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In ricordo di Mario Bianchi

Nel 1979 ho vissuto una delle mie più belle esperienze sindacali, lo devo a Mario Bianchi e agli operai della OM IVECO-FIAT di Brescia.

Mario Bianchi era un compagno, un poeta, una persona di grande cuore e di intelligenza sottile. La sua anima forte e generosa però era racchiusa in un corpo più limitato dei nostri. Mario era disabile, come si usa definire chi non ha la piena e naturale disponibilità dei suoi movimenti, anche se in realtà ci vuole una abilità superiore per aggirare le limitazioni fisiche.

Alla fine del 1978 il collocamento obbligatorio per i disabili assegnò Mario Bianchi alla OM per l’assunzione, ma la direzione dell’azienda fece ricorso ad una commissione medica compiacente, che dichiarò Mario inabile per qualsiasi attività, in una fabbrica che aveva più di 4.500 dipendenti in centinaia di mansioni e funzioni. La direzione FIAT sperava di aver risolto quello sembrava solo un piccolo contrattempo sulla strada del massimo profitto, ma non aveva fatto i conti né con Mario né con quella classe operaia.

Mario Bianchi piantò una tenda davanti all’entrata dello stabilimento e annunciò che non si sarebbe mosso di lì se non per entrare in fabbrica come lavoratore. E il consiglio di fabbrica, allora ogni squadra ogni reparto di lavoro aveva il suo delegato eletto su scheda bianca e tutti assieme i delegati formavano il consiglio, proclamò lo sciopero. Una marea di operai uscì dai cancelli dell’OM e circondò la tenda, poi si formò un corteo guidato da Mario Bianchi nel suo triciclo speciale.

La FLM, l’allora sindacato unitario dei metalmeccanici, fece propria quella lotta e costruì un movimento di solidarietà in tutta la provincia: il triciclo di Mario divenne il simbolo della dignità della persona contro l’arroganza e l’oppressione padronale. In OM ci furono scioperi e cortei per mesi, alla fine ogni operaio avrebbe fatto più di 30 ore di sciopero, con una perdita salariale per persona pari ad almeno 500 euro di oggi.

E le lotte, la forza serena di Mario, la solidarietà della città alla fine prevalsero sul potere della FIAT. Nella primavera del 1979, un apposita commissione convocata dalla prefettura revocò la decisione medica precedente ed impose l’assunzione di Mario Bianchi, che una bella mattina di primavera entrò in fabbrica, sempre con il suo triciclo, tra due ali di operai che applaudivano.

Lì Mario è rimasto fino alla pensione, lavorando bene come sapeva fare lui, in modo abilissimo. Nelle manifestazioni e nelle lotte ha continuato ad esserci fino a che le sue condizioni fisiche glielo hanno permesso, così come ha continuato a scrivere poesie finché ha vissuto.

Quest’anno i suoi amici e compagni più vicini avevano convocato un incontro per ricordare i quarant’anni di quella lotta, ma purtroppo non non ero riuscito a partecipare. Mi ero detto, abbraccerò Mario nelle prossime manifestazioni. Invece no, Mario se ne è andato, lasciandoci il suo impegno, le sue opere, la sua lotta ed il suo sorriso.

Grazie Mario, cammini sempre assieme a noi con il tuo triciclo.

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