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Buco nero “sfrattato” dalla sua galassia

Sono state riprese in diretta da Chandra, il telescopio spaziale a raggi X della Nasa, le prime immagini dello ‘sfratto’ di un buco nero dalla galassia che lo ospita, probabilmente ‘spodestato’ dallo scontro con un altro buco nero. Lo studio, in pubblicazione sul prossimo numero dell’Astrophysical Journal, è stato realizzato da un gruppo di ricercatori del Centro Harvard-Smithsonian per l’Astrofisica guidato dall’italiana Francesca Civano. «È difficile credere che un buco nero supermassiccio, – ha spiegato la ricercatrice italiana – con una massa di milioni di volte quella del Sole possa essere spostato, figuriamoci buttato fuori da una galassia a velocità enorme».

I dati raccolti incrociando le osservazioni fatte nei raggi X da Chandra e nel campo del visibile da Hubble e una serie di telescopi terrestri come quelli del Very Large Telescopes in Cile hanno verificato che il buco nero ‘esiliato’ si allontana a una velocità di circa 5 milioni di km orari. Secondo i ricercatori all’origine di questo fenomeno, osservato in una regione denominata Cid-42 a 4 miliardi di anni luce da noi, vi sarebbe lo scontro-fusione di un altro buco nero che avrebbe provocato la ‘cacciata’ del buco nero ospitato all’interno della galassia. Queste osservazioni permettono di osservare per la prima volta il fenomeno e offrono numerosi spunti di ricerca in quanto, ha spiegato Civano, «i nuovi dati supportano l’idea che le onde gravitazionali (le increspature nel tessuto dello spazio-tempo previste da Albert Einstein, ma mai osservate direttamente) possono esercitare una forza estremamente potente».

Lo studio apre inoltre a un’altra affascinante ipotesi: che possano esistere altri buchi neri ‘vaganti’ nell’universo, al di fuori delle galassie. «Questi buchi neri sarabbero invisibili – ha spiegato Laura Blecha, altra ricercatrice impegnata nello studio – in quanto dopo essere stati espulsi dalla galassia ‘madre’ non avrebbero più una nube di gas attorno, consumata nel tempo»; l’osservazione dei buchi neri è infatti possibile solo analizzandone l’interazione con la materia che lo circonda.

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