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Un insospettato clima d’odio, a Napoli

Colpisce l’intera pagina destinata venerdì 31 gennaio da ‘Il Mattino’ a presentare cerimonia e rivendicazioni della Comunità ebraica napoletana verso l’Amministrazione cittadina. Colpiscono lo spazio, la costruzione e il tono.

La descrizione della manifestazione, corredata, tra le altre, di una foto che sottolinea la partecipazione di alcune scolaresche, è disseminata di tracce del permanere di dissapori con la Giunta del governo della città e dell’incunearsi nell’evento dell’autorità dell’Ambasciatore dello Stato d’Israele.

L’iniziativa, con un lungo elenco di adesioni, era promossa ed organizzata il 30 gennaio dalla Comunità ebraica di Napoli, che non aveva partecipato alle commemorazioni della Shoah organizzate dal Comune di Napoli il 7 ed il 27 di questo stesso mese, in attesa di “vedere se un passo indietro arriverà” dal Comune, secondo le parole della Presidente della Comunità ebraica a Napoli. Una sorta di ‘piede di ferro’, ingaggiato dalla Comunità ebraica cittadina contro il Comune per l’assegnazione dell’Assessorato alla cultura ad Eleonora de Majo, rea di aver criticato lo Stato israeliano.

Questa la causa della manifestazione polemica, secondo quanto riporta l’articolo di Gennaro Di Biase. Addirittura si attende “un passo indietro” dal Comune. Quale sarebbe? La revoca dell’Assessore?! L’abiura da parte dell’Assessore delle sue critiche allo Stato d’Israele?!

La Comunità ebraica aveva ritenuto “questa nomina un atto inopportuno” e non si era trattenuta dall’esprimere pubblicamente un pesante giudizio: “una delega così importante per una persona che ha espresso giudizi superficiali e offensivi per quegli ebrei che sia a Napoli che in tutta la diaspora ed in Israele sono stati testimoni del più grande progetto di genocidio che la mente umana abbia mai concepito”, attribuendo al bersaglio dei loro strali un’offesa che è frutto dell’impropria identificazione dello Stato sionista con tutti gli ebrei e della conseguente inattaccabilità di questo Stato (tutti gli altri possono esserlo).

Innanzitutto, non è lo Stato di tutti gli ebrei. Non vi si sono riconosciuti tutti nel passato (Isaac Asimov, Erich Fromm..) e non vi si riconoscono tutti nel presente (Neturei Karta...). Inoltre, anche tra quelli che non lo disconoscevano del tutto, era viva la pratica della critica e persino l’accusa di fascismo, proprio pochissimi anni dopo che l’orrore della Shoah era stato scoperto.

Come nel caso dell’accorata lettera scritta il 4 dicembre del 1948 al New York Times perché gli ebrei statunitensi non accogliessero ingenuamente il viaggio di Menachem Begin, che  dal 1977 al 1983 sarà primo ministro, e non ne finanzino le attività, poiché ravvisano in lui e nel suo partito l’impronta fascista testimoniata dalla sua propaganda ultranazionalista e di supremazia razziale e dalle sue azioni di terrorismo contro i palestinesi, come il massacro di Deir Yassin il 9 aprile 1948.  Tra i firmatari, Hannah Arendt ed Albert Enstein.

Anche oggi coraggiosi ebrei criticano aspramente Israele , come il professore statunitense, figlio di sopravvissuti al ghetto di Varsavia e al campo di concentramento di Auschwitz, Norman Finkelstein, a cui fu vietato dal 2008 l’ingresso in Israele, o Miko Peled israeliano e nipote di uno dei fondatori dello Stato di Israele e figlio di un noto ex generale dell’esercito israeliano, e che oggi vive negli Stati Uniti.

Poiché nessun sincero democratico rimpiange limitazioni di espressione e di pensiero come base per la convivenza: non certo i modelli del passato, dalla Santa Inquisizione alle leggi e pratiche fasciste, né auspica l’orwelliana polizia del pensiero, ci si domanda come mai questo accanimento contro la giovane Assessore e per proprietà transitiva contro l’Amministrazione. E’, invece, compito anche dei cittadini e delle cittadine la difesa della Costituzione nata dalla Resistenza che annovera tra i diritti la libertà di pensiero e di espressione (Art 21 )

Ai reprimenda non è mancato l’apporto minaccioso della lettera dell’Ambasciatore israeliano e che, benché più pertinente poiché egli come istituzione deve prendere le parti dello Stato che rappresenta, è suonato stridente lì dove detta la regola semantica su termini dei quali non ha l’esclusiva ‘interpretazione autentica’.

