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Varese. La deriva fascista del PD

A 74 anni dalla vittoria delle potenze alleate sul nazifascismo il Parlamento Europeo ha approvato con i voti di PD-Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia e l’astensione pilatesca del M5S, una mozione che equipara il Comunismo al nazismo.

Il vero scopo è arrivare a mettere al bando ogni opzione politica basata sulla lotta di classe fra Capitale e Lavoro.

Si vuole sancire l’intangibilità giuridica della “libertà d’impresa”, del liberismo e della libera circolazione dei capitali e si vuole deliberatamente agire contro ogni forma di programmazione economica pubblica, nazionalizzazione o esproprio che tuteli l’interesse collettivo, sovvertendo così quanto previsto dalla Costituzione.

I parlamentari del PD hanno votato la mozione, compreso Il sig. Giuliano Pisapia. Si dice sia di sinistra. Si sappia che, in quanto eurodeputato, ha votato assieme al suo gruppo socialista democratico e alle destre, lega compresa, la condanna dei simboli comunisti e la rimozione dei monumenti sovietici in est Europa, con tanto di equiparazione al nazifascismo.

La sua storia però lascia alquanto perplessi, quasi sia affetto da bipolarismo politico. Infatti, dal 1996 al 2001 è stato deputato indipendente per Rifondazione comunista (comunque sotto Falce e martello).

Nel 2011 è divenuto sindaco di Milano con aiuto importante di Rifondazione e Comunisti Italiani alle primarie di centrosinistra.

Poi ha deciso di mettere nel Famedio il fascista Servello, accanto alla Medaglia d’Oro Giovanni Pesce, continuando a dichiararsi antifascista (ipoteticamente per convenzione, a questo punto).

Tuttavia, l’esempio dell’ex “compagno” Pisapia, non ci stupisce affatto. Egli infatti è il classico esempio di ciò che sta accadendo ed è accaduto, nella costante deriva destrorsa del PD.

Il PD, il Partito che da molti è considerato erroneamente l’erede del PCI storico ha infamato la memoria delle migliaia di comunisti che nel Ventennio patirono carcere, confino e morirono combattendo per la libertà di Spagna e Italia, portando nel cuore il sogno di una società socialista e un’ammirazione sconfinata verso l’URSS.

Dovremmo dunque chiedere o aspettarci dai parlamentari e dai dirigenti del PD di compiere un atto di onestà politica?

La domanda è chiaramente retorica e velata di un cinismo che non ci apparterrebbe, ma pretendere coerenza storica e una netta dissociazione dal voto favorevole ad una mozione faziosa e liberticida, che arriva a citare senza giudicarlo negativamente il divieto della simbologia comunista in alcuni Paesi membri della UE, sarebbe come pretendere dal PD di allontanarsi da un sistema neo-liberale in cui ormai si sono abituati a sguazzare, sfuggendo dall’incancrenito sistema che li vede difensori delle libertà a livello formale e sostenitori di personaggi che definire fascisti sarebbe eufemistico (la questione dell’Ucraina, la conosciamo tutti).

Riteniamo altresì imprescindibile che un’organizzazione sindacale come la CGIL esprima una netta condanna di una mozione che infanga la sua storia, il nome di Giuseppe Di Vittorio e dei milioni di comunisti che l’hanno costruita e difesa dagli attacchi padronali e governativi.

La dura presa di posizione dell’ANPI dovrebbe essere fatta propria da tutti i democratici e concretizzata in iniziative contro il revisionismo storico e per l’agibilità politica di tutte le culture e organizzazioni antifasciste.

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