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Lavoro che uccide: il 27 sciopero a Bologna

La prevenzione degli infortuni – mortali (e non) – non si fa con le parole. Pieno appoggio allo sciopero indetto a Bologna dai sindacati per giovedì ma dal momento di riflessione e dalla denuncia dei “numeri” dobbiamo passare ai fatti.

In condizioni di squilibrio di potere a svantaggio della forza-lavoro la vigilanza ispettiva va potenziata ben oltre la soglia sufficiente in condizioni di “normalità”

SE DAVVERO VOGLIAMO FERMARE LA STRAGE E NON FARE SOLO CHIACCHIERE

La situazione appare purtroppo chiara ma i decisori politici e istituzionali non la vogliono capire. In questi mesi abbiamo fatto proposte chiare e articolate. Benché utile, non è sufficiente richiamare i “numeri” degli infortuni (mortali e non) che pure sono fondamentali e vanno collocati in REGISTRI REGIONALI DEGLI INFORTUNI in analogia ai registri regionali dei mesoteliomi.

Questa dei registri è la prima proposta che rilanciamo: registri aperti e dinamici con una cabina di regia affidata alla sanità pubblica. Il registro deve contenere indicazioni utili per la prevenzione. La esperienza dei registri mesoteliomi dimostra che la gestione può essere migliore e più adeguata (vedi Regione Veneto) oppure burocratica e non esaustiva (tutte le altre Regioni). IL REGISTRO REGIONALE DEGLI INFORTUNI DEVE INTEGRARE I DATI SUI “QUASI INCIDENTI” già obbligatori per legge nelle singole aziende ma trascurati e non implementati a dovere (secondo le informazioni in nostro possesso). Le contraddizioni in campo sono così evidenti da non lasciare alibi e attenuanti a istituzioni parolaie che spesso tacciono e quando parlano riciclano mezze idee e mezze buone intenzioni.

Le nostre proposte sono chiare e purtroppo inascoltate. Mesi fa sulla vigilanza abbiamo avanzato una proposta compiuta alla Regione Puglia: nessuna risposta.

Ma andiamo avanti :

  1. Abbiamo detto dei registri regionali integrati dai dati sui “quasi incidenti” o “incidenti mancati” la cui raccolta e registrazione è peraltro obbligatoria per legge…

  2. Potenziamento della vigilanza: a) si fanno spesso promesse al riguardo, non seguite dai fatti; abbiamo argomentato come in Toscana dopo la strage di Prato in una fabbrica del noto comparto “cino-pratese” sono stati assunti 70 ispettori; a parte il rammarico legato al fatto che le iniziative utili vengono assunte sempre “il giorno dopo” le stragi, il provvedimento ha dato buoni risultati e peraltro non è costato niente al pubblico visto che la vigilanza messa in campo ha determinato anche un contrasto dell’economia sommersa con rilevante rientro fiscale, tanto che i circa settanta ispettori assunti presso le Ausl sono stati stabilizzati; b) la vigilanza è sempre fondamentale: ma tanto più lo è quando i rapporti di forza sono squilibrati a svantaggio del lavoratori, massimamente di quelli precari; quindi in condizioni di svantaggio e di ridotta capacità di autodifesa le piante organiche dei servizi di medicina del lavoro degli anni 70-80 del secolo scorso vanno potenziate comunque; c) la vigilanza deve essere dinamica, incrementata qualitativamente e non solo quantitativamente; per esempio il lavoro notturno: premesso che questo è un fattore di rischio cancerogeno (2A) secondo la Iarc e che quindi va limitato alle situazioni in cui è davvero necessario, va posto un quesito: chi vigila visto che la mobilitazione notturna degli organi ispettivi è solo a chiamata e dunque a infortunio già avvenuto? Lo diciamo anche perché nel mese scorso a Bologna in poche ore ci sono stati due infortuni mortali (uno in tangenziale e uno in ferrovia); la vigilanza deve e può essere implementata anche da sistemi di videosorveglianza che compatibilmente con i diritti sanciti dallo Statuto dei lavoratori devono riguardare gli impianti (ponteggi, opere provvisionali ecc. ) e non le persone, anche se l’elemento decisivo è l’incremento della vigilanza da operatore: proviamo a pensare una riunione dei “decisori” che si concluda con la delibera di un incremento regione per regione e immediato del tipo che abbiamo citato sulla Toscana dove pure quel numero era parametrato e riferito al solo comparto tessile!

  3. Potenziamento della formazione anche e soprattutto attraverso una valutazione critica sistematica dei DDVVRR – documenti di valutazione del rischio redatti dal datore di lavoro – che, troppo spesso, si limitano a un penoso cumulo di fotocopie (sempre quasi uguali) che non focalizzano adeguatamente i rischi effettivi trascurando la necessaria valutazione sistemica e dinamica del rischio; anche per questo, visto che si parla di incremento degli “ispettori” – quasi che quelli dell’ispettorato fossero equipollenti rispetto a quelli della Ausl – occorre tenere ben presente la necessità di valutazioni sistemiche anche dal punto di vista della medicina del lavoro dei fattori di distress e di costrittività organizzative; dunque occorre fare riferimento costante, circa l’incremento di personale, non solo al ministro del Lavoro ma anche a quello della Sanità

  4. Infine, visto che si ventilano incontri e riunioni future, occorre che la Regione sia in grado di convocare tutti gli interlocutori interessati, per esempio le associazioni impegnate sulla salute occupazionale, comprese quelle che rappresentano gli ex-operatori che possono dare un contributo importante in termini di proposte e di trasferimento di competenze.

* Vito Totire è medico del lavoro/psichiatra. A nome di: AEA, Associazione esposti amianto e rischi per la salute, circolo Chico Mendes e Centro Francesco Lorusso

Bologna, 25 aprile 2018

Segnalato da La Bottega del Barbieri

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