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Milano. Porti aperti, salvare vite non è reato. Presidio permanente vicino al Duomo

Tutto è iniziato lo scorso giovedì 4 luglio. Durante la marcia per i nuovi desaparecidos,  che dal 2015 Milano Senza Frontiere organizza in Piazza della Scala per denunciare le migliaia di corpi scomparsi nel cimitero Mediterraneo,  arriva la notizia di cinquantaquattro naufraghi, stretti su un gommone in pessime condizioni nel mare della Sar libica, salvati e caricati a bordo della barca a vela Alex della ong italiana Mediterranea. Tra loro 11 donne, di cui tre incinte e una in gravi condizioni, bambini in fasce, uomini e ragazzi bisognosi di cure mediche immediate.

Memori di quanto accaduto alla Sea Watch tre e al prezzo che Carola Rackete ha pagato per aver  sfidato il blocco governativo al fine di salvare vite umane e portarle in un porto sicuro, i partecipanti alla marcia hanno deciso di riconvocare un presidio  per il giorno dopo, venerdi 5 luglio alle ore 19 in piazza Mercanti. A due passi dal Duomo. 

Rispondono alla chiamata di piazza reti femministe, antirazziste,  antifasciste, collettivi studenteschi, semplic* cittadin*.

Quasi subito ci  si sposta in Assemblea in Duomo e si decide di passare la notte sul sagrato e ideare una risposta politica all’altezza dell’attacco alla solidarietà che oggi col Decreto Sicurezza bis si fa norma: un presidio permanente tutti i giorni e fino alla metà di agosto dalle 19.30 alle 21.30, sempre in Piazza Mercanti. 

Un equipaggio di terra che vuole lanciare un ponte ideale con chi salva vite umane e subisce repressione, multe, sequestri, confische, campagne di fango che spaziano dal sessismo alla becera disumanità.

Parlando alla città e ai suoi turisti, illustrando le ragioni del diritto internazionale e il concetto di porto sicuro, smontando la retorica della criminalizzazione del binomio migranti-sicurezza.

Raccontando cosa accade in Libia, agitata come clava alternativa dagli specialisti della comunicazione governativa che evidentemente non hanno tempo e modo né di leggere le Convenzioni Internazionali (Amburgo 1979 ) né tantomeno i rapporti delle Nazioni Unite ove si parla di lager, detenzione illegale, schiavitù, ricatti economici, stupri o in Tunisia, che non ha una legislazione completa sulla protezione internazionale.

Un presidio che alterna il linguaggio del diritto al farsi festa popolare con le jam session musicali, i laboratori di scrittura tutti giù per terra coi gessetti, la pergamena di arte di strada e ridisegna la morfologia della città perfetta con decine di barche di carta d’inciampo.

Un’intersezione di lotte che iniziano a parlarsi tra loro e che insieme mettono al centro la  condizione dei migranti come laboratorio  funzionale a precarietà, sfruttamento e smantellamento delle garanzie e dei diritti, come arma di distrazione di massa per distogliere l’opinione pubblica dai reali responsabili delle condizioni materiali ed economiche, cortina di fumo negli occhi per creare delle zone di senza diritto in cui sono legittimate deroghe alle libertà e ai diritti fondamentali e repressione.

Che denuncia l’iperbole crescente in virtù della quale  oggi l’equazione migranti / sicurezza arriva alla sua punta massima: l’attacco diretto alla solidarietà e  al dissenso  contenuti nel Decreto Sicurezza bis e il ribaltamento del diritto internazionale e   costituzionale finalizzato al tentativo  di spezzare i legami sociali che si sono prodotti sul terreno della solidarietà attiva e dell’opposizione sociale.

Lo spostamento  delle frontiere del mare e dei confini geografici  al cuore delle città dove si costruiscono i CPR, le prigioni di Stato della nuova Era dove si realizza la detenzione amministrativa senza colpa penale e si muore abbandonati.

Un presidio che ripudia le leggi liberticide e disumane del XXI Secolo, quelle che hanno trasformato lo Stato sociale in stato penale grazie alla fabbrica permanente della paura e dell’odio sociale razziale.

Un laboratorio di incontro con la città per dire basta alla guerra ai poveri, che salvare vite in mare è un dovere che risponde a precisi obblighi umanitari e non può e non dovrà mai essere considerato un crimine, che chiudere le frontiere significa  consegnare le vite di chi si muove alla morte, alla violenza sessuale, allo sfruttamento, alla schiavitù, alla tortura.

Un equipaggio di terra  che attiva il potere trasformativo del coraggio collettivo e della solidarietà sulla paura imposta e vuole mettere in pratica la disubbidienza alla disumanità fatta sistema di Stato.

Quest’anno la lotta non va in vacanza a Milano e ha tutte le intenzioni di reiventare  una politica delle emozioni in grado di scippare alla destra le narrazioni tossiche su cui si fondano bottini elettorali e manipolazioni di bassa lega che hanno trasformato un popolo di emigranti e colonizzatori in un mostro senza memoria.

Basta morti in mare, nessuna persona è illegale.

Qui il link al presidio https://www.facebook.com/

Qui il link al presidio contro il Decreto Sicurezza Bis lunedi 15 luglio https://www.facebook.com/

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