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Roma. Se il nemico “marcia alla nostra testa”

Pensiamo davvero di poter ricostituire un movimento universitario conflittuale fiancheggiati dai nostri nemici?

La manifestazione che Venerdì 27 Settembre ha attraversato le strade del centro di Roma è stata davvero oceanica (rispetto ai numeri degli ultimi anni!): le nuove generazioni irrompono nella scena politica e riempono finalmente le piazze di tutto il mondo.

Ma l’euforia del momento e i numeri in piazza non devono farci perdere di vista gli obbiettivi e, di conseguenza, le alleanze sociali e politiche che mettiamo in campo per raggiungerli.

Dopo le dichiarazioni di Fioramonti e del Miur, un numero elevato di presidi delle scuole superiori e diversi rettori delle università pubbliche hanno recepito la circolare e permesso agli studenti di giustificare le loro assenze per la partecipazione alla manifestazione. Tra questi, anche il rettore della Sapienza Gaudio, lo stesso che in 5 anni, seguendo l’esempio dei suoi predecessori, ha reso il nostro ateneo un luogo asettico e asservito a logiche aziendalistiche, dove la repressione del dissenso è la regola.

Ci stupiscono quindi i tanti comunicati dove si canta vittoria rispetto alla decisione della Sapienza di “prendere parte” alla manifestazione, trascurando le tante collaborazioni della stessa con le multinazionali che stiamo aspramente combattendo, nonché il suo ruolo strategico nella costruzione del consenso al sistema capitalistico da parte delle nuove generazioni.

Da tempo abbiamo infatti intrapreso, come Noi Restiamo, un percorso di analisi sulla funzione che la formazione universitaria, il mondo dell’alta formazione e la ricerca ricoprono all’interno del sistema economico dominante e in particolare oggi per il blocco di interessi rappresentato dall’Unione Europea in un quadro di aspra competizione globale. Aspra per chi la subisce, tra cui noi giovani, intesi come le generazioni nate e cresciute nella crisi.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una maestosa opera di normalizzazione del pensiero sulle nuove generazioni che hanno accettato la precarietà scambiandola per libertà di scelta, l’imposizione di un individualismo sfrenato come possibilità e occasioni di vita e un modello produttivo estrattivista che devasta ambiente e territori come efficienza produttiva.

In barba alla tanto decantata neutralità della scienza, le scuole e le università, così come i centri di ricerca e sviluppo hanno ricoperto una funzione strategica per la ricerca di consenso da parte degli interessi dominanti, di chi ci governa insomma.

Ricerca del consenso che, dagli anni 90 in poi, ha accompagnato tutta la fase di “controrivoluzione” che ha visto piegare i diritti sociali in nome del profitto e del privato.

La completa sinergia tra filiera formativa e quella produttiva è quindi il contesto in cui ci troviamo ad agire quando proviamo a costruire conflitto all’interno del mondo universitario: il privato, detto in parole povere, oggi finanzia economicamente e orienta ideologicamente la nostra formazione. Il tutto reso possibile da governi di centrodestra e centrosinistra, da una classe di intellettuali e professori incapaci di leggere le tendenze e complici del processo di aziendalizzazione del mondo della formazione.

In questa cornice vanno anche analizzate le recenti dichiarazioni del Miur e, di conseguenza, dei presìdi e dei rettori riguardo le manifestazioni ambientaliste. Siamo davvero convinti che oggi questo mondo della formazione sia nostro alleato nella lotta contro la devastazione ambientale? Pensiamo realmente che il Ministero dell’Istruzione, che tra l’altro finanzia Eni e altre grandi multinazionali devastatrici come “campioni dell’alternanza”, possa essere un nostro compagno di strada? L’università per come si configura oggi e per il suo ruolo può davvero permetterci un avanzamento rispetto alle nostre richieste ecologiste?

Da anni i movimenti sociali affrontano la crisi ambientale, spesso agendo su grandi contraddizioni locali come la lotta del popolo No Tav, No Tap e contro l’Ilva e da anni questi vengono repressi duramente e considerati “terroristi”. Le manifestazioni ambientaliste del Friday for Future hanno sicuramente il merito di aver portato al centro del dibattito politico il tema ambientale, permettendo a migliaia di giovani di prendere parola ma il capitalismo è abile nel manovrare queste “emergenze”, addomesticandole e rendendole innocue.

Il tentativo della controparte è chiaro: risolvere il problema ambientale con la Green Economy, ovvero facendo pagare la riconversione ecologica alle classi popolari e alla parte del mondo che per anni ha subìto la devastazione.

Per riuscire nell’intento utilizzeranno ogni strumento mediatico ma soprattutto faranno uso del mondo della formazione, facendo leva nuovamente sul comparto studentesco per indirizzarci ideologicamente e neutralizzare le potenzialità del neo-nato movimento ambientalista (con tutte le sue contraddizioni interne).

La lotta ecologista è di fondamentale importanza, la devastazione ambientale prodotta dal capitalismo è una delle contraddizioni su cui non possiamo non intervenire ma dobbiamo essere vigili. Non possiamo non riconoscere il nemico che marcia alla nostra testa. Il governo, l’Unione Europea, i baroni universitari e il loro mondo marcio della formazione, i sindacati gialli e tutte le forze politiche oggi tinte di verde erano e rimangono nostri nemici.

* La foto è di Patrizia Cortellessa

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