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ArcelorMittal. Il tavolo comincia con i fischi alla Uil

La più grande acciaieria d’Europa ha una lunga storia. Non sempre eroica o commendevole, psecia da parte di alcuni sindacati storicamente “complici”.

Se n’ avuta una riprova stamattina, al presidio davanti al ministero dello sviluppo economico, dove c’era un presidio di lavoratori tarantini in occasione del “tavolo” tra azienda, ministro Di Maio e sindacati.

Il segretario generale della Uilm Rocco Palombella è passato tra i lavoratori, questi lo hanno ricoperto di insulti e accuse. “Sei un venduto Rocco, un venduto!”.

Per i giornalisti presenti, a digiuno – spesso – di conoscenze che vanno troppo indietro nel tempo, alla base della contestazione ci sarebbero soltanto le attuali posizioni dela Uil, a favore del mantenimento dell’”immunità penale” per la ArcelorMittal, così com’era stato a lungo per l’Ilva.

Ma la storia non fa sconti. Da sempre a Taranto si sa che per essere assunti nell’acciaieri bisogna prima iscriversi alla Uil e poi sperare.

E, quando arrivano i momenti di crisi, gli iscritti alla Uil si salvano, oppure pagano un prezzo minore in termini di licenziamenti, cassa integrazione, ecc.

Così pare proprio che sia andata anche per le nuove assunzioni – nel passaggio dai Riva agli indiani di ArcelorMittal – con un pletora di “uillini” ri-assunti in blocco, mentre lavoratori senza tessera o “con la tessera sbagliata” si sono trovati fuori dalla porta.

Tra questi parecch iscritti all’Usb, protagonista del presidio, che non hanno ovviamente mancato di “ricordare” a Palombella di cosa si è reso protagonista….

Nel frattempo intorno alla fabbrica di Taranto si moltiplicano i problemi. La procura locale ha ordinato ieri lo spegnimento dell’Altoforno numero 2, ossia la più importante parte produttiva del siderurgico. Tutto nasce dalla morte sul lavoro, nel giugno del 2015, di un operaio, Alessandro Morricella. Nonostante quella morte, l’azienda non ha fatto granché per migliorare la sicurezza sul lavoro, come da accordi presi e che avevano giustificato il dissequestro dell’impianto.

Sulla questione dell’”immunità penale” – per le conseguenze dell’inquinamento su lavoratori e cittadini – pretesa dall’azienda, il vicepremier Di Maio ha teoricamente chiusi la porta: “Voglio essere ben chiaro. Non esiste alcuna possibilità che torni” l’immunità penale per gli amministratori dello stabilimento pugliese.
Ma il condizionale è d’obbligo. Secondo le stesse fonti del Mise, Di Maio avrebbe ricordato anche che “In questi mesi di interlocuzione ho sempre detto ad ArcelorMittal che la dirigenza dell’azienda non ha nulla da temere dal punto di vista legale se dimostra buona fede continuando nell’attuazione del piano ambientale”. Se l’azienda “chiede di precisare questo concetto attraverso interpretazioni autentiche anche per norma, siamo assolutamente disponibili. Ma nessuna persona in questo paese potrà mai godere di una immunità per responsabilità di morti sul lavoro o disastri ambientali”.

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