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I candidati di Eurostop a Torino: al lavoro per Potere al Popolo

Nel continuo ed incessante succedersi di iniziative elettorali, abbiamo pensato che incontrare i tre candidati che a Torino fanno riferimento all’area politica di Eurostop come soggetto promotore, dentro Potere al Popolo, di determinate esigenze politiche, teoriche e sindacali, potesse permettere di non perdere di vista il senso dell’operazione complessiva. Valeria Attolico, Massimo Gabella e Rosalba Scinardo sono tre giovani candidati, la prima attivista sindacale e lavoratrice museale, il secondo precario della ricerca e militante politico, la terza insegnante negli istituti professionali e da tempo impegnata nel sociale.

La prima domanda che abbiamo posto riguarda Eurostop. Quali elementi di questa piattaforma possono dare qualità al progetto di Potere al Popolo?

M.G.

Eurostop è una piattaforma di organizzazioni politiche e sindacali e a cui hanno aderito molti altri militanti, studiosi, intellettuali, che negli ultimi due anni e mezzo ha posto chiaramente la questione della rottura dell’Unione Europea, dell’euro e della Nato. Questi sono considerati i punti programmatici di fondo indispensabili per poter articolare un progetto di organizzazione popolare e di classe che riporti al centro gli interessi, i bisogni, le condizioni di vita di tutti coloro che sono schiacciati dalla crisi, dalla precarietà, dalla disoccupazione, dal problema abitativo, dallo smantellamento del welfare, dalle guerre che continuano a causare l’esodo forzato di decine di migliaia di migranti. Particolarmente centrale è la questione dell’Unione Europea. Troppo a lungo a sinistra si è sovrapposta un’immagine idealizzata (l’Europa dei popoli) a ciò che invece si andava costituendo nella realtà come un soggetto politico sovranazionale unicamente interessato ad assicurarsi la competitività a livello globale, e a questo fine sono rivolti i Trattati su cui è fondato il sistema di vincoli di bilancio (che con la modifica dell’art. 81 abbiamo direttamente in Costituzione) che impediscono qualunque politica pubblica che possa affrontare i problemi elencati prima. L’Unione Europea rappresenta una sorta di “pilota automatico” delle riforme strutturali designate unicamente per favorire le grandi imprese e la finanza, a spese delle popolazioni, in particolare di quelle delle aree di vecchia e nuova “periferia” tra le quali rientra anche l’Italia. Fare penetrare questa consapevolezza dentro PAP è uno dei nostri principali obiettivi politici.

R.S.

La sinistra è stata prigioniera dell’equivoco di cui parlava Massimo per anni e ha perso anche per questo motivo, oltre che per la reiterazione di una simbologia e di un identitarismo sempre meno efficaci, qualunque legame con le proprie classi di riferimento. La parte più avanzata di PAP questa cosa l’ha capita. È tempo di costruire un progetto indipendente, che faccia dell’indipendenza dalle forze legate al PD che hanno in questi anni portato avanti con più ferocia l’attacco alle classi lavoratrici e della proposta di rottura della UE i propri punti centrali. Eurostop nasce con questo obiettivo e ha deciso di sostenere Potere al Popolo perché questo progetto appare un tentativo importante di ricostruzione in questo senso. Misurarsi con le elezioni è inoltre una grande opportunità perché le classi dominanti vivono una profonda crisi di egemonia, non riescono più a mantenere il consenso della popolazione vessata dal continuo peggioramento delle proprie condizioni di vita e che, pur non proponendo per ora una ripresa generalizzata del conflitto sociale, tuttavia esprime chiaramente il proprio malcontento sul piano elettorale ogni volta che è chiamata ad esprimersi. Potere al Popolo ha l’ambizione di rappresentare questi interessi, essendo espressione delle lotte sociali e sui territori e portando avanti una chiara prospettiva di rottura rispetto al quadro politico dato; dobbiamo saper canalizzare il malcontento generalizzato e indistinto verso la consapevolezza che è solo la lotta collettiva che può cambiare le cose.

V.A.

