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Le guerre continuano, e la compagnia Bahri continua a rifornirle

Negli ultimi mesi un po’ di sabbia è stata buttata negli ingranaggi del traffico bellico, a Le Havre, a Genova, a Marsiglia.

Nel frattempo il Parlamento italiano ha votato una mozione con cui si impegna a far rispettare “rigorosamente” la legge italiana che vieta il commercio e il transito (sì, anche il transito) di armamenti a paesi in guerra, con particolare riferimento ad Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, impegnati nel conflitto in Yemen (peraltro, in un’alleanza con altri paesi, come Pakistan e Giordania).

Noi abbiamo già detto che le distinzioni lessicali tra “guerra” e “missioni (militari) umanitarie” ci interessano poco: siamo persone semplici e pensiamo che un carro armato o un cannone, servano sempre allo stesso fine, indipendentemente dalla cornice giuridica internazionale in cui si inseriscono.

Ma questa legge, la 185, c’è! Immaginiamo quindi che l’Autorità di sistema portuale, la Capitaneria di porto e il Prefetto si siano già premurate di verificare che la Bahri Jeddah, prevista in arrivo a Genova l’11 luglio, non abbia a bordo armamenti “destinati a paesi in guerra”, magari imbarcati a Wilmington, Nord Carolina, e destinati a Jeddah, Arabia Saudita, quindi a tutti gli effetti armi in “transito”.

O no?

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