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Sulle piste del bosone di Higgs

 

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La «particella di Dio» non è stata trovata, ma ci sono tracce del suo passaggio

 

“Ricordiamoci soprattutto che sono risultati preliminari che gli esempi sono pochi e che abbiamo ancora tanto da lavorare. Comunque il fatto che siano stati trovati risultati praticamente identici in due esperimenti è eccitante. State sintonizzati con il Cern nel 2012”. Con queste parole da padrone di casa ha concluso una conferenza molto attesa in tutto il mondo il direttore del Cern di Ginevra, Rolf Heuer.

La prudenza era d’obbligo d’altronde dato che si trattava del bosone di Higgs, l’inafferrabile “particella di Dio”. Non è stato trovato, come nei giorni scorsi si sperava, ma tracce consistenti del suo passaggio sono state trovate in due importanti esperimenti di fisica nucleare che si stanno svolgendo lì a Ginevra, attorno al Large Hadron Colllider, il più grande acceleratore di particelle oggi esistente.

Un ulteriore pezzo della sua carta d’identità sarebbe stato svelato: potrebbe essere una particella piuttosto grossa, 126 volte più dei protoni che, impariamo a scuola, stanno nei nuclei di ogni atomo di ogni elemento. Fabiola Gianotti, a capo dell’esperimento Atlas, ha raccontato, in modo tanto professionale quanto appassionato, la caccia alla particella inafferrabile durata per tutto il 2011. Lui manca ancora all’appello e serve assolutamente per verificare del tutto la teoria più importante sulla costituzione intima della materia, il “modello standard” , costato una cinquantina di anni di lavoro a generazioni di fisici nucleari.

Nessuna “scoperta”, come vorrebbe forse il pubblico, ma un fantastico lavoro di avvicinamento alla preda, localizzata ora con una massa fra 115.5 e 131 volte quella del protone, e questa volta l’intervallo di esistenza della particella è determinato al 95%: deve insomma essere lì in mezzo. Non tanto semplice, come sembra il risultato, dato che a quelle masse ed energie può arrivare solo Lhc, e ora sembra a tutti che gli 8 miliardi di euro spesi per costruirlo siano stati impiegati in modo oculato.

Da un mare di dati, anzi due mari dato che stiamo parlando di due esperimenti , Atlas e Msc, decine di fisici e ingegneri hanno estratto una dozzina di possibili tracce lasciate dalla particella, con tutta l’accortezza dovuta al difficilissimo compito di separare un segnale debolissimo dal rumore di fondo, ossia i segnali dovuti ad altre particelle. Stiamo parlando di 300 migliaia di miliardi di urti fra particelle elementari esaminati. Peggio , insomma, che cercare di sentire la voce di un bambino in un teatro durante l’intervallo.

L’ aula è gremita al Cern di Ginevra, gente in piedi, seduta sui gradini, vari premi Nobel in fisica in prima fila che scattano fotografie col telefonino alle brutte ma importantissime slide della Gianotti . Un’aula che non è nuova a risultati e annunci eccezionali: nel 1993 fu presentato qui il World Wide Web, che il mondo avrebbe rivoltato come un calzino. Guido Tonelli poi, un altro italiano a capo invece dell’esperimento Cms, sciorina particolari tecnici e convince ulteriormente. Ma chiunque di noi può capire che se lo stesso risultato viene trovato da due gruppi diversi , centinaia di scienziati, in due modi diversi e con due differenti apparecchiature, bene c’è da sperare che, con tutte le cautele del caso, sia confermato.
Più leggero de previsto il bosone di Higgs sarebbe quindi, se saranno confermati il prossimo anno i risultati, comunque piuttosto panciuto, 126 volte la massa del protone il valore più atteso.

Ma perché tanto clamore per una particella elementare, dato che ne conosciamo oramai centinaia, che quasi ci viene da dire che l’aggettivo “elementare” non è più così appropriato ? Per due ragioni: perché è prevista esistere da decenni, ma mai è stata trovata, e perché è l’ultima scoperta da fare per convalidare il “modello standard” , che spiega con successo, dal 1960, tutte le forze e le avventure che accadono nell’infinitesimo ma fondamentale mondo dei nuclei degli atomi, di cui pure noi siamo fatti. Inoltre la particella sarebbe abbinata a una proprietà, il campo di Higgs, grazie al quale le altre particelle elementari che ne entrano in contatto acquisterebbero un parametro fondamentale , la loro massa. E non è poco.

