conflittuale” con l’Unione Europea sono abbastanza chiari: flessibilità nella manovra di stabilità (pari allo 0,8% del Pil, appena dentro i limiti massimi scritti nei trattati, ma facendo appello a un po’ troppe giustificazioni per esser credibile) e rifiuto di versare la quota nazionale per due dei tre miliardi da dare alla Turchia perché si tenga in casa i profughi siriani e iracheni. Il tutto condito con un frasario che certo non trova buona accoglienza nelle ovattate suite di Bruxelles: «Non ci facciamo intimidire. L’Italia merita rispetto», «La stagione in cui l’Italia poteva essere telecomandata da Bruxelles è finita», «rappresento non il mio partito ma l’intero Paese: è finito il tempo in cui l’Italia andava a Bruxelles con il cappello in mano», «non sono uno che si fa intimidire da dichiarazioni a effetto. Ho l’onore di guidare un grande Paese che dà un sacco di soldi all’Europa e chiede che siano spesi bene», «L’Italia non ha bisogno di essere salvata da nessuno, men che mai delle istituzioni comunitarie. Che invece devono fare di più sulle partite vere: immigrazioni, politiche economiche, cultura e valori, innovazione».

Un Caimano giovane, insomma, nemmeno troppo originale.

Il vecchio Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, rotto ad ogni esperienza e compromesso, non può ceto preoccuparsi dell’ennesimo leaderino straparlante, ma ci ha tenuto a ribadire chi è che comanda: «Esito a esprimermi con lo stesso vigore che viene utilizzato nei miei confronti. Ciò non consentirebbe di fare avanzare le cose (…) Ciò detto, trovo che il primo ministro italiano ha torto di criticare la Commissione. Non capisco il suo comportamento, forse perché da tempo ho lasciato il teatro della politica nazionale».

Tradotto dal diplomatese: “quelle di Renzi sono chiacchiere ad uso interno, ce ne fottiamo”.

In effetti sono chiacchiere, ma a Bruxelles non si può vedere di buon occhio un “grande malato” (nonostante l’ottimismo renziano il debito pubblico è pur sempre sopra il 130% del Pil) che rompe anche le scatole atteggiandosi a grande potenza. Ci sono già troppi problemi “nazionalistici” per consentire di moltiplicarli.

Non a caso i grandi media padronali si sono subito preoccupati di ricordare che, sì, l’Unione Europea commette tanti sbagli e che bisognerebbe farla finita presto con misure di austerità che – palesemente – aggravano la situazione delle imprese nazionali, ma non è prudente entrare in conflitto “soli contro tutti”. Anche perché, negli altri paesi della Ue, presso le opinioni pubbliche nazionali l’Italia gode di una popolarità quasi al livello della disperata Grecia. Quindi un qualsiasi leader in difficoltà interne puà pensare di riguadganare consensi attaccando il più grande e problematico dei Piigs “meridionali” (Salvini compreso, of course).

Quindi adottando “toni” troppo critici verso la Ue – questo il ragionamento dei suoi supporters-ispiratori – Renzi rischia di guadagnare pochi consensi in casa e di perdere la benevolenza dei paesi più forti, Germania in testa. Oltre che delle burocrazie infernali attraverso le cui maglie, in ogni caso, devono passare sia la legge di stabilità che il progettino di bad bank per i prossimi salvataggi di istituti in crisi.

A noi sembra evidente che il contafrottole di Rignano stia accumulando sul tavolo una lunga serie di problemi che non hanno soluzione. Abituato ad agire all’impronta, supportato dalla batteria mediatica più compatta che si sia mai vista dal tempo del fascismo, ha sviluppato un grande dinamismo tattico senza avere alle spalle alcuna strategia. I suoi obiettivi sono in fondo puramente distruttivi del “vecchio” ordinamento costituzionale, già pesantemente smantellato da un quarto di secolo di “europeismo” applicato con alterne convinzioni da centrodestra e centrosinistra. Gioco facile, vista la nulla resistenza offerta dai “corpi intermedi”.

Ma quando si tratta di muoversi in campo già occupato da interessi strutturati e consolidati, al di fuori del tuo controllo, senza strategia non vai da nessuna parte. Specie se, è vero, ti “hanno messo lì” Marchionne e soci, ma tu non sei nessuno…

 

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