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LB-1, ovvero la scoperta inaspettata di un Buco nero oltremisura

Il 27 Novembre 2019 è stato pubblicato su Nature un articolo, con prima firma di JifengLiu, dell’Accademia Cinese delle Scienze, che ha fatto molto discutere, poiché annuncia alla comunità scientifica la scoperta di un Buco Nero di 70 masse solari.

Il lavoro è basato su più di due anni di osservazioni del sistema binario denominato LB-1, situato nella costellazione dei Gemelli e distante da noi poco meno di 15 000 anni luce. Esso è costituito da una stella che orbita attorno ad un oggetto compatto oscuro con un periodo di 78,9 giorni. La massa del misterioso componente, determinata dallo studio del moto del sistema e da alcuni parametri orbitali, ha portato a concludere che l’oggetto non può che essere un buco nero.

I buchi neri sono stati osservati innumerevoli volte fino ad oggi, sia in maniera indiretta che in maniera diretta. Tuttavia, esemplari di tale massa non sono mai stati individuati nella nostra galassia, la Via Lattea, in un ambiente dalla composizione chimica nota, ma solo a centinaia di milioni di anni luce da noi, attraverso un approccio del tutto diverso, basato sulla misura di onde gravitazionali.

La scoperta del buco nero LB-1 merita sicuramente un approfondimento, per comprenderne la portata e per capire come essa possa mettere in crisi gli attuali modelli di evoluzione stellare.

Dalle stelle alla formazione dei buchi neri

Il fatto che accomuna alcuni oggetti celesti sotto la definizione di stelle è la presenza al loro interno di reazioni di fusione nucleare che, tipicamente, provocano la graduale trasformazione di idrogeno, l’elemento più abbondante dell’universo, in elio.

Per la maggior parte della loro vita le stelle sono corpi in equilibrio idrostatico. Ciò vuol dire che sono rette da un bilanciamento di forze. Una è la gravità, che tende a concentrare tutta la massa gassosa che le compone in un punto, l’altra è la pressione interna, fornita dal gas e dalla radiazione emessa, frutto a sua volta delle reazioni nucleari, che invece cerca di spingere l’inviluppo gassoso verso l’esterno, disperdendolo.

Questo gioco di forze determina l’intera storia di formazione ed evoluzione stellare: a seconda di quale delle due prevale possiamo avere episodi di espansione o contrazione. Finché le reazioni nucleari sono attive, la gravità è tenuta sotto controllo e le stelle trascorrono un periodo di relativa stabilità. Quando si interrompono, la situazione cambia bruscamente; la gravità vince nel braccio di ferro con la pressione e la stella subisce un improvviso collasso.

Il destino ultimo di una stella dipende dalla massa. Le stelle più grandi infatti raggiungono temperature più alte nel nucleo e possono quindi innescare, in fase di contrazione, fusioni nucleari successive a quella dell’idrogeno, che implicano la produzione di elementi più pesanti, come carbonio ed ossigeno. Ciò consente di liberare nuova energia, ristabilendo così stadi sempre più brevi e precari di equilibrio.

Tralasciando i dettagli evolutivi, possiamo delineare due scenari, rappresentati schematicamente in figura. Nel caso in cui la massa dell’intera stella sia inferiore ad 8 volte la massa del Sole, al cessare delle reazioni nucleari gli strati esterni semplicemente si disperdono e rimane un nucleo molto piccolo, delle dimensioni paragonabili a quelle del nostro pianeta, ma estremamente denso e concentrato (contiene fino a 1,44 masse solari!). Tale struttura, denominata nana bianca, deve la sua esistenza ad effetti puramente quantistici: sono infatti gli elettroni a fornire una pressione sufficiente a sostenere il tutto.

Oltre le 8-12 masse solari questo meccanismo non funziona più. Tramite una variegata sequenza di eventi si ha una colossale esplosione, detta supernova, ed il collasso del nucleo della stella, che è troppo massiccio per essere sorretto dalla pressione elettronica. A seconda della massa coinvolta nel processo, è possibile la nascita di una Stella di Neutroni o di un Buco Nero[1].

Nell’ultimo caso, in modo assai intuitivo, possiamo affermare che maggiore è la massa iniziale della stella, maggiore sarà la massa finale del buco nero. Tuttavia, ci sono dei limiti alle condizioni di partenza.

Come affermato precedentemente, è la pressione interna (del gas e della radiazione) a contrastare l’effetto della gravità. Ma più una stella è massiccia, più è calda. La pressione di radiazione è fortemente dipendente dalla temperatura, e cresce all’aumentare di essa. Quindi maggiore è la temperatura dell’astro, maggiore è la sua pressione di radiazione. Esiste un limite, denominato limite di Eddington (in onore dell’omonimo astrofisico britannico) oltre il quale la gravità è vinta da questa spinta interna e la stella riduce la propria massa, espellendo i suoi strati più periferici con un vento impetuoso, per poter tornare in una situazione di equilibrio.

Non potendo avere stelle di massa infinita, non si osservano neppure buchi neri stellari di massa infinita. Così, gli attuali modelli evolutivi delle stelle prevedono che i buchi neri di natura stellare abbiano masse comprese tra 2,5 e 50 masse solari[2].

Osservando nuovamente la figura, si nota che ad un certo punto della loro vita, le stelle entrano nella fase di gigante e supergigante rossa. Subiscono cioè una notevole espansione degli strati più esterni di gas che, come conseguenza, divengono più freddi e rarefatti. Per la radiazione emessa dal caldo nucleo centrale, è pertanto molto facile spazzarli via. Così, in tarda età, molte stelle subiscono delle perdite di massa che, nel corso di millenni e millenni, possono diventare molto vigorose, riducendo pertanto la quantità di materia disponibile per il collasso finale.

Questo effetto è tanto più accentuato, quanto maggiore è la metallicità della stella, ovvero la quantità di elementi diversi da idrogeno ed elio, che rendono il gas più opaco alla radiazione, quindi più facilmente disperdibile. Per stelle con composizione chimica paragonabile a quella del Sole, il limite superiore alle dimensioni del Buco Nero finale è di circa 25 masse solari[3].

Si capisce quindi che la scoperta di un Buco Nero di 70 masse solari in un ambiente di alta metallicità, come quello di LB-1, è una grossa sfida per i modelli esistenti. Come trovare una soluzione?

Gli autori dell’articolo prospettano due possibilità alternative di formazione, nessuna delle quali è, ovviamente, definitiva.

 – collasso diretto di una stella di grande massa, senza cioè passare per l’esplosione di supernova, che disperde materia nel mezzo interstellare.

 – sistema a progenitore binario, costituito da due stelle molto massive, poi degenerate in un unico buco nero finale, attorno a cui orbita la stella attualmente visibile.

Saranno ovviamente necessarie molte ulteriori osservazioni prima di dar credito ad una delle due ipotesi o, eventualmente,per formularne di ulteriori. Per il momento, a chi è al sicuro sulla Terra, non resta che continuare ad interrogarsi e scrutare i cieli.

Note

[1] La massa limite, che separa lo stato degenere di Stella di Neutroni dal collasso completo di un Buco Nero, è assai incerta e dipende complicate relazioni matematiche che legano la pressione alla densità della stella. Ciò è dovuto alla nostra scarsa conoscenza del comportamento della materia in condizioni di densità e pressione così estreme.

[2] R. Kippenhahn, A. Weigert, A. Weiss, Stellar Structure and Evolution, 2012, Springer, p. 515.

[3] J. Liu et al., A wide star–black-hole binary system from radial-velocity measurements, 2019.

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