Menu

Il Pd diventerà un nuovo partito. “All Sardine inclusive”?

La proposta lanciata ieri dal segretario nazionale del PD, Nicola Zingaretti, di convocare a breve un congresso “di rifondazione e di rilancio” del proprio partito, sembra un fulmine a ciel sereno ma, analizzando attentamente la fase politica, è la naturale conseguenza di una strategia messa in campo da tempo.

Zingaretti ha parlato addirittura di scioglimento del partito, per offrire al paese un soggetto politico più ampio frutto di “una proposta politica e organizzativa di radicale innovazione e apertura”, un “partito che fa contare le persone ed è organizzato in ogni angolo del Paese” e che tenta l’aggregazione civica e “movimentista”, chiamando subito in causa Sala, Decaro e soprattutto Le Sardine, spiegando di non voler “lanciare un opa” su di esse ma di sentire l’esigenza di “offrire un approdo a chi non ce l’ha”.

Con queste parole, e con il fatto che Zingaretti ha anche detto che tutto questo si farà dopo la vittoria alle regionali in Emilia Romagna (Bonaccini è stimato tra il 45 e il 49%, con una coalizione non forte, mentre la Borgonzoni è data tra il 43 e il 47% con un centrodestra più strutturato), si palesa finalmente ciò che si nasconde dietro la chiamata alle piazze e all’organizzazione di un movimento come quello delle Sardine: la volontà di creare un aggregazione massiccia verso il PD, partendo dalle elezioni nella regione (ex) rossa per eccellenza, che dovrebbero segnare la ripartenza, in termini di consenso, per il partito di Zingaretti (il M5S è dato addirittura al 5%).

Da questi sondaggi si deduce effettivamente, visto il peso nazionale di tali elezioni, che si sta tornando ad un regime bipolare in cui il PD si candida ad essere l’unica alternativa al centrodestra e che, soprattutto, con l’avvenuta disarticolazione del M5S a opera di Lega e PD, non c’è un alternativa credibile ai due blocchi.

Il ruolo delle Sardine si esaurirà quindi dopo le elezioni regionali o continuerà?

Il movimento si è già organizzato con un coordinamento nazionale e presto, probabilmente, terrà il suo primo congresso, ciò significa che c’è l’intenzione di proseguire e che le elezioni del 26 gennaio sono solo un momento importante in cui le Sardine potranno essere determinanti; proprio ieri Mattia Santori, specificando di essere un moderato di sinistra, ha definito le elezioni in Emilia Romagna come un referendum per Matteo Salvini, dicendo che “per lui è un crocevia importante, se invochi un referendum a tuo favore e lo perdi, è uno smacco. Sarebbe l’inizio di un’inversione di tendenza”. Ha anche detto che per le Sardine “si sta avvicinando una nuova fase, più propositiva, dove sceglieremo temi e battaglie, tipo la democrazia digitale.

Certo, in una fase in cui gli imperialismi si fronteggiano mettendo a ferro e fuoco il pianeta e provocando un flusso migratorio di portata epica, in un momento in cui l’emergenza ambientale è ad un punto di non ritorno e in un contesto continentale dove l’attacco padronale ha messo in discussione addirittura i diritti elementari delle classi popolari e lavoratrici, la democrazia digitale è proprio di fondamentale importanza!

Tutto ciò ci riconsegna la portata politica di un movimento non di opposizione sociale e di costruzione del conflitto bensì di opinione, orientato verso una proposta più culturale che di alternativa di classe, non a caso il Santori parla di riconoscere la “buona politica” e non di sostituire i partiti.

Queste affermazioni fanno il paio con le dichiarazioni di ieri di Zingaretti, perchè se il futuro congresso che sancirà la nascita del “nuovo” PD vedrà effettivamente la luce (e tutta la dirigenza sembra convinta della proposta del segretario nazionale), le Sardine continueranno ad avere il compito di stimolare l’azione del partito dentro e fuori il governo, diventandone ancor più l’ala movimentista (una sorta di riedizione del concetto di partito di lotta e di governo) che scende in piazza, propone, aggrega e conduce al PD.

E al PD, in questo anno, servirà proprio una piazza propositiva con cui fare sponda per rafforzare la propria posizione all’interno della coalizione di governo; infatti, se gli accordi su legge elettorale, salario minimo e legge di bilancio 2020 sembrano reggere, all’orizzonte ci sono ancora la discussione finale e relativa approvazione del Mes, l’aumento dell’iva da scongiurare e il reperimento delle risorse per evitare manovre correttive, che potrebbero generare una crisi in cui il PD potrà tranquillamente staccare la spina al governo e cercare la vittoria in nuove elezioni politiche. È quindi un caso che proprio ieri siano uscite le dichiarazioni di Zingaretti e Santori, oppure stiamo assistendo al tentativo di prendere gli avversari, Lega e 5s, da due fronti per poter poi lanciare l’offensiva finale dopo il 26?

