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Bologna. Don Camillo e Peppone a parti invertite

Il Vescovo difende i senza i casa, il sindaco li criminalizza. La location è emiliana come nei film, anzi bolognese, ma i ruoli sono invertiti. A difendere le esigenze popolari è toccato al vescovo  Zuppi, a stigmatizzarlo “perché non è proprio così” è stato invece il sindaco Merola, uomo del Pd. Motivo del contendere è ancora una volta l’emergenza abitativa nel capoluogo emiliano, una volta culla del prospero modello riformista ed oggi ridotto ad una città come tutte le altre, anche dal punto di vista – inimmaginabile fino a qualche anno fa – dell’emergenza casa. Alcune settimane fa, la resistenza allo sgombero delle case occupate in via Irnerio, si è trasformata prima in una battaglia con la polizia nelle strade e dentro le case occupate e poi in una clamorosa occupazione dei senza casa e degli attivisti dell’Asia/Usb di una chiesa del quartiere, con tanto di intervento del vescovo che aveva mandato a dire , senza troppi giri di parole, che non si poteva buttare la gente in mezzo alla strada e non avere in mente qualche soluzione dignitosa. A tarda notte, dopo ore di trattative, la soluzione era stata trovata senza dividere i nuclei familiari e gli occupanti.

Ma il sindaco Merola, in pieno campagna elettorale,  non aveva gradito l’intervento vescovile e ieri è tornato alla carica replicando a mons. Zuppi che in una intervista al Corriere della Sera ha affermato: “L’occupazione di un bene altrui è sempre un’azione illegale. E credo che gli stessi occupanti ne siano ben consapevoli. Però dobbiamo capire la disperazione di queste persone e i motivi che li spingono a occupare e risolvere le cause profonde di queste azioni. Chi occupa accetta consapevolmente un rischio perché in alcuni casi è l’unica possibilità che ha. Dobbiamo provare a rispondere a questa necessità senza mai mettere in discussione il principio di legalità, ma offrendo risposte adeguate”. Apriti cielo. Il sindaco Merola ha replicato con un comunicato pubblicato dalla stampa locale nel quale risponde al vescovo che non è proprio così, che le occupazioni sono illegali, che le famiglie coinvolte dall’emergenza casa sono poche e che vengono strumentalizzate dai movimenti di lotta per la casa. La tesi di Merola, tra l’altro, coincide perfettamente con quella contenuta nella relazione annuale dei servizi segreti, i quali relativamente al disagio sociale e al ruolo delle organizzazioni di sinistra che vi intervengono, liquida il tutto sotto la categoria della “strumentalizzazione”. Un doppio standard evidente che conferma come i servizi segreti guardino ancora con occhi indulgenti ai neofascisti e “severi” contro i militanti. Infatti se i gruppi fascisti come Casa Pound si occupano del sociale vengono ritenuti bravi ragazzi, se lo fanno i gruppi della sinistra antagonista “strumentalizzano il disagio sociale”.

Merola l’ha declinato più o meno così, con un dettaglio però devastante. Parlando dell’emergenza abitativa a Bologna, l’ha ridimensionata enormemente anche rispetto ai dati forniti –ad esempio – da un centro ricerche bolognese piuttosto collaterale al Pd come Nomisma. E’ la stessa Nomisma a declinare i dati che il sindaco Merola sembra ignorare completamente.  Nella sola città di Bologna, secondo Nomisma, sono circa 45.000 le famiglie che vivono in condizioni di disagio abitativo, mentre le richieste per un alloggio popolare sono state 9.967 e quelle per il canone calmierato 1.706. Di fronte alla preoccupante dimensione del problema abitativo, la capacità del Comune a fornire risposte adeguate non sembra sufficiente: sono circa 400 le assegnazioni annuali di case popolari, a fronte di una richiesta di circa 10.000 famiglie. Il Fondo Sociale per l’Affitto è praticamente scomparso a causa dei forti tagli applicati dallo Stato in questi anni ed i canoni di mercato hanno subito un leggero calo, ma del tutto insufficiente rispetto ai redditi delle famiglie. I numeri dell’edilizia residenziale pubblica (ERP) dimostrano come a Bologna, in linea con la media nazionale, l’offerta sia del tutto insufficiente, pari al 5,6% sul totale delle abitazioni, mentre in Francia è del 15% ed in Germania del 18%. Non solo. La regione Emilia-Romagna registra il maggior numero di sfratti per famiglia, circa 1 ogni 275 contro una media nazionale di 1 ogni 380. Gli sfratti per morosità sono più che raddoppiati (+220%) e nella sola città di Bologna ci sono circa 1.000 richieste di sfratto all’anno. Dunque anche nelle più prospere città del nostro paese, l’aver consegnato la questione abitativa nelle sole mani dei soggetti privati, ha alimentato una emergenza sociale crescente e senza risposte che non siano briciole o manganellate della polizia. Don Camillo e Peppone

Viene da chiedersi se il sindaco Merola abbia mai sentito parlare di questi dati, forniti del resto da Nomisma che ha sede a Bologna, ha ricercatori bolognesi e che magari Merola avrà incontrato in qualche evento. Il contenzioso del sindaco Merola con il vescovo Zuppi non fa solo rimpiangere la competizione tra Peppone e Don Camillo nel rappresentare – con le proprie convinzioni e identità – le esigenze popolari, ma è anche la conferma del crescente abbassamento del livello politico delle classi dirigenti che il Pd esprime ormai a tutti i livelli. Prima ce ne liberiamo, meglio è, anche a Bologna.

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