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Le politiche “inspiegabili” portano la Valle d’Aosta in esercizio provvisorio

A causa della guerra intestina scoppiata nell’Union Valdôtaine (il principale partito autonomista valdostano di maggioranza) è ‘saltata’ l’approvazione del bilancio della Regione Valle d’Aosta.

E’ quanto è successo venerdì 27 dicembre in Consiglio Valle, convocato in via straordinaria per esaminare il documento finanziario che quest’anno ha tardato ad arrivare per via delle recenti dimissioni del Presidente della regione Fosson, di due assessori e di un consigliere indagati per voto di scambio di mafioso con la cosca locale della ‘ndrangheta.

Abbiamo trascorso mesi di lavoro per la redazione di un bilancio – ha detto il presidente della Regione ad interim, Renzo Testolin – che contavamo di approvare entro la fine dell’anno per dare continuità all’azione amministrativa ed evitare impasse. Fino a 10 giorni fa il bilancio aveva i voti per essere approvato. Ora il clima politicamente è cambiato e a malincuore, dopo un Natale di confronti e valutazioni, abbiamo dovuto prendere atto di una situazione difficile da spiegare.
Per motivazioni fondamentalmente politiche, dovute a un susseguirsi di eventi, non siamo in grado di approvare il bilancio
“.

Il 27 mattina, alcuni consiglieri dell’Union, che dopo con l’inchiesta Egomnia è entrata in una forte crisi di identità, hanno annunciato l’intenzione di non votare a favore del bilancio. Nel pomeriggio la Giunta regionale ha quindi licenziato un disegno di legge per l’esercizio provvisorio che è passato prima in commissione e poi in aula. Ora il bilancio dovrà essere ora approvato entro il 30 aprile.

Questi sono, in sintesi, i fatti. A seguire, ci sono le dichiarazioni, i commenti, le accuse reciproche, la rassegnazione, il rammarico, gli allarmismi, i proclami da campagna elettorale, l’astensione, la vergogna della classe politica dirigente. Ma nonostante tutto, i fatti restano questi e conviene di nuovo mettere da parte i sentimenti e cercare di capire, di andare oltre.

Ci si potrebbe accontentare di spiegazioni facili ma poco “edificanti”, come l’attaccamento alla poltrona o l’incapacità e la malafede di chi siede in Consiglio, soprattutto di chi sta al governo. Ci si potrebbe gettare nella mischia e chiedere le dimissioni di tutti, invocare nuove elezioni subito e dare avvio alla campagna elettorale, come stanno facendo in molti – opposizione in primis, logicamente.

Tutto legittimo, tutto giusto, ma a questo punto purtroppo non basta, se davvero si ha intenzione di provare a cambiare il sistema nel profondo. Perché questo atteggiamento, al massimo può portare a un ricambio di poltrone e di casacche, ma non può cambiare il senso di sfiducia, di rabbia e di rassegnazione che i cittadini stanno provando nei confronti di chi li rappresenta.

Non dovrebbe essere questo il compito di chi vuole porsi come un’alternativa valida ad un sistema che si sta rivelando marcio nel profondo. Chi invoca la democrazia e il cambiamento, deve dare basi solide a tutto il suo edificio, non approfittare dell’esasperazione e della rabbia per costruire in fretta e furia altre soffitte che sanno di muffa.

Quello che dobbiamo fare ora è saper leggere fra le righe, provare a interpretare i fatti in maniera diversa.

Motivazioni fondamentalmente politiche” – ha detto (bene) Testolin. Ma “difficili da spiegare” – ha poi aggiunto. È questo che non è accettabile, che non è corretto nei confronti dei cittadini, soprattutto se è un’alta carica come quella di Presidente a dirlo.

Perché c’è una cosa importante da chiarire – che forse nella confusione ci sfugge – e cioè che il bilancio è molto più che un semplice strumento di rilevazione contabile, è il documento politico cruciale di un governo e rappresenta le scelte che la Regione reputa prioritarie.

