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Emilia-Romagna: 730 mila persone a rischio povertà, e aumentano…

Gli ultimi dati dell’istituto statistico europeo riguardo reddito, povertà ed inclusione sociale raccontano una situazione molto diversa da quella che, a vari livelli, viene spesso narrata dalle classi dirigenti italiane ed europee.

Non basta, infatti, la tanto sbandierata crescita del PIL della zona Euro di quest’ultimo periodo (e presentata da molti come “la fine della crisi”) per poter dire che le cose vadano meglio rispetto agli ultimi anni.

Ed è proprio l’Eurostat a fornirci un quadro tutt’altro che ottimistico, specie per quanto riguarda l’Italia e l’Emilia-Romagna.

Se nel resto d’Europa la percentuale di famiglie a rischio povertà cala leggermente (dal 25% del 2012 al 23,5% di fine 2016-ma stiamo comunque parlando di oltre 118 milioni di persone), in Italia questa percentuale aumenta di molto, passando dal 25,5 a oltre il 30%, con un aumento netto di 3 milioni di individui (da 15 a 18 milioni in termini assoluti).

Significa che, nel nostro Paese, una persona su tre è a rischio povertà o vive già al di sotto della soglia di povertà ed in condizioni di grave deprivazione materiale.

L’Emilia-Romagna, pur mantenendosi molto al di sotto di tale soglia, fa registrare oltre 730 mila persone a rischio povertà, pari al 16,4% della popolazione totale. Considerando che si sta parlando di una delle regioni più industrializzate e ricche d’Italia (Bologna in termini di ricchezza pro-capite è la terza città italiana), il dato pone qualche allarme.

Certo, queste preoccupazioni rimangono ovviamente vere solo per i settori sociali più svantaggiati e che maggiormente pagano sulla propria pelle le misure di austerità.

Ad esplicitarlo è uno studio uscito da pochi giorni e commissionato dal comune di Bologna.

In esso si certifica un leggero aumento del reddito medio pro-capite dei bolognesi (che arriva a circa 25 mila euro), ma si evidenzia come, in realtà, aumentino sensibilmente le disparità e la polarizzazione sociale.

Uno dei primi dati che balza all’occhio è che poco più del 3% della popolazione bolognese ha un imponibile di oltre 80 mila euro ed essa detiene circa il 20% della ricchezza cittadina, mentre il 52% della popolazione rimane sotto la soglia dei 20 mila euro.

Balzano all’occhio poi la forte disparità reddituale tra maschi e femmine (30.000 euro contro 20.000); la disparità generazionale (l’incidenza dei contribuenti fino a 30 anni si è dimezzata dal 2002 ad oggi, passando dall’6,2% al 3,7%) e quella tra italiani e stranieri: per ogni classe di età, il reddito degli stranieri è circa la metà (e per le donne è ancora più basso) di quello degli italiani(fonti eurostat: Statistiche sulla distribuzione del reddito, redditi del 2015 dichiarati dai bolognesi).

Questo è l’effetto delle politiche di macelleria sociale sperimentate negli ultimi anni in regione, a fronte degli investimenti per il rilancio dello sviluppo industriale e manufatturiero che hanno visto nell ultimo anno la messa in campo di 50 milioni di euro per le aziede che investano sull’automazione e l’innovazione. Il tanto conclamato sviluppo dell’emilia romagna che porta la regione alle vette delle classifiche europee cela dentro di se la “macchia nera” della povertà, che al contrario dei profitti delle aziende piu grosse, sta aumentando con tassi consistenti. L’Emilia rossa, fiore all’occhiello del welfare sociale, si è così trasformata grazie alle politiche di diretta emanazione dell’unione europea, in una regione sempre più esclusiva la cui composizione sociale è sempre più diseguale e polarizzata tra ricchezza e povertà.

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