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Catania. Forte partecipazione al convegno “La Sicilia fa la guerra”

Si è svolta mercoledì 12 giugno, presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, la conferenza “La Sicilia fa la guerra- conflitti, immigrazione e devastazioni ambientali”, organizzata dal Movimento No Muos. In un’aula gremita, ha aperto i lavori Giorgia Italia, del Movimento No Muos: “Guerra, immigrazione ambiente: abbiamo voluto mettere insieme tre argomenti che oggi, a nostro avviso, devono stare insieme e non possono essere oggetto di riflessioni e interventi separati, benché ognuno abbia una propria specificità.

Il ragionamento che con questo convegno vogliamo iniziare (o riprendere) per esporlo a un pubblico di militanti e attivisti il più ampio possibile non si pone quello di proporre delle risposte astratte che in linea di principio sono assolutamente condivisibili: la pace, il rispetto della natura, il rispetto della dignità umana, l’abolizione delle frontiere.

Oggi proclamare questi valori in modo separato non basta più. Non si può volere il rispetto della dignità umana senza volere la fine della guerra e, soprattutto delle cause che portano alla guerra, di cui pare si sia persa la coscienza al livello di senso comune. Non si può volere la salvaguardia dell’ambiente senza andare alla radice dello stesso sistema economico che produce devastazione ambientale, guerre e immigrazioni.

Spesso ci si occupa di questi argomenti dal punto di vista particolare del proprio specifico intervento.
È proprio questo “particolarismo” dell’attivismo una delle cause della debolezza di ogni intervento. Si lavora nel “proprio piccolo”, come spesso si dice: ecco, questa parcellizzazione dell’attività, che spesso è rinchiusa entro l’ambigua sfera del volontariato, è diventata un ostacolo serio a ogni reale intervento che intenda modificare alla radice i problemi, o il problema.

Tuttavia, la parcellizzazione non è un risultato accidentale, ma è una pratica pensata e impostasi. La parcellizzazione pone ai campi d’intervento dei limiti di “competenza” che non possono essere valicati, il che depotenzia ogni azione (sia essa vissuta in senso politico-militante, sia in senso attivista o da volontariato).

Separare i problemi in sfere autonome in realtà è una pratica raffinata che ci lascia disarmati nel campo del compatibilismo socialdemocratico.

Le elezioni europee, infatti, hanno fatto emergere due tendenze: la prima è l’affermazione di forze politiche dette “verdi”; la seconda è la tendenza a “destra”. Questo è avvenuto perché si sono imposti all’attenzione dell’opinione pubblica i “temi” dell’ambiente e dell’emigrazione. Il tema dell’ambiente sembra essere la nuova bandiera della socialdemocrazia europea, quella dell’immigrazione delle destra cosiddetta sovranista.

È di questi giorni il dibattito sulla necessità per i partiti di sinistra di avere delle risposte credibili sull’immigrazione. Ma a cosa porta questo modi di ragionare? A noi sembra che riconduca tutto, ancora una volta, nell’alveo del compatibilismo con l’ordine economico, sociale, politico e giuridico che regole le nostre vite. Basta aprire “Il sole 24 ore” per rendersi conto di ciò, dove si trovano articoli in cui si pone il problema ambientale (tassare le compagnie petrolifere, sovvenzionare le ricerche energetiche alternative, ecc.) e in cui i protagonisti delle proposte non sono gli attivisti o i militanti, ma le grande compagnie finanziarie. Se l’ambiente è un problema specifico, allora basterà un intervento “tecnico”. Ma guai a dire che il problema non sia tecnico, ma politico.

Ora, se non vogliamo essere vittime della stessa metodologia e della linea di pensiero che struttura questa modalità compatibilista, occorre provare sul piano dell’analisi e, di conseguenza, su quello dell’intervento a ricomporre i problemi, a riannodarli, a ricostruire i nessi, gli anelli, che tengono insieme le questioni che oggi noi stiamo affrontando in questo convegno.

Occorre fare ciò per rintracciare i limiti anche degli stessi strumenti politici e giuridici a disposizione: possiamo, ad esempio, parlare dell’Europa fortezza, che alza muri invisibili ma invalicabili contro i migranti, senza rimettere in discussione la natura politica di questa fortezza?

Possiamo volere la fine della guerra, senza volere lo smantellamento della NATO o della stessa Unione europea che marcia spedita verso l’aumento delle spese militari e la creazione di eserciti europei?

Possiamo volere la salvaguardia dell’ambiente, senza mettere in discussione l’economia di guerra che oggi, come ieri, consente al capitalismo in crisi di riattivare margini di profitto che da un secolo a questa parte continuano a calare?

Possiamo occuparci di guerra, di immigrazione, di ambiente senza vedere gli scenari di guerra economica tra le potenze mondiali?

Se tutto quanto abbiamo detto ha un senso, e noi crediamo di sì, allora le ragioni di questo convegno sono animate da questo spirito ricompositivo dei nessi politici tra le questioni e tra le ragioni delle singole lotte che ogni giorno portiamo avanti “nel nostro piccolo”.

Se i problemi sono globali (nel senso di “mondiale” ma anche “complessivo”), non possiamo dunque rispondere con il “particolarismo”.

A Giorgia​ hanno fatto seguito l’introduzione di Gianni Piazza – docente di sociologia dei fenomeni politici dell’Università di Catania – e gli interventi di Giovanni Strazzulla, astrofisico, astrobiologico, che ha trattato il tema del riscaldamento globale; di Antonio Mazzeo ,​ giornalista e peace researcher, che ha illustrato il ruolo della Sicilia nello scenario di guerra globale; di Fulvio Vassallo, giurista, esperto di diritto all’asilo presso l’università di Palermo, che ha parlato dell’emergenza democratica in Italia, esaminando il decreto bis Salvini; di Gennaro Avallone, collegato via Skype, docente di sociologia dell’ambiente presso l’università di Salerno, che ha affrontato il tema dell’emigrazione; di Francesco Iannuzzelli – attivista peacelink, che ha indicato varie tipologie di fare informazione.

Dopo i relatori, dal pubblico presente, gli interventi, fra gli altri, di Ruggero Caruso, del Fronte della Gioventù Conunista, di Orazio Vasta, della Federazione del Sociale USB Catania, e di Sesto Sgembri, del PMLI:
– Ruggero Caruso ha sottolineato la necessità che l’università metta i suoi spazi a disposizione del Sociale, spazi – ha denunciato- che sono stati negati al Fronte della Gioventù Comunista.
– Orazio Vasta ha attenzionato la battaglia in corso a cura del Comitato per l’aeroporto di Catania e di Comiso per impedirne la privatizzazione totale. Inoltre, il sindacalista dell’USB,​ ha evidenziato le gravissime ricadute negative che ha la base di Sigonella sul traffico viario e sulla sicurezza dell’aeroporto civile di Fontanarossa Catania.

– Sesto Sgembri ha analizzato il connubio guerra-sfruttamento capitalista, ricordando che l’UE è parte integrale in tale connubio.

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