Insomma se lo trovassero i fisici sarebbero sollevati parecchio, dato che giustificherebbe il modello standard e buona parte della fisica che è stata finora sviluppata in questo campo e aprirebbe allo stesso tempo la caccia alla prossima teoria che comprenda tutte le forze della natura. Il modello standard vale per le forze fondamentali che agiscono sulla materia, ma non tutte aimè, è esclusa quella più importante, che tiene insieme miliardi di stelle nelle galassie e che ci fa cadere a terra se incespichiamo malamente su un gradino: la gravità .
Quindi ottimismo, anche rinforzato in Italia, dato che i due coordinatori degli esperimenti escono, come il direttore scientifico di Cern, dalla scuola di fisica del nostro paese che, in questa particolare disciplina, eccelle fin dai tempi di Enrico Fermi, oggi grazie all’Istituto nazionale di fisica nucleare e alle nostre università.
Un ago nel pagliaio con mezzi e idee si trova insomma, e da oggi il pagliaio in cui cercare è assai più piccolo.

 

da “Il Sole 24 Ore”

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Il bosone di Higgs è un ipotetico bosone massivo e scalare previsto dal modello standard ed è l’unica particella del modello la cui esistenza debba essere ancora verificata sperimentalmente.

Esso giocherebbe un ruolo fondamentale in quanto portatore di forza del campo di Higgs, che secondo la teoria permea l’universo e, mediante rottura spontanea di simmetria dei campi elettrodebole e fermionico, conferisce la massa alle particelle.

La sua importanza è anche dovuta al fatto che può garantire la consistenza del modello standard, che senza di esso descriverebbe processi con una probabilità maggiore di uno, risultando inefficace.

Pur non essendo mai stata osservata, secondo una parte della comunità scientifica vi sarebbero alcuni indizi dell’esistenza di questa particella.

Storia: la “particella di Dio”

Risulta opportuno fare una distinzione fra meccanismo di Higgs e bosone di Higgs. Introdotti nel 1964, il meccanismo di Higgs fu teorizzato dal fisico scozzese Peter Higgs, insieme a François Englert e Robert Brout (lavorando su un’idea di Philip Anderson), e indipendentemente da G. S. Guralnik, C. R. Hagen, e T. W. B. Kibble (tutti questi fisici, rimasti relativamente in ombra rispetto a Peter Higgs, sono stati premiati nel 2010 per il loro contributo: vedi immagine a lato), ma solo la pubblicazione di Higgs citava esplicitamente, in una nota finale, la possibile esistenza di un nuovo bosone. Egli aggiunse tale nota dopo che una prima stesura era stata rifiutata dalla rivista Physics Letters, prima di reinviare il lavoro a Physical Review Letters.[1]
Il bosone e il meccanismo di Higgs sono stati successivamente incorporati nel Modello Standard, in una descrizione della forza debole come teoria di gauge, indipendentemente da Steven Weinberg e Abdus Salam nel 1967.

Il bosone di Higgs sarebbe dotato di massa propria, ma il valore della sua massa non è previsto dal Modello Standard. Misure indirette dalle determinazioni dei parametri elettrodeboli danno indicazioni che i valori più probabili della massa siano comunque relativamente bassi[2], in un intervallo che dovrebbe essere accessibile al Large Hadron Collider, presso il CERN. Molti modelli supersimmetrici predicono inoltre che il valore più basso possibile della massa del bosone di Higgs è ipotizzabile intorno a 120 GeV o meno, e la teoria dà un limite superiore per questa massa di circa 200 GeV (≈3,5×10-25 kg).

Ricerche dirette effettuate al LEP hanno permesso di escludere valori inferiori a 114,5 GeV[3]. Al 2002 gli acceleratori di particelle hanno raggiunto energie fino a 115 GeV. Benché un piccolo numero di eventi che sono stati registrati potrebbero essere interpretati come dovuti ai bosoni di Higgs, le prove a disposizione sono ancora inconcludenti. A partire dal 2001 la ricerca del bosone di Higgs si è spostata negli Stati Uniti, studiando le collisioni registrate all’acceleratore Tevatron presso il Fermilab. I dati lì raccolti hanno consentito di escludere l’esistenza di un bosone di Higgs con massa compresa tra 160 e 170 GeV.