Un altro aspetto su cui Eurostop può dare un contributo utile riguarda l’analisi sociale e il modello sindacale. Le aree metropolitane sono oggi probabilmente i luoghi più interessanti dal punto di vista della ricostruzione di una prospettiva di trasformazione sociale, perché è in particolare lì che si concentrano le contraddizioni dell’attuale modello di sviluppo, e in particolare nelle periferie e nei quartieri popolari. È in queste aree che vivono milioni di persone prive di lavoro o di un lavoro stabile e dignitoso, sotto emergenza abitativa, alle prese con un welfare pubblico che sta diventando “dei miserabili”, mentre chi ha la possibilità è ormai costretto a rivolgersi al privato. Torino è esempio chiaro di questa tendenza: i progetti di rinnovamento post-industriale della città hanno tentato di trasformarne l’immagine, di farne un centro di cultura e turismo, ma queste soluzioni hanno dimostrato di non essere in grado di fornire prospettive di vita decenti ad ampissime fasce di popolazione. I tassi di disoccupazione e precarietà sono tra i più alti del NordItalia, come pure i dati sugli sfratti e i tassi di emigrazione all’estero, soprattutto dei giovani, sia con un alto che con un basso livello di qualificazione. Serve oltre che un soggetto sindacale articolato e moderno (penso a USB e alla sua Federazione del Sociale) anche un soggetto politico che di questo mondo possa essere rappresentanza politica, non per forza immediatamente elettorale. Anche per questo dobbiamo leggere in maniera non elettoralistica i dati che verranno fuori dalle urne del 4 marzo.

Come si declina la prospettiva nostra sulla città?

V.A.

Mi riaggancio a quanto stavo dicendo rispondendo alla precedente domanda. La nostra è la città della Fiat, emblema dello “smantellamento” sia industriale che dei diritti dei lavoratori, esempio di gestione capitalista tra le più aggressive. È la città dove si rilanciano il turismo e la cultura, ma ai lavoratori di questo settore si riservano stipendi da fame, precarietà e tagli. È la città degli appalti in tutti i settori (musei, scuole, ospedali, logistica, supermercati, ecc…) dove sono in atto decine di vertenze perché i lavoratori non prendono lo stipendio da mesi. È la città degli sfratti e dell’emergenza abitativa, dove però pezzi di edilizia popolare vengono venduti a ricchi palazzinari; è la città delle periferie abbandonate, in cui stanno prendendo piede le destre…ci sarebbe un elenco infinito da fare!

Abbiamo visto come il cambio da amministrazione Pd a M5s non abbia portato nessun vero cambiamento, ma una sostanziale continuità.

La nostra è la prospettiva di chi subisce, di chi soffre, di chi ha sempre meno, e noi scegliamo di lottare, lo facciamo già da anni, coi sindacati di base, i movimenti, i comitati, le associazioni… continueremo a farlo, rivendicando i valori dell’anticapitalismo, dell’antiliberismo e dell’antifascismo – come abbiamo fatto in piazza fino a pochissimi giorni fa – , in difesa dei diritti, del lavoro e della dignità.

Ora l’ambizione è di unire le singole realtà, per costruire una forza politica che agisca su un piano più generale e più alto, per andare a riprenderci il potere, invece che continuare a subirlo e basta.

M.G: Un’altra forte contraddizione del nostro paese e di Torino è proprio quella di noi giovani, ormai abituati a passare da un lavoretto all’altro, senza mai giungere a un po’ di stabilità e senza vedere possibilità tangibili di miglioramenti futuri. A molti di noi logicamente l’emigrazione è presentata come l’unica soluzione, tanto più che essa viene incoraggiata in tutti i modi dai media e dal sistema politico. Il tasso di NEET, ovvero i giovani che non studiano, non lavorano né frequentano percorsi di formazione, è a Torino tra i più alti del Nord Italia. Noi crediamo fondamentale che alla visione individualistica che ci viene propinata si sostituisca la lotta collettiva come strumento fondamentale, unitamente alla necessaria organizzazione stabile e radicata, per difendere e conquistare i nostri diritti. Nessuno ci regalerà nulla: troppo dura è la competizione globale per sperare che il lavoro cessi di essere precario o la sanità di essere tagliata senza lottare. L’Unione Europea sta continuando a rafforzarsi e la costruzione dell’esercito europeo ne è la prova, fatto che continuerà ad aumentare quella pericolosissima tendenza globale alla guerra che ha già mostrato i propri effetti nella storia.

