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Roma, mercoledì manifestazione all’ambasciata turca per Nuriye e Semih

Il Comitato italiano per il rispetto dei diritti umani, della libertà di espressione e per la fine dello stato di emergenza in Turchia da appuntamento a tutti i solidali a Roma il 15 novembre, a due giorni dalla quarta udienza del processo a Nuriye e Semih che si terrà nel carcere di Sincan ad Ankara, per un presidio davanti all’ambasciata turca.

Saremo a Roma per denunciare la brutalità del regime turco guidato dall’AKP di Erdoğan.

Dopo l’instaurazione in Turchia dello Stato di emergenza in seguito al tentato “golpe” del luglio 2016 oltre 150.000 funzionari pubblici (di cui 50000 accademici di 180 università di 80 città diverse) sono stati licenziati, 3000 giornalisti (180 tutt’ora in carcere) avvocati musicisti e centinaia di militanti della sinistra sono stati e continuano ad essere incarcerati.

Fra questi l’accademica Nuriye Gülmen e il maestro elementare Semih Özakça hanno avviato dal 9 marzo scorso uno sciopero della fame senza condizioni al fine di rio-ottenere il loro lavoro.

Come tutta risposta il governo fascista dell’AKP li ha sottoposti a 27 custodie cautelari in carcere (torturandoli) fino ad arrestarli lo scorso 22 maggio con l’accusa di “appartenenza ad associazione terrorista”

In carcere hanno continuato lo sciopero della fame. Come ulteriore repressione lo stato turco li ha dapprima rinchiusi nell’ospedale della prigione di Ankara a Sincan in attesa della prima udienza del loro processo che si tenuta il 14 settembre presso la Corte di Ankara. Dove non sono stati portati adducendo scarsità delle forze di polizia atte a vigilare sui due allettati. Non contento il governo dell’AKP vero giudice di questo processo nelle persone di Erdogan e del ministro degli Interni,il 12 settembre ha arrestato gran parte del collegio difensivo (15 avvocati, tutti avvocati del popolo ( #HHB  ) con la solita accusa. Non contenti di questo a due giorni dalla seconda udienza che si è tenuta all’interno del carcere di Sincan il 28 settembre hanno poi sequestrato notte tempo Nuriye, senza darle possibilità di vedere avvocati o familiari con lo scopo di impedirle di essere presente al processo per difendersi e mostrare le sue reali condizioni fisiche e rinchiusa nell’ospedale pubblico di Numune in terapia intensiva di cui non necessitava minacciando a più riprese l’intervento “medico” forzato. Alla terza udienza, mentre proseguivano repressione ed arresti di massa, il 20 ottobre nel carcere di Sincan verrà impedito a Nuriye di essere nuovamente presente solo Semih otterrà la libertà in forma di arresti domiciliari e braccialetto elettronico. Nuriye  sembra un convitato di pietra nel suo processo, lei che ha tutto avviato il 9 novembre 2016.

Nella terza udienza esplode fragorosamente in collegamento via cavo da Istanbul la figura del collaboratore prezzolato Berk Ercan a cui si devono le accuse di appartenenza ad associazione terrorista che hanno portato in carcere Nuriye Semih gli avvocati e centinaia di militanti.

In attesa della quarta udienza nel carcere di Sincan prevista per il 17 novembre saremo qui per urlare la nostra rabbia contro il governo turco e le istituzioni europee ed italiane complici silenziose di questa situazione quando non direttamente parti attive come nel caso dellla Corte Europea dei diritti dell’uomo che ha appoggiato le decisioni del criminale Erdogan. Una lettera firmata da alcuni parlamentari europei ed indirizzata a Federica Mogherini da oltre dieci giorni perché si attivasse con ogni mezzo necessaio per salvaguardare la vita di Nuriye e Semih è rimasta lettera morta.

Nuriye e Semih sono espressione della lotta di classe oggi in corso in Turchia, La loro vita è appesa ad un filo, il loro cuore potrebbe cedere da un minuto all’altro. Ma loro hanno scelto la lotta ed una forma di lotta pacifica, particolare che ha portato Nuriye a pesare 38 kg

Hanno scelto la strada della lotta e non della comoda fuga verso l’estero. Stanno lottando per loro ma anche per noi in Europa per le generazioni future. Hanno trasformato la rabbia in coraggio. Meritano tutto il nostro sostegno per la resistenza che stanno opponendo al fascismo turco non tanto lontano dalle condizioni in cui potremmo trovarci a breve anche qui in Italia.

Come ciliegina sulla torta l’otto novembre mentre si recava ad una conferenza i killer dell’AKP hanno sequestrato per strada e portato in custodia l’avvocato storico di Nuryie e Semih ( ma anche di Soma, di Berkin Ekvan, di Dilek Dogan..) Selçuk Kozağaçlı nonché portavoce/presidente di tutti gli avvocati progressisti di Turchia.

 

Basta con questa farsa!

Porre fine allo stato di emergenza subito!

Liberare subito Nuriye e Semih e reintegrare loro e tutti gli altri resistenti ai loro posti di lavoro!

Liberare tutti gli avvocati del Popolo immediatamente!

Liberare Selçuk Kozağaçlı!

Liberare i musicisti di Grup Yorum !

Liberare tutti militanti incarcerati per i deliri farneticanti di uno collaboratore stipendiato da Erdogan.!

Liberare tutti i giornalisti incarcerati!

Liberare tutti i prigionieri politici!

Basta con le torture e gli arresti arbitrari.!

Governo italiano e parlamento europeo prendano posizione a difesa perlomeno dei diritti umani basici!

Chi oggi non si mobilita, non solidarizza perché pensa sia una questione che non ci riguardi sbaglia.

Ogni secondo conta.

Erdogan non dubiti. Non faremo nessun passo indietro.

Fino alla vittoria.

Fino alla loro liberazione Saremo la loro voce.

La solidarietà è un’arma usiamola!

 

Comitato per il rispetto dei diritti umani, la libertà di espressione e la fine dello Stato di emergenza in Turchia

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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1 Commento


  • Gianni Sartori

    QUARTA UDIENZA PER NURIYE GULMEN E SEMIH OZAKCA

    (Gianni Sartori)

    Come previsto e preannunciato, il 17 novembre nel carcere di Sincan (Ankara) si è svolta la quarta udienza del processo intentato contro Nuriye Gulmen e Semih Ozakca.

    Forse è ancora prematuro parlare del governo di Erdogan come “di un regime ormai in preda alla disperazione” per non essere più in grado di estirpare il dissenso.
    Ecco, magari non sarà proprio “disperato”, ma sicuramente appare in difficoltà.
    Se ancora non boccheggia, sicuramente ansima per lo sforzo. Non barcolla, per ora, ma sicuramente annaspa.

    Tra gli obiettivi prioritari del governo AKP (Adalet ve Kalkınma Partisi) : mettere definitivamente a tacere le voci di questi due eroici insegnanti in sciopero della fame dal 9 marzo. Nuriye e Semih stanno lottando per riavere non solo il posto di lavoro, ma anche la loro dignità di cittadini. Una dignità violata dalle massicce purghe che hanno portato al licenziamento di migliaia e migliaia di lavoratori.
    Ufficialmente costituivano una ritorsione per il tentato golpe del 2016, ma poi chiaramente sono andate oltre per miglia e miglia. Colpendo, condannandole alla morte civile, soprattutto persone del tutto estranee alla vicenda. Un’occasione imperdibile per liberarsi di ogni oppositore, magari solo potenziale.

    Ora il potere turco ha estratto dalla manica un altra carta (truccata, a quanto sembra) procurandosi un nuovo “collaboratore”. Di quelli stipendiati ovviamente.
    Fatih Sofak ha fatto pervenire una sua dichiarazione che è apparsa in palese contraddizione con quella di Berc Ercan, l’altro accusatore dei due insegnanti (nonché collaboratore a libro paga).

    Quanto a Nuriye, anche stavolta non le è stato consentito di presenziare.
    E’ apparsa però in video conferenza e, nonostante 254 giorni di sciopero della fame abbiano chiaramente lasciato il segno, si è mostrata, raccontano i militanti solidali presenti in aula “sempre con la stessa forza e con lo stesso sorriso”.
    La forza di chi sa di essere nel giusto, vorrei aggiungere.

    La sua dichiarazione è stata interrotta più volte dal giudice che ha dato prova di un’assoluta mancanza di rispetto nei confronti della prigioniera politica.
    Lei comunque si è rifiutata di rispondere alle accuse fintanto che non le verrà consentito di lasciare l’ospedale di Numune (dove rimane segregata) e di essere presente in aula.
    Lo farà, ha spiegato, quando potrà “guardare tutti negli occhi”. Intendendo soprattutto gli occhi dei suoi accusatori.
    Ha invece voluto ringraziare lungamente tutti coloro che si stanno esponendo con azioni di solidarietà nei confronti della lotta condotta da lei e da Semih.
    Alla fine il tribunale ha sostanzialmente confermato l’attuale situazione.

    Nuriye, indicata come facente parte della gerarchia dell’organizzazione DHKP-C,
    non è stata scarcerata e resta quindi piantonata in ospedale.
    Invece Semih, accusato di essere membro e propagandista della stessa “organizzazione terrorista”, rimane ai domiciliari.

    Per l’altra imputata, Acun Karadag, è invece decaduta ogni accusa di relazione con l’organizzazione DHKP-C. Si è trattato presumibilmente di un tentativo per spezzare, con un trattamento differenziato, il forte legame che esiste tra i tre imputati.
    Ma nella dichiarazione in aula Acun ha confermato la sua solidarietà nei confronti di Nuriye. Un intervento che ha suscitato una forte emozione, sia nei presenti che nella stessa Nuriye, sollevatasi dal letto “regalandoci uno dei suoi sorrisi più belli” (come ha raccontato un solidale).
    Per Acun è stato comunque confermato l’obbligo di firma settimanale.

    Invece per i manifestanti che protestavano fuori dal tribunale: cariche della polizia, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.
    Ordinaria amministrazione di questi tempi.

    La prossima udienza, la quinta ormai, si terrà il 27 novembre.
    E probabilmente neanche stavolta a Nuriye verrà consentito di essere presente in aula.

    Tra gli avvenimenti recenti da segnalare, l’arresto avvenuto una quindicina di giorni fa di Selcuk Kozagacli, portavoce degli avvocati progressisti della Turchia, da tempo vittima di una campagna di stampa diffamatoria,
    In precedenza Selcuk Kozagacli era già stato escluso con decreto del tribunale di Ankara dal collegio difensivo (di cui era presidente) di Nuriye e Semih.
    Con in aggiunta il divieto di occuparsi del caso e di essere presente alle udienze.
    Al momento si trova ancora in carcere.
    Ma negli ultimi 15-20 giorni il ritmo degli arresti sembra aver subito un’accelerazione. Si calcola che siano oltre un’ottantina i prigionieri politici trascinati nelle prigioni turche in soli tre mesi.

    Gianni Sartori

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