E’ importante mettere in chiaro – scrive Eydar – che l’opposizione all’esistenza dello Stato ebraico indipendente è anche antisemitismo”.  E l’opposizione allo Stato cristiano? E l’opposizione allo Stato islamico? E i “cittadini” che non sono ebrei? Difficile da sostenersi senza dubbi e riserve o contrarietà, come l’ampio dibattito apertosi in Israele all’indomani dell’approvazione della “legge dello Stato” del luglio 2018 (Limes) ha evidenziato. Mai apertosi in Italia, neanche in quelle comunità che ritengono di avere strettissimi legami con quello Stato, al punto di non ammetterne alcuna critica, pena una dura opposizione cittadina all’Amministrazione che contempli al proprio interno chi si sia ritenuta in diritto di farla.

Meno estremo, ma sulla stessa linea l’ex assessore alla cultura Nino Daniele, dalle colonne di un articolo del fu quotidiano cittadino ‘Il Mattino’, risulta aver asserito che “Essere contrari all’esistenza dello Stato d’Israele è indice di sentimenti antisemiti”; perfettamente in linea con le mozioni salviniane nonché con il pronunciamento intempestivo dell’attuale Governo.

Sembrano così chiarirsi quelle fastidiose percezioni subcutanee provate nell’ascoltare i suoi sfumati e sfuggenti interventi alle iniziative per i diritti dei palestinesi, quando vi prendeva la parola per la carica che ricopriva. Prende forma ciò che ne era la base: la totale interdizione di una possibilità impensabile, indicibile. I palestinesi che si trovano a vivere una negazione totale oggi e da diversi decenni, non possono non già reclamare, ma neanche ipotizzare di non dover partire dall’imprescindibile massiccia presenza che incombe sulle loro vite. Sentirsi inesorabilmente secondi, anche nel diritto, a questa, che resta l’unico punto di partenza per qualsiasi ipotesi o progetto è ciò che si pretende che accettino. Loro sono solo una variabile dipendente.

Nonostante le durissime messe in chiaro e le attese di passo indietro dal Comune e l’evento in opposizione a quello istituzionale, l’ineffabile ‘Il Mattino’ titola l’articolo “Shoah, ecco la piazza degli ebrei <Con noi la città che non odia>”. Bah! Chi sa che cosa avrebbe fatto se ‘avesse odiato’!

E’ ancora una volta l’ambasciatore israeliano che fornisce la chiave di lettura per l’iniziativa che di napoletano ha le sigle ed i corpi delle generose presenze: “L’odio di oggi verso gli ebrei o verso Israele è un’avversione al ritorno del popolo ebraico alla storia e al ritorno degli ebrei a Sion. E questo è antisemitismo.” Ebrei e Israele sono intercambiabili e costituiscono un’unità inscindibile.

Inoltre, e questa appare una novità, questo odio verso quest’unico oggetto consiste nell’avversione al ritorno del popolo ebraico alla storia (che vorrà mai dire? Odio per il ricordo che se ne dà nella storia?). Ancora: quest’odio consiste nell’avversione al “ritorno degli ebrei a Sion”! (la cittadina svizzera del Canton Vallese? L’Etiopia dei rastafariani? O la città di Gerusalemme strappata dal re Davide ai Gebusei suoi originari fondatori?)

Quello che ricordo è che c’è una Risoluzione ONU, 194/48, che sancisce il diritto dei palestinesi al ritorno alle loro case, quelle da cui erano stati strappati dalla tragedia della Nakba con la nascita dello Stato d’Israele.

Il taglio basso di questa pagina de ‘Il Mattino’ è dedicato alla denuncia delle condizioni di abbandono in cui versano il cimitero israelitico di Napoli e il cimitero ebraico nuovo,  ed alle richieste e sollecitazioni al Comune, in attuale rischio di dissesto, di provvedere alla sua manutenzione, poiché, dice Daniele Coppin assessore della Comunità ebraica, “richiede risorse che non abbiamo”.  “Un possibile primo passo verso il miglioramento dei rapporti” aggiunge l’articoletto non firmato.

Poi, prosegue citando il consigliere regionale Alfonso Longobardi: il cimitero, “una volta restaurato, potrebbe essere inserito in un circuito turistico e culturale. Non faremo mancare il nostro apporto a partire dalla necessità di avviare progetti di riqualificazione dello storico cimitero. Verificheremo in Regione quali azioni si possono attuare in tempi celeri”. Quindi, forse interverrà la Regione … pure per l’intero cimitero monumentale di Poggioreale, anch’esso in condizioni di estremo degrado?

In tutto questo rivendicare e stabilire ingiunzioni e divieti che fine hanno fatto le povere vittime di ieri, che erano appartenenti non a una parte ma a tutta la città e che si sarebbero dovute ricordare? E’ forse un caso che sia stato “distensivo Bruno Pastogi, uno dei parenti delle vittime della famiglia Molco: “ Queste manifestazioni devono unire. (…) ringrazio il Comune, la Comunità ebraica e tutti i giovani che sono qui”?

E che fine hanno fatto le mai contemplate vittime di oggi, per esempio a Gaza?

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1 Commento


  • paolo benedetto

    sagge parole….

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