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Coronavirus. Come medici in una guerra. Interventi solo su chi ha speranza di sopravvivere

Quando una epidemia come il coronavirus diventa una vera emergenza, il linguaggio e le scelte cominciano a somigliare a quelle di una guerra. Non era imprevedibile che si sarebbe arrivati a questo.

In qualche modo da alcuni anni, anche nella “normale amministrazione” di ospedali pubblici ridotti all’emergenza quotidiana da tagli di personale, posti letto e possibilità di cura, si era capito che di fronte a un paziente con possibilità di sopravvivenza ed uno con minori possibilità, il primo avrebbe avuto la priorità, anche senza una guerra, anche senza una epidemia che sta facendo collassare le capacità di intervento della sanità oggi rimasta a disposizione dopo la chiusura di reparti e interi ospedali a causa dell’austerity, dei tagli, del pareggio di bilancio.

Il documento diffuso dalla Siarti che riunisce i medici che operano in questo delicatissimo settore, (Società di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) dal titolo: “Raccomandazione di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili” parla un linguaggio chiaro ed esplicito.

Come SIAARTI crediamo sia importante ed essenziale in un momento così drammatico come quello che stiamo attraversando a causa del COVID-19, offrire un supporto professionale e scientifico autorevole a chi è costretto dagli eventi quotidiani a prendere decisioni a volte difficili e dolorose. Migliaia di anestesisti e rianimatori oggi in Italia fanno parte di quella “prima linea medica” che sta assommando turni di 24 ore, insieme agli colleghi medici e infermieri, pur di assicurare assistenza di qualità e in continuità di cure”.

Il documento ha il pregio di andare al merito dei problemi etici che molti medici si stanno trovando e si troveranno di fronte in queste settimane di emergenza coronavirus: “Ma in una situazione così complessa, ogni medico può trovarsi a dover prendere in breve tempo decisioni laceranti da un punto di vista etico oltre che clinico: quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi quando le risorse non sono sufficienti per tutti i pazienti che arrivano, non tutti con le stesse chance di ripresa (leggasi: posti con speciali caratteristiche, disponibili in aree che non possono essere ampliate in breve tempo, al netto che il loro numero possa essere al momento supportato  da Sale Operatorie “convertite” bloccando l’attività chirurgica…)”.

“Nel Documento SIAARTI si privilegia la “maggior speranza di vita”: questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive di tipo “first come, first served”. Abbiamo voluto nelle Raccomandazioni sottolineare che l’applicazione di criteri di razionamento è giustificabile soltanto DOPO che da parte di tutti i soggetti coinvolti sono stati compiuti tutti gli sforzi possibili per aumentare la disponibilità di risorse erogabili (nella fattispecie, posti letto di Cure Intensive) e DOPO che è stata valutata ogni possibilità di trasferimento dei pazienti verso centri di cura con maggiore disponibilità di risorse”.

Nella nota si precisa ancora che: “Siamo consapevoli che affrontare questo tema può essere moralmente ed emotivamente difficile. Come Società Scientifica avremmo potuto (tacendo) affidare tutto al buon senso, alla sensibilità e all’esperienza del singolo AR, oppure tentare – come abbiamo scelto di fare – di illuminarne il processo decisionale con questo piccolo supporto che potrebbe contribuire a ridurne l’ansia, lo stress e soprattutto il senso di solitudine. Oltre a rappresentare per il paziente una tutela in termini di limitazione dell’arbitrarietà delle scelte del team curante”.

Privilegiare la “maggior speranza di vita” è la scelta che i medici sui teatri di guerra si trovano sistematicamente di fronte all’arrivo di decine di feriti. E devono scegliere quale tra essi ha una possibilità di sopravvivenza e quale invece – se ve n’è a disposizione – imbottire di oppiacei fino alla fine. Una scelta etica difficilissima per chiunque, soprattutto per chi avendo sottoscritto il giuramento di Ippocrate si impegna a cercare di salvare la vita con ogni sforzo e fino alla fine.

Ma è evidente che in quei momenti e sulla base delle possibilità reali una scelta va fatta e un medico si trova contemporaneamente a fare i conti con questo dramma, la sua coscienza etica e professionale e la sua capacità di tenuta psicologica nel dover scegliere un essere umano piuttosto che un altro.