R.S.: Per continuare il discorso di Massimo sulla città di Torino, potrei parlare lungamente delle situazioni che vediamo nelle scuole, dove il degrado delle condizioni economiche e sociali si ripercuote chiaramente sui ragazzi. Per questo con i compagni di USB Scuola, i giovani di Noi restiamo, la campagna Bastalternanza cerchiamo da tempo di ragionare sulla condizione giovanile e di verificarla sulle condizioni di una città, Torino, che ha le caratteristiche che Valeria e Massimo descrivevano. Una delle caratteritiche che deve caratterizzare PAP è proprio questa. Non la territorialità in sé, che è stato uno dei mantra della sinistra a km0, ma la capacità di declinare analisi generale nel quadro specifico nel quale ci si trova ad operare.

Che iniziative avete in mente e a chi pensate di parlare?

V.A. Le iniziative messe in piedi sono state e sono tante e il più possibile diffuse sul territorio: dal centro alle periferie, dall’Università ai mercati, dalle piazze ai luoghi di lavoro. Faremo banchetti, volantinaggi, feste di autofinanziamento, assemblee di presentazione dei candidati e del programma e iniziative sui grossi temi (lavoro, scuola, UE, immigrazione, grandi opere, ecc…) Abbiamo anche un gruppo molto creativo di attori di strada che ci accompagnano con le loro performance!

Ci rivolgiamo a tutti coloro che condividono i nostri valori e il nostro programma, a chi è già impegnato in realtà di lotta sul territorio (sindacale, sociale, ambientale…) e vuole una rappresentanza politica. Ai disoccupati, ai precari, ai lavoratori, ai pensionati, vittime di questo sistema, sfruttati e discriminati; a chi non si sente più rappresentato da nessun partito o non va più a votare perché “tanto non cambia nulla”…

Per dire loro che noi ci siamo, che ci siamo imbarcati in questo progetto perché siamo stanchi di come vanno le cose e vogliamo cambiarle dal basso, democraticamente e per il bene di tutte/i. Siamo tutti popolo e sappiamo noi di cosa abbiamo bisogno, e ce lo andiamo a riprendere questo potere, che deve essere del popolo!

M.G. In questi ultimi giorni di campagna proveremo stiamo provando a verificare, ancora di più di quanto sia stato già fatto, se i settori sociali che abbiamo individuato nelle nostre analisi, sono reattivi rispetto alle parole d’ordine di Eurostop. Dobbiamo essere bravi a declinare le nostre idee sulla rottura necessaria della Ue in un linguaggio chiaro, immediato ed accessibile. Per noi queste elezioni sono anche una palestra; per noi è una cosa veramente sentita e non certo una frase di circostanza dire che la misura reale di questa esperienza non può aversi il 4 marzo. Questa è una tappa importante ma non certo definitiva.

R.S. Proveremo a spingere ancora di più nelle scuole, nei luoghi di lavoro, tra la gente di cui a volte abbiamo una immagine preconcetta e che in fondo è molto più disponibile di quanto pensiamo per lo meno a discutere. Se il “popolo” non ci capisce vuol dire che non abbiamo ancora trovato il volgare dei nostri tempi. Il lavoro sul linguaggio è una parte non certo secondaria del nostro percorso. “Dov’era il No faremo il Sì”, il verso di Franco Fortini sull’aria dell’Internazionale, scelto per chiudere gli spot di PAP, deve diventare un principio ispiratore. Per farlo serve a nostro avviso dare gambe ai punti programmatici che Eurostop ha individuato. Dopo il 4 faremo un primo bilancio di questo percorso.

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