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“In Emilia Romagna si è giocata una partita dopata”. Il percorso di Potere al Popolo continua

Come attivisti e attiviste di Potere al Popolo dell’Emilia Romagna vogliamo esprimere qualche parola riguardo le elezioni regionali appena concluse, sulle nostre scelte e le nostre ragioni. Possiamo farlo adesso, fuori dall’ubriachezza generale di questa campagna elettorale drogata, anche se quel che scriveremo l’abbiamo ripetuto più volte, prima e durante.

In Emilia Romagna si è giocata una partita che è stata volutamente dopata, caricata di un significato enormemente più grande dello scontro in atto. È uno schema che abbiamo imparato a conoscere: buoni contro cattivi, in cui i buoni sono semplicemente un po’ meno cattivi. Da una parte il candidato PD che ha pensato bene di presentarsi senza simbolo, il “buon amministratore” delle ragioni del PIL, convinto sostenitore di politiche di destra (come le chiamate voi le privatizzazioni dei servizi, la cementificazione del territorio, le delocalizzazioni impazzite e 4.000 sfratti all’anno?); dall’altra parte del ring, vi si opponeva uno schieramento fascisteggiante, che proponeva di attuare le stesse politiche, ma più incisive e profonde. In pratica un comune progetto di sviluppo neoliberista e di destra.

Dopo aver raccolto 5000 firme per presentarci in 5 province su 9, abbiamo totalizzato 8.000 voti, che spalmati sul territorio regionale si sono tradotti nello 0,37%. Ovviamente, questo significa che non abbiamo catalizzato a sufficienza l’attenzione e la fiducia di esclusi e ingannati da questo sistema. Non siamo riusciti a convincerli che andava fatta una scelta di coraggio, e a non rassegnarsi a scegliere obbligatoriamente tra il peggio e il meno peggio. Ma nonostante questo, per noi queste elezioni hanno avuto anche un altro significato e un altro obiettivo.

Quando abbiamo deciso, la primavera scorsa, di partecipare uniti e compatti a questa tornata elettorale regionale, consapevoli che si sarebbe trattata di una competizione estremamente schiacciata su due polarità, abbiamo compreso che Potere al Popolo sarebbe dovuto uscire da questa battaglia trasformato, più grande, e rafforzato. In concreto, abbiamo sperimentato e organizzato con tutti i nuclei emiliano-romagnoli una rete regionale, ne abbiamo stimolati di nuovi, diventando al tempo stesso più coesi e capillari.

Pur sapendo che quel che contava era determinare e ribadire la nostra ipotesi di rottura all’interno (o meglio, fuori e contro), ci siamo misurati con lo spazio politico esistente in una campagna elettorale che in molti ricorderanno come la più povera di contenuti politici tra quelle recenti. Noi abbiamo lottato per una campagna elettorale e politica vera, attiva, in attacco, portando temi di cui altrimenti nessuno avrebbe parlato. Una visione che senza di noi non sarebbe esistita. Ma la vera sfida non sono le elezioni, queste sono solo uno strumento che bisogna imparare ad utilizzare in modo utile, costruttivo, dinamico e rivoluzionario. Ovvero, usare il sistema elettorale per accumulare forza. E oggi siamo più forti, anche se consapevoli che il successo dei nostri contenuti richiederà tempo. Sappiamo anche che la possibilità con cui queste opzioni potranno intercettare la nostra gente dipenderà da molti altri elementi, che riguardano sia noi che il contesto nel quale viviamo, e su cui dovremo lavorare con progetti e obiettivi di medio termine.

Crediamo che Potere al Popolo sia un progetto che ha tutte le capacità per andar oltre la morte della sinistra in Italia. Fin dall’inizio, abbiamo deciso di fondare Potere al Popolo consapevoli della fine di quel percorso, e dalla necessità quindi di rappresentare nel dibattito politico i giovani precari e sfruttati come noi, di chi muore perché vive in un territorio avvelenato. C’è bisogno di tempo per capire come intercettare al meglio coloro che affrontano quotidianamente mille difficoltà della loro condizione economica e sociale; c’è bisogno di esperienza e costanza per ritrovarci e offrire una proposta diversa dallo stato esistente delle cose. C’è bisogno di nuove maniere per superare tutti gli ostacoli oggettivi che ci troviamo davanti: un sistema informativo che ti silenzia; leggi elettorali che ti obbligano a raccogliere migliaia di firme per presentarti e poi prevedono e concepiscono voti utili, voti disgiunti e voti terrorizzati; un sistema politico maggioritario e bipolare a tutti i costi e un sistema economico-sociale corporativo e clientelare come quello della nostra regione.

Perciò non possiamo che invitarvi alle prossime assemblee provinciali che già si stanno promuovendo in tutta la regione e a breve, in un’assemblea regionale. C’eravamo prima delle elezioni e ci siamo dal giorno dopo per continuare il nostro percorso. È ora di andare avanti nel lavoro quotidiano e nel cercare la risposta alla domanda che ci muove mente e braccia: come ridaremo organizzazione e prospettiva politica alla nostra gente? Noi ci siamo!

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