Archiviate le fuoriuscite di Renzi e Calenda, il dato reale è la nuova stagione che il PD si appresta a lanciare, che non vede più come elemento principale la tradizionale coalizione di centrosinistra ma la costruzione di un partito che vuole tornare ad essere di massa, con all’interno tutte le anime della sinistra riformista, sia essa politica, sociale, che sindacale.

D’altronde il ceto medio riflessivo che anima le piazze delle Sardine invoca a gran voce un processo unitario contro il centrodestra a trazione leghista, e il campo della rappresentanza politica della sinistra riformista è completamente egemonizzato dal partito di Zingaretti, considerata anche l’inconsistenza elettorale di partiti storici come il PRC e Sinistra Italiana. Questi due partiti nel 2020 andranno a congresso, cosa accadrà? Ci sarà una fuga di dirigenti e quadri verso il PD? Si avvierà un percorso che porterà ad una fusione delle due formazioni per poi dare il via, successivamente, all’ingresso nel PD? Vedremo, sicuramente MdP sarà il cordone ombelicale tra tutti.

Ma il vero fulcro centripeto di questa futura grande aggregazione politica sono i corpi intermedi con cui tutti questi soggetti si sono da sempre rapportati: Cgil, Arci, Anpi.

Landini, non appena fu eletto segretario generale della Cgil, mise in campo la proposta di costruzione del soggetto unico sindacale con Cisl e Uil, sia perchè le proposte politiche dei tre sindacati spesso si equivalgono (poco contano le fughe in avanti del segretario nazionale della Cisl sull’art.18, conta però molto il dietro-front di Landini sulla Tav), sia perchè, a suo dire, la rappresentanza sindacale e politica del mondo del lavoro va ricostruita partendo dall’unitarietà e dalla discontinuità, non a caso la linea del PD (da sempre pro Tav) su salario minimo, politiche del lavoro, rappresentanza sindacale, taglio del cuneo fiscale, è molto simile a quella della Cgil. E se il soggetto unico sindacale fa comodo al PD (e ai padroni) perchè con la triplice ormai dialoga da anni, un soggetto unico della sinistra istituzionale fa comodo alla Cgil, perchè unirebbe tutte le anime, o quasi tutte, che nella stessa Cgil convivono, saldando così definitivamente l’unitarietà cominciata e sancita dal congresso di appena un anno fa.

Questo scenario di forte aggregazione e polarizzazione, se da una parte creerebbe una fase melmosa in cui si avrebbe la chiusura parziale degli spazi, sul terreno della rappresentanza aprirebbe una fase molto liquida e potenzialmente lunga e positiva.

Il fatto che tutti questi sopracitati soggetti, che appartengono ormai all’alveo della sinistra riformista, a tratti liberale, europeista e filo nato, si mettano insieme, per noi è solo che un bene. Si aprirebbe infatti il campo della rappresentanza politica della sinistra conflittuale e di classe. La melmosità derivata da sparuti e piccoli risultati nel campo della redistribuzione della ricchezza (cuneo fiscale, rinnovo dei ccnl) verrà spazzata via dai vincoli UE a cui il PD dovrà e vorrà sicuramente sottostare e dall’insufficienza delle manovre che lasceranno comunque a secco le tasche delle masse popolari e dei lavoratori, a cui la Cgil non saprà e non vorrà rispondere con la battaglia sindacale.

Il giochetto del consenso facile durerà poco, il nuovo PD non sarà la copia 2.0 dei Democratici di Sinistra (che già di per sé hanno causato danni enormi), perchè ormai la natura liberale di tale soggetto è conclamata e l’entrata della Lorenzin, che lascia presupporre uno sguardo verso i liberali di centrodestra che mal sopportano Salvini, sta a testimoniare il fatto che le linee guida del PD non saranno sicuramente progressiste. Corbyn è molto lontano e a poco potrà servire il supporto, esterno o interno, dei partiti della sinistra istituzionale.

Come per la sinistra di classe (sicuramente per Potere al Popolo) si aprirà uno spazio molto importante, anche per il sindacato conflittuale e di classe (indubbiamente per l’USB) la fase sarà interessante, perchè continueranno a deflagrare le contraddizioni nella Cgil a guida Landini.

Per questo dobbiamo amplificare il lavoro quotidiano, nei quartieri popolari come nei luoghi di lavoro, per costruire laddove non si è presenti e rafforzarci laddove lo si è, unendo i fronti della battaglia politica e sindacale, non lasciandoci abbindolare dalla retorica dell’unità e dell’opposizione di classe, per creare fin da subito l’alternativa reale ad una nuova stagione fatta di bugie e imbonimento sociale.

* Potere al Popolo

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *