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Roma. Macron visita Conte, l’università risponde

SVELIAMO LE IPOCRISIE DI MACRON E DELL’EUROPEISMO LIBERISTA

Con il nuovo governo ormai insediato è tempo per “cambiare rotta” anche sul piano dei rapporti internazionali, per questo è estremamente interessante notare come Conte abbia deciso di incontrare per primo nel suo nuovo mandato il presidente francese Emmanuel Macron, con cui la precedente esperienza di governo guidata sempre dall’autoproclamatosi «avvocato degli italiani» si era scontata varie volte: a cominciare dal patetico teatrino con Salvini tutto giocato sulla pelle dei migranti, all’appoggio espresso da Di Maio a una parte del movimento dei Gillet Jaunes, salvo ritrattare indicando gli animatori di quel movimento come violenti ed eversivi non appena è cambiato il vento.

Mercoledì 18 settembre quindi Macron e Conte si incontreranno, in virtù della ritrovata fede europeista dell’Italia e del suo governo una volta fatto fuori Salvini e il suo euroscetticismo di facciata. Se il precedente governo infatti rappresentava in parte gli interessi di quella borghesia del centro-nord del paese impoverita dall’austerità e dalla concorrenza dei paesi maggiormente competitivi su scala continentale, Francia e Germania in primis, il governo Conte II sembra pensato per sostenere gli interessi delle multinazionali anche italiane che del processo di integrazione europea si sono invece avvantaggiate.

Di fronte a questo scontro tutto interno ai veri padroni della politica europea noi abbiamo sempre tenuto a sottolineare come le misure di austerità e di libera circolazione delle merci e capitali, che compongono l’impianto principale del meccanismo di integrazione europea, siano pensate per impoverire ulteriormente le categorie più svantaggiate del sud Europa, costringendo i giovani al precariato e all’emigrazione, mentre sia da destra che da sinistra si continua a costruire un modello di fortezza europea, presentata ipocritamente come unica sede al mondo di diritti, valori e di uno “stile di vita” da difendere – come ha ricordato Ursula von der Leyen in una dichiarazione che sa tanto di eurocentrismo razzista e coloniale. Una fortezza quindi da difendere a ogni costo da “pericolose” ondate di migranti fuori controllo: criminalizzati e sfruttati sul lavoro, ma costretti a dirigersi verso il “nord del mondo” proprio dalle guerre e dalla devastazione ambientale portate avanti dalle politiche imperialiste di paesi come il nostro o la Francia di Macron. Anche qui, archiviato il razzista disumano Salvini, si può ricominciare con il razzismo dal volto umano di Macron, Pd e simili, sempre pronti a scatenare “guerre umanitarie” in nome del profitto e del controllo delle risorse: basti pensare alla tragedia della Libia dove si è scatenata la feroce concorrenza proprio tra Italia e Francia per il controllo dei pozzi petroliferi e delle riserve di gas.

La vicenda dei Gillet Jaunes ci fornisce una chiave di lettura che ci pare corretta delle iniziative del presidente francese, in prima battuta sul tema grazie al quale si è aggregato il movimento francese: l’aumento della tassazione della benzina che ha dato il via alla protesta che lo scorso anno ha infiammato la Francia. Presentata come misura green, ha colpito le classi più svantaggiate e gli abitanti delle periferie transalpine. Macron ha quindi tentato di far pagare alle fasce più deboli della popolazione l’estrattivismo selvaggio delle megaditte francesi come la Total. Quest’ultima per esempio possiede, insieme a Shell ed Exxon, i famigerati impianti petroliferi di “Tempa rossa” in Basilicata, dove, oltre alla devastazione selvaggia del territorio, sono stati denunciati anche gravi abusi sul lavoro.

Il governo francese ha represso duramente quel movimento che, pur con tante anime e tante contraddizioni, ha portato istanze di vera e propria rottura con il sistema economico e politico che oggi domina tutto il continente europeo. Nei mesi scorsi abbiamo letto decine e decine di veri e propri bollettini di guerra che parlavano di occhi e dita perse dai manifestanti continuamente attaccati dalla polizia francese con lacrimogeni, proiettili di gomma e flashballs.

La vocazione repressiva dei governi francesi, dobbiamo ricordarlo, si era manifestata già con il precedente presidente Hollande e il suo primo ministro Valls, che avevano approfittato delle leggi speciali, dovute allo stato di emergenza dichiarato in seguito agli attacchi terroristici di Daesh sul suolo francese, per reprimere i movimenti con una durezza inaudita. Questo schema è stato perpetuato anche dall’attuale inquilino dell’Eliseo: la Francia di oggi è un paese in cui la polizia ha un potere enorme. Basti pensare alla vicenda del giovane Steve Canico, assassinato dalla violenza poliziesca con l’unica colpa di essere presente a una festa, o ai manifestanti ambientalisti attaccati con spray urticante nonostante la vocazione non violenta di quella protesta, o ancora alla vicenda del giovane Theo torturato e sodomizzato con un manganello durante un controllo, “reo” di essere nero e di venire da un quartiere popolare.

Duramente represse sono state anche le proteste contro il recente G7 di Biarritz, dove i manifestanti accorsi nella parte occupata dalla Francia del Paese Basco si sono ritrovati di fronte un dispositivo poliziesco immenso messo in piedi per proteggere i potenti del mondo.

Proprio in quell’occasione si è manifestata l’ennesima ipocrisia del presidente francese e dell’establishment europeista che lo sostiene: si critica anche duramente il governo fascista di Bolsonaro in Brasile per questioni di opportunità, si stanziano fondi contro i roghi che hanno devastato l’amazzonia, ma si continua a perpetrare lo sfruttamento delle risorse naturali e dei popoli del mondo in un perfetto stile vetero imperialista e colonialista.

Macron, tristemente visto come argine al fascismo da parte della sinistra nostrana, rappresenta quindi tutto ciò contro cui ci scontriamo: gli interessi delle multinazionali e la repressione delle proteste e delle istanze popolari, il mantenimento dello status quo interno all’Ue e un continuo tentativo di greenwashing disgustoso ed ipocrita.

Per queste ragioni, vogliamo approcciare le prossime mobilitazioni ambientaliste ricordando lo slogan del movimento dei Gillet Jaunes che sentiamo a noi più vicino: “fine del mondo e fine del mese, stessa lotta!”

A Macron ricordiamo che nonostante continui a esportare devastazione e sfruttamento, nonostante la repressione e la violenza dei suoi flics e dei loro omologhi italiani, lo spettro della rivoluzione continua ad inseguirlo per tutta l’Europa.

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