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Famo a capisse… il 9 aprile corteo a Roma Est

Un gruppo di giovani, studenti delle scuole, studenti universitari, ricercatori e lavoratori hanno unito le proprie forze per animare un corteo sabato 9 aprile dalle h 16 a Largo Agosta. Il corteo attraverserà le strade di Roma Est, toccando una serie di “punti caldi” tra Centocelle e il Pigneto, come la LIDL di via Acqua Bullicante costruita tra le proteste dei cittadini e oggi sotto sequestro o il V Municipio, sempre più incline a permettere l’utilizzo della forza pubblica negli sfratti. L’avvicinamento a questa data di mobilitazione è stato denso di appuntamenti ed eventi:

– assemblea pubblica di lancio del corteo al Parco delle Energie, Ex SNIA-VIscosa

– giornata di sport popolare a Villa Gordiani

– festa di autofinanziamento all’Università la Sapienza

In calce l’appello di lancio del corteo in cui vengono spiegate in modo esaustivo le tematiche della mobilitazione.

 

APPELLO PER CORTEO 9 APRILE PER LE STRADE DI ROMA EST

Le politiche economiche intraprese dai governi “gestori della crisi”, completamente schiavi di interessi e poteri economici internazionali, hanno fatto sì che lo stato sociale come lo abbiamo conosciuto sia stato del tutto smantellato. I diritti universali conquistati dal secondo dopoguerra pezzo dopo pezzo con le lotte sociali hanno subito, attraverso governi tecnici, leggi di stabilità, spending review, un drastico ridimensionamento, sostenuto con il ricatto del debito pubblico.E se da un lato l’inasprirsi delle forme di neo liberalizzazione fa sì che gli spazi di mediazione politica e sindacale siano svaniti o ristretti a colpi di decreti legge e riforme strutturali di settori strategici (mercato del lavoro, formazione, sanità), dall’altro, ci troviamo di fonte alla dissoluzione dei corpi intermedi che, con l’ esaurimento storico della loro funzione non rispondono a nessuna domanda e divengono parte integrante di un simulacro di democrazia sempre meno rappresentativa, e di un sistema economico e sociale finalizzato alla sottomissione di chi lavora, di chi studia, di chi non ha un reddito, dei territori alle esigenze della finanza e della borghesia.

La disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e dei salari è tornata a livelli pari a quelli degli anni ’20 del Novecento, provocando un’enorme asimmetria nell’accesso ai servizi e nell’esercizio dei diritti. La crisi è stata utilizzata come ricatto considerando di fatto “accettabili” condizioni di vita intollerabili. Nel nostro paese, come in tanti altri dell’Unione Europa, la maggioranza delle persone vive nei sacrifici e nella precarietà, mentre una piccola fetta di popolazione sguazza nella ricchezza e nel lusso.

Ma davvero il benessere spetta a pochi e non può essere condiviso?

Se lo chiedono i migliaia di disoccupati che non hanno nè la garanzia del reddito nè alcuna dignitosa prospettiva occupazionale. In Italia, ci ritroviamo con una disoccupazione che raggiunge livelli altissimi soprattutto per i giovani con una media del 40%. Se lo chiedono le migliaia di persone che lavorano in condizioni sempre peggiori con stipendi sempre più bassi pagati a suon di voucher, senza parlare delle pensioni sempre meno garantite. Se lo chiedono gli studenti universitari che assistono alla retorica intollerabile della formazione continua, nonostante negli anni si sia proceduto ad un forte taglio dei finanziamenti all’università e alla ricerca con un restringimento diseguale dei canali di accesso alla formazione che risultano essere sempre più elitari, soprattutto se di alta qualità. Dopo anni di sacrifici per tasse e affitti frequentando corsi ormai di bassa qualità e con infrastrutture inesistenti, vengono immessi in un mercato del lavoro scellerato senza nessuna garanzia del reddito se non attraverso situazioni transitorie come il servizio civile e la garanzia giovani.

Se lo chiedono migliaia di studenti delle scuole sottoposti ad un disciplinamento serrato tramite il quale si sottraggono spazi di discussione e di socialità. Gli stessi che si ritrovano a lavorare gratuitamente in alberghi e supermercati come è previsto dall’alternanza scuola lavoro voluta dalla “Buona­scuola”, la riforma scolastica in salsa renziana.

Se lo chiedono migliaia di sfrattati per morosità incolpevole o gli occupanti di case che occupano stabili inutilizzati sottraendosi dal ricatto dell’affitto.

O chi era abituato ad avere un’area verde sotto casa e, nel giro di pochi mesi, la vede distrutta e cementificata senza nessuna utilità sociale.

