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Fiducia su una legge che non prevede “unioni civili”

Una cosa buona, in tutta questa pantomima del ddl sulle unioni civili, c’è. Dovrebbe aver chiarito a tutti che a questo governo e a questa classe politica non interessa un beneamato nulla del “merito dei problemi”, ma soltanto dei propri equilibri interni. Si stava discutendo infatti di una legge “a costo zero”, che non coinvolge nessun problema di “coperture”. Anzi, di un provvedimento ben visto anche a livello continentale.

Seconda cosa positiva, Renzi esce parecchio ammaccato dalla prova di forza che aveva tentato – usare come “secondo forno” i grillini in Parlamento, per aggirare i bigottismi vescovili dei suoi alleati di malgoverno – ancora una volta al grido “andremo avanti per la nostra strada!”

In fondo al viottolo c’era il baratro e quindi ha fatto dietrofront come un democristiano della prima repubblica, disposto a far approvare un testo finale che non dice più nulla, non garantisce più alcun diritto significativo (di quelli insignificanti, ovviamente, la “sinistra Pd” ne troverà a bizzeffe), pur di poter dire che ce l’ha fatta. Il suo tweet finale, ieri sera, era patetico e plumbeo, ripetitivo fino all’ottusità: “L’accordo sulle unioni civili è un fatto storico per l’Italia. E’ davvero #lavoltabuona“.

La vittoria di Alfano e della triste coorte del Family day non poteva essere più piena. Non per intelligenza propria, quanto per calcolo combinatorio: una volta affermata come “normalità” che la maggioranza si forma volta per volta, sui singoli provvedimenti, senza alcuna programmaticità (al di fuori dei diktat della Troika, naturalmente; su quello non si scherza), basta avere il numero di parlamentari giusto per far raggiungere o no la maggioranza, e il gioco è fatto. Appare dunque pienamente logica la truculanta rivendicazione degli oscurantisti, per bocca dello stesso Alfano: “Abbiamo impedito una rivoluzione contronatura e antropologica“.

Sul carro dell’ammaccato “vincitore” è da tempo salito anche il pidue (o tre o quattro) Denis Verdini, antico amico di famiglia del premier (il padre di Matteo curava la distribuzione del giornale di proprietà di Verdini), che ora scalpita per formalizzare l’ingresso in maggioranza. Anche qui: una volta che si viene chiamati con continuità al “soccorso nero”, con i voti di fiducia, è chiaro che prima o poi bisognerà essere pagati per il servizio: qualche poltrona (ministri, sottosegretari, presidenti di commissione o si aziende ancora pubbliche), insomma, è d’obbligo. E vedrete che la “sinistra Pd” manderà giù anche questa, “antropologicamente” così ostica.

La legge Cirinnà non esiste più, ma verrà votata stasera. Con voto di fiducia, dopo tante affermazioni sulla “libertà di coscienza”. Il punto che per la destra sedicente cattolica era diventato una trincea – la stepchild adoption – è sparito; naturalmente con la “promessa” di infilarlo in un provvedimento ad hoc, che probabilmente non vedrà mai la luce (avrà gli stessi problemi di oggi, con questa composizione parlamentare).

Renzi si è così giocato un’altra fetta di consenso sociale, per quanto piccolo possa essere. Ma soprattutto ha lasciato sul terreno della ex Cirinnà una quota rilevante della sua già non immensa credibilità.

 

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