Simulazione di un evento in un acceleratore di particelle che dovrebbe generare un bosone di Higgs

Come detto, ci si aspetta che LHC, che dopo una lunga pausa ha iniziato a raccogliere dati dall’autunno 2009, sia in grado di confermare l’esistenza di tale bosone. Il 30 marzo 2010, nell’anello che corre con i suoi 27 chilometri sotto la frontiera tra Svizzera e Francia, è stata raggiunta la potenza massima mai toccata di 7.000 miliardi di elettronvolt (7 TeV), un valore prossimo a quello del Big bang.

Il 13 dicembre 2011, in un seminario presso il Cern, sono stati illustrati una serie di dati degli esperimenti ATLAS e CMS, coordinati dai fisici italiani Fabiola Gianotti e Guido Tonelli, che individuerebbero il bosone di Higgs in un intervallo di energia fra i 124 e 126 GeV con una probabilità prossima al 99%[4][5].

È previsto che il Large Hadron Collider rimarrà inattivo tra il 2012 e 2013 a causa di delicati lavori di manutenzione, prima di riprendere la fase conclusiva degli esperimenti raggiungendo la massima potenza.

Molti fisici teorici si aspettano che una nuova fisica emerga oltre il Modello Standard alla scala del TeV, a causa di alcune proprietà insoddisfacenti del modello stesso. In particolare i ricercatori (tra cui molti italiani, secondi finanziatori e seconda comunità scientifica del Cern) sperano di verificare l’esistenza delle particelle più sfuggenti della materia e comprendere la natura della materia e dell’energia “oscure”, che costituiscono rispettivamente il 23% e il 72% dell’universo (l’energia e la materia visibili ne costituiscono solo il 5%).

Nel 1993 il bosone di Higgs, data la sua importanza nella teoria del modello standard, è stato soprannominato dal premio Nobel per la Fisica Leon Max Ledermanparticella di Dio“.[6]

 

Bosone (Campo) di Higgs e teoria elettrodebole

Il bosone di Higgs è il quanto di uno dei componenti del campo di Higgs. Secondo la teoria cosmologica prevalente, nei momenti iniziali dopo il Big bang il campo di Higgs avrebbe subìto un processo di condensazione tachionica, acquisendo un valore non-zero che permea tutto lo spazio vuoto dell’universo in qualsiasi istante, detto valore di aspettazione del vuoto. L’esistenza di questo valore giocherebbe un ruolo fondamentale provocando la rottura della simmetria di gauge, e dando di conseguenza massa ai bosoni vettori elettrodeboli W e Z e allo stesso bosone di Higgs. Il meccanismo di Higgs così concepito è il più semplice in grado di dare massa ai bosoni di gauge, garantendo la compatibilità con le teorie di gauge.

Entrando più in dettaglio, il campo di Higgs consiste in realtà di due campi complessi, doppietto di isospin debole (gruppo di simmetria SU(2)L) e singoletto di ipercarica debole (gruppo U(1)Y) con valore di ipercarica pari a +1; ne discende che il campo con terza componente di isospin debole +½ ha carica elettrica +1, mentre l’altro (isospin -½) è neutro. Assumendo, come già accennato, che la componente reale del campo neutro, la cui particella corrisponde al bosone di Higgs, abbia un valore di aspettazione sul vuoto non nullo e generi di conseguenza una rottura di simmetria, i restanti tre campi reali (due dal campo carico e uno formato dalla parte immaginaria del campo neutro) sarebbero tre bosoni di Goldstone, per definizione privi di massa e scalari (cioè a 1 grado di libertà). Ma dato che, per il meccanismo di Higgs, i campi di gauge sono accoppiati ai campi di Higgs tramite le derivate covarianti, i bosoni di Goldstone divengono le componenti longitudinali dei bosoni W + , W , e Z0, i quali, passando perciò dai 2 ai 3 gradi di libertà di polarizzazione, acquistano massa.