Dietro il ricatto del debito, se da un lato ci ritroviamo con un processo avanzato di privatizzazione dei principali servizi nazionali dall’altro si cerca di mettere a valore i territori con la logica dei grandi eventi e delle grandi opere. Le risorse pubbliche invece di essere destinate all’edilizia popolare, all’edilizia scolastica, alla remunerazione del lavoro e dei redditi vengono usate per essere distribuite alla lobby del mattone e a tutti coloro che hanno mangiato e mangeranno ancora sostenuti dai partiti, con la costruzione del Tav, dei padiglioni dell’Expo di Milano, dei giochi invernali di Torino o quelli del nuoto di Roma. La proposta di crescita che ci viene propinata dal partito democratico, ancora una volta, è quella legata al Giubileo della misericordia o alla nuova candidatura alle Olimpiadi 2024. Intanto, alle Banche vengono ceduti pezzi di ricchezza pubblica e gli viene affidata la possibilità di riscuotere direttamente pezzi di reddito ai migliaia di insolventi attraverso il pignoramento delle case e degli stipendi. Il Premier Renzi con il Partito Democratico punta a una riproposizione di uno stato in cui l’esecutivo sia dotato di grandi poteri capaci di imporre questo paradigma, necessario non solo per riattivare un ciclo economico, anche se di breve periodo giusto per farsi amiche le statistiche (quando i dati non sono del tutto falsati), ma per garantire all’Europa quello che richiede: un restringimento della spesa pubblica per ristrutturare nuovi processi di accumulazione: dati dalla distruzione dei territori, dall’espropriazione delle ultime risorse pubbliche rimaste, dallo sfruttamento di ogni attività vitale. Oltretutto, dobbiamo sopportare anche i tentativi della destra xenofoba di Salvini rivolgersi ai ceti popolari con la retorica del “Prima gli Italiani” alla faccia delle migliaia di migranti che vogliono entrare legittimamente nei nostri paesi spinti dalle guerre e dall’aspirazione, spesso un miraggio frutto di una deliberata volontà del padronato europeo di attrarre manodopera a basso costo per livellare verso il basso salari e qualità della vita, a una vita differente di quella che centinaia di anni di colonizzazione diretta e indiretta hanno provocato.

Non abbiamo bisogno in questa città di farci dettare i ritmi di vita dai partiti che si preparano a sfidarsi nella campagna elettorale. Non abbiamo bisogno della passarella mediatica di chi vorrebbe venderci una nuova ricetta per sopravvivere. Dopo Mafia Capitale è tutto molto più chiaro, se qualcuno avesse avuto dei dubbi, e nulla sembra essere un’alternativa valida. Non crediamo che all’interno della democrazia rappresentativa ci possano essere possibilità di cambiamento reale se non da strappare con le unghie e con i denti. In questo momento in questa città il prefetto­sceriffo e il commissario­sindaco rappresentano l’unica “certezza” di governo all’interno di una campagna elettorale debolissima. Non è possibile infatti, dare per scontato che non sia proprio il super­prefetto a continuare a governare Roma che si facciano o meno le elezioni, che qualcuno diventi sindaco o meno. E fino ad ora Gabrielli e il Commissario Tronca si sono distinti per una gestione dell’ordine pubblico tutta volta alla repressione delle lotte sociali, puntando dichiaratamente alla normalizzazione delle “anomalie” sul suolo romano, alla pacificazione in vista del Giubileo, mostrando una particolare propensione ad attaccare le lotte per il diritto all’abitare, acuendo i dispositivi di minaccia nei confronti delle realtà politiche che attraversano la città, minacciando di sgombero gli spazi sociali e culturali presenti nei quartieri.

Chi lo ha detto che tutto questo cambierà?

Riteniamo essenziale resistere senza aspettare, attivare percorsi che mirano a incidere praticamente sulla nostra vita e su quella di chi ci circonda. Resistere e praticare percorsi di lotta autorganizzati per riappropriarci di spazi e tempi di vita. Resistere e costruire insieme una prospettiva politica autonoma, unica alternativa possibile alla miseria e allo sfruttamento.

Per questo vogliamo attraversare le strade di questo quartiere in corteo, per dire a gran voce che autorganizzarsi e occupare case, spazi sociali, scuole e luoghi di lavoro è giusto, è una pratica che non può essere garantita da nessuno, è una pratica di lotta, è una pratica concreta ed alternativa alla gestione politica di questa città e di questo paese.

Famo a capisse…E’ sempre il momento di cambiare il presente!

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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1 Commento


  • tobia pagnotta

    MA LA DEMOCRAZIA DIRETTA PROPRIO MAI??

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