Se fino ad oggi qualcuno ha continuato a gingillarsi sulla serietà o meno dell’emergenza epidemica – e forse a breve pandemica – con cui stiamo facendo i conti, questo documento dei medici anestesisti e di terapia intensiva ci mette davanti la realtà e ci conferma che la situazione è seria, oltre quella che abbiamo vissuto e siamo riusciti a immaginare fino ad oggi.

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6 Commenti


  • Pasquale

    Un medico non dovrebbe mai trovarsi di fronte a queste scelte etiche e professionali. Dovrebbe avere sempre strutture sufficenti e funzionali e le possibilità di curare tutti indistintamente nell’arco della conoscenza e della portata umana. In Italia non è così, purtroppo. Una politica scaltra e scellerata è colpevole di ciò. Tagli e austerity, in Italia ricadono sempre e comunque su sanità e istruzione. A Cuba, invece, sono due pilastri della società, intoccabili e sempre saldi. Chissà perchè…


  • Angelo

    Ma dove erano questi medici, mentre la criminale politica dell’impoverimento della Sanità funzianova a oieno regime.
    Mi ricordo di scioperi dei ferrovieri contro i tagli e le ristrutturazioni delle Ferrovie. Non ho ricordo alcuno di scioperi dei medici (per non parlare dei Primari) contro i tagli e le chiusure degli ospedali.
    Già che ci siamo, ricordo che Emiliano, lo sceriffo pugliese, motivò la chiusura di un ospedale, dicendo che durante una sua visito lo aveva trovato vuoto. Ecco la sfacciataggine degli amministratori pubblici, portabandiere del neo-liberismo.
    Negli ospedali italiani è una trentina d’anni, o forse più, che siamo in guerra. E non solo negli ospedali.


  • Emanuela Caldera

    Concordo con Pasquale, oltretutto noi non siamo in guerra.


  • Francesca Anna Perri

    Lo scenario della guerra vale anche per le maxiemergenze e questa epidemia è una maxiemergenza, purtroppo! Per noi medici vi assicuro che è difficile fare questa scelta, e naturalmente la politica ci lascia soli. Poi non è vero che non si sono mai fatte proteste o manifestazioni da parte dei medici, io sono stata sempre in prima linea. L’ultima grande manifestazione per numero di partecipanti , è stata fatta nel 2012 : il diritto alla cura e il diritto a curare! Purtroppo è l’unica che ha avuto un certo rilievo sulla stampa, mentre tutte le altre sono state quasi omesse, inoltre c’è da dire, che in molte manifestazioni, la gente che passava invece di essere solidali con noi, ci diceva andate a lavorare ( e noi sapevamo bene che chi non aveva partecipato allo sciopero, si sobbarcava anche il lavoro dei Colleghi, quindi abbiamo sempre garantito l’assistenza)!


  • pierluigi

    nessuno deve rimanere indietro;si parla di persone che hanno lavorato una vita,che hanno pagato attraverso una contribuzione generale per avere una sicurezza di assistenza nel corso della loro vita;la classe medica si è dimostrata supina alla privatizzazione del SSN e con la scusa della libera scelta ha minato alla base l’universalità e la gratuità’assistenza,per mere questioni di borsa corporativa:a nessuno di costoro viene in mente di chiedere la requisizione della sanità privata accreditata pagata anche con i soldi di chi è oggi è in pericolo di vita e di cui si si discute se curarli:razzaismo allostato puro che vede un intento solo:continuare a fare tutto quello che hanno fatto fino ad ora;ci voleva un virus “comunista”per ridiscutere una politica tutta incentrata sul profitto


  • pierluigi

    nessuno deve rimanere indietro;le persone gravi su cui si discute sono persone che hanno pagato tramite la fiscalità generale per avere una sicurezza di assistenza che li accompagnasse nella vita;ora la classe medica è stata quella in prima lineache si è contraddistinta per la privatizzazione della sanità in nome della libera scelta e della concorrenza favorendo cinicamente l’intramoenia;e ora una parte di questa mette in discussione il principio di assistere tutti:colonialismo e razzismo la fanno da padrona;si tenta di salvare il profitto come punto inalienabile fino a ergersi a giudici di chi deve vivere e chi no;questo virus “comunista “staq mettendo in crisi un sistema che noi umani abbiamo creato

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