Poiché il campo di Higgs è un campo scalare, il bosone di Higgs ha spin zero e non ha momento angolare intrinseco. Il bosone di Higgs è anche la sua stessa antiparticella ed è CP-even, cioè è pari sotto un’operazione di simmetria CP. Il Modello Standard non predice il valore della massa del bosone di Higgs. Se tale valore risultasse compreso tra 115 e 180 GeV, la teoria potrà essere valida a tutte le scale di energia fino alla scala di Planck (1016 TeV). Il valore più elevato della massa del bosone di Higgs (o di qualche altro meccanismo di rottura della simmetria elettrodebole) è ipotizzabile intorno a 1 TeV; oltre questo punto, venendo a mancare tale meccanismo, il Modello Standard diventerebbe inconsistente poiché l’unitarietà sarebbe violata in certi processi di scattering. In particolare lo scambio di bosoni di Higgs correggerebbe virtualmente il vigente cattivo andamento dell’ampiezza di probabilità nello scattering elastico delle componenti longitudinali di due bosoni vettori di tipo W ad alte energie.

 

Bosone (Campo) di Higgs e massa dei fermioni [

Il campo di Higgs sarebbe responsabile anche della massa dei fermioni attraverso l’estensione del meccanismo di Higgs all’interazione di Yukawa: nel momento in cui il campo di Higgs, secondo la teoria, acquisisce un valore di aspettazione del vuoto non zero, determina, mantenendo sempre la compatibilità di gauge, rottura spontanea della simmetria chirale, con comparsa nella lagrangiana di un termine che descrive, in modalità di campo, la massa del fermione corrispondente. Rispetto al meccanismo di Higgs propriamente detto dell’interazione elettrodebole, i cui parametri hanno chiare interpretazioni teoriche, il “meccanismo di Yukawa” risulta essere molto meno predittivo in quanto i parametri di questo tipo di interazione risultano introdotti ad hoc nel modello standard.

 

Critiche: gli scettici

Il fisico Vlatko Vedral ha avanzato la supposizione che l’origine della massa delle particelle sia dovuta all’entanglement quantistico tra i bosoni, analogamente a quanto espresso dalla sua teoria sull’effetto Meissner nei superconduttori da parte degli elettroni entangled. Vari altri ipotetici modelli fisici, tra cui il modello dinamico della superunificazione e del dualismo onda-particella elaborato dal fisico Alex Kaivarainen dell’Università di Turku in Finlandia, parimenti rifiutano implicitamente l’esistenza del bosone di Higgs.[senza fonte]

Recentemente, si è sviluppata una teoria in cui molte delle buone caratteristiche teoriche del settore di Higgs nel modello standard possono essere riprodotte, per particolari valori dei parametri del modello, dall’introduzione di un settore extra dimensionale, o comunque da una estensione della simmetria elettrodebole. Tali modelli in cui si cerca di trovare giustificazioni alternative al meccanismo di Higgs, sono noti come modelli Higgsless.[7][8]

 

Note

  1. ^ Higgs Peter (2007). “Prehistory of the Higgs boson”. Comptes Rendus Physique 8: 970-972. doi:10.1016/j.crhy.2006.12.006

  2. ^ [hep-ph/9810288v2] The Indirect Limit on the Standard Model Higgs Boson Mass from the Precision FERMILAB, LEP and SLD Data

  3. ^ http://pdg.lbl.gov/2007/tables/gxxx.pdf

  4. ^ Trovata impronta “particella di Dio”. URL consultato il 13-12-2011.

  5. ^ Fisica: Cern, bosone di Higgs, segnali indicativi da ‘particella di Dio’. URL consultato il 13-12-2011.

  6. ^ Tale soprannome venne scelto per intervento dell’editore di un testo dello stesso Lederman, che lo preferì a quello di “particella dannata (the goddamn particle)”, originariamente scelto dallo scienziato per l’aspetto sfuggente della particella

  7. ^ C. Csaki and C. Grojean and L. Pilo and J. Terning (2004). Towards a realistic model of Higgsless electroweak symmetry breaking. Physical Review Letters 92: 101802.

  8. ^ C. Csaki and C. Grojean and L. Pilo and J. Terning (2004). Gauge theories on an interval: Unitarity without a Higgs. Physic Review D69: 055006.

 

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