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Il decreto Crescita privatizza l’acqua del Meridione

La storia dell’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (E.I.P.L.I.) viene da lontano. Fu istituito nel 1947 con il fine di contribuire allo sviluppo economico, civile e democratico del Paese nella fase di ricostruzione post bellica, con particolare riferimento alle infrastrutture idriche interregionali di cui necessitavano le comunità che vivevano tra la Puglia, la Basilicata e l’Irpinia per garantire condizioni di vita dignitose.

E’ innegabile come tale Ente, nella prima parte della sua lunga vita, abbia assolto a pieno al compito assegnato, ossia la costruzione di alcune grandi opere idrauliche come invasi, opere di captazione di sorgenti e centinaia di chilometri di reti di adduzione a valenza interregionale.
La sua crisi è in parte da addebitare all’uso clientelare che spesso è stato fatto in Italia di Enti del genere, ma anche e soprattutto all’incertezza normativa in cui è stato costretto ad operare.

L’EIPLI rappresenta un caso emblematico di come si costruisce l’alibi perfetto della privatizzazione. E’ evidente come nel tempo, e con un’impressionante comunione d’intenti, si sia costruita una scatola vuota che non poteva non essere in perdita dal punto di vista economico. Ecco così pronta la soluzione: la trasformazione in società di capitali.

Il primo passo in questa direzione è stato fatto dai governi di centro-sinistra tra fine anni novanta e il 2007, seguiti da Monti nel 2011 e nel 2018 da Gentiloni.

Tutti i Governi che si sono succeduti hanno confermato le scelte precedenti senza, però, mai giungere ad una loro esecuzione.

In perfetta continuità con il passato arriva il cosiddetto Decreto Crescita, provvedimento attualmente in discussione presso la Commissione Bilancio della Camera, tramite cui il Governo Conte a maggioranza giallo-verde prova a fare il primo della classeaccelerando la trasformazione dell’EIPLI in società di capitali.

Con l’articolo 24 di questo decreto si conferma la completa subalternità di questa maggioranza alle logiche di mercato che hanno contraddistinto gli ultimi 25 anni di politiche sui servizi pubblici locali e in particolare sulla gestione del bene acqua.
Tutte le risorse, umane e strumentali, dell’EIPLI saranno trasferite alla nuova mega-società costituita dallo Stato e dal Ministero dell’economia e delle finanze. Alle regioni Campania, Puglia e Basilicata e ad altre regioni del distretto idrografico dell’Appennino Meridionale si concede la possibilità di partecipare a tale società.

Si conferma anche l’interiorizzazione del mantra delle economie di scale, centralizzando e verticalizzando ulteriormente le decisioni invece di costruire meccanismi che coinvolgono maggiormente le comunità attraverso la partecipazione degli Enti Locali.

Non si tratta solo di un’operazione di evidente privatizzazione ma soprattutto di un’operazione che s’inserisce a pieno in quella logica portata avanti da alcuni anni, in particolare dalle lobby economico-finanziarie, volta a costruire soggetti di scala sovra-regionale in grado di mettere in campo meccanismi che rendano effettivamente profittevole la gestione dell’acqua, a maggior ragione nel Meridione dove i processi di aggregazione societaria sono ancora irrealizzati.

Intendiamo denunciare che un provvedimento come questo allude pesantemente al gestore unico del Sud Italia costruendo le condizioni perché anche in questi territori la gestione sia appetibile dai soliti noti come ACEA, SUEZ e VEOLIA.

Anche gli emendamenti proposti dai 5S risultano solo una foglia di fico per provare a proteggere la loro prima stella che, dopo lo stop alla discussione sulla legge per l’acqua pubblica, è in evidente caduta libera.

Abbiamo sempre riscontrato come qualsiasi clausola posta a salvaguardia della totale pubblicità delle quote azionarie è insignificante soprattutto nel medio lungo periodo. Il problema, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è l’entrata nel campo minato delle società per azioni dove si opera in pieno regime di mercato a prescindere dalla proprietà delle quote.

Inoltre, ribadire la possibilità d’ingresso nella società anche di altre regioni del distretto idrografico dell’Appennino Meridionale, oltre a Puglia, Basilicata e Campania, non fa che peggiorare la situazione in termini di partecipazione democratica, di capacità di incidere sulle decisioni da parte delle comunità locali e di garanzia che le scelte operate vadano effettivamente incontro agli interessi e bisogni della collettività.

In conclusione, appare evidente che c’erano tutte le condizioni per poter retrocedere da una scelta scellerata fatta dai governi passati e dare un reale segnale di cambiamento. Invece, ancora una volta si è scelta la continuità e il perseverare nella logica della mercificazione di medio lungo periodo dell’acqua.

Per questo denunciamo con forza la pericolosità di questo provvedimento e dichiariamo che metteremo in campo tutte le iniziative necessarie per contrastarlo.

Roma, 29 Maggio 2019.

 

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