Perciò, senza perdersi nei tecnicismi o nelle difficili definizioni contabili che in effetti solo “gli esperti” capiscono, i politici dovrebbero essere in grado di spiegare alla popolazione cosa contiene quel bilancio, quale linea politica segue e rispetta.

Il bilancio è uno strumento di programmazione che permette di valutare gli effetti dell’attività finanziaria pubblica sui vari aspetti della vita economico-sociale di un territorio e di orientare quindi gli interventi di  politica economica verso gli obiettivi desiderati.

È questo che bisogna saper spiegare ai cittadini, se si vuole governare in modo democratico e trasparente: quale indirizzo politico si sta seguendo.

A condizione che ve ne sia uno confessabile, ovviamente.

La domanda che dobbiamo fare ora ai nostri politici è cosa c’è in quel bilancio, che oggi è così difficile da spiegare alla gente. Cosa contiene?

La solita politica del “Ni droite Ni gauche”, tanto cara ai movimenti autonomisti, o c’è qualcosa di più forte, qualcosa di più palese e compromettente per il futuro della Valle d’Aosta?

Ecco, se non vogliamo ridurre il tutto a una questione di poltrone e di intrallazzi, è di questo che bisognerebbe parlare adesso. Di come si gestisce una “cassa comune”, a cosa si decide di dare la precedenza e a che prezzo. Come si distribuisce la ricchezza prodotta; se seguendo la linea delle diseguaglianze sociali o se facendo di tutto per rimuoverle, come dice la Costituzione della Repubblica. Che d’altronde gli enti locali, soprattutto quelli più ricchi e più forti, avrebbero il dovere di rispettare in ogni suo aspetto.

A questa mancanza della politica, al vuoto che abbiamo di fronte, per ora soltanto le categorie produttive sono venute a rispondere. Il presidente della Confindustria Valle d’Aosta ha dichiarato infatti in tutta scioltezza, che “c’è preoccupazione”, e che “servono responsabilità e ragionevolezza”. “Noi imprenditori abbiamo bisogno di studiare, di progettare e di costruire il nostro futuro imprenditoriale. Se la politica non si incrocia con la vita, se non è capace di tessere con essa una relazione sana e duratura significa che non è in ascolto dei veri bisogni delle persone” – ha detto.

Dove non arriva la politica, vorrebbe arrivare l’imprenditoria, insomma. È evidente che il bilancio incriminato conteneva e contiene perlomeno questo: un grosso vantaggio per le aziende private e per il mercato degli appalti, che oggi sono molto delusi dalla situazione di esercizio provvisorio.

A dire il vero, si sono espressi anche i partiti di opposizione, ma nessuno di questi è entrato nel merito del bilancio come hanno fatto, invece, i rappresentanti delle imprese. Nessuno, per ora, ha colto l’occasione (d’oro) per spiegare ai cittadini il proprio bilancio alternativo, su cui fondare la propria missione di cambiamento.

Eppure dai programmi elettorali ad oggi, ne è passata di acqua sotto i ponti, sarebbe bene ricordare la propria linea, la propria rotta.

Alle forze politiche che siedono nel Consiglio ora spetta il difficile compito di dimostrare di aver qualcosa di concreto da dire alla gente. Approfittare dell’esercizio provvisorio per smetterla con gli slogan e cominciare a entrare nel merito, in quello che dovrebbe fare la differenza fra gli uni e gli altri.

Se non si è in grado di spiegare, per sommi capi, la propria linea politica a partire da un bilancio, il rischio più grosso è quello di continuare a trattare da somari gli elettori che a loro volta da somari continueranno a comportarsi. Hai voglia a dire “ muovetevi, reagite, partecipate al cambiamento”. I somari, si sa, sono animali cocciuti e testardi: inutile forzarli a fare qualcosa che sia contrario ai propri interessi.

Come andare incontro a chi li maltratta, per esempio.

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