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Verona. Se tutto questo vi sembra normale…

Lo ha scritto veramente. In questi giorni Verona è protagonista dell’ennesima nefanda vicenda di censura pubblica. Negli scorsi anni pensavamo che l’amministrazione Tosi fosse la barbarie, ma da quando Federico Sboarina è diventato sindaco abbiamo scoperto che arrivati in fondo ad un pozzo, si può sempre usare un cucchiaio e scavare più in profondità.

La settimana scorsa il Consiglio Comunale di Verona ha approvato all’unanimità, con solo due consiglieri che sono usciti dall’aula, una mozione a firma dello stesso Bacciga che impegna il consiglio a IMPEDIRE eventi che minimizzano, giustificano o negano le foibe.

Cosa significa? Significa contravvenire alla stessa legge che ha istituito il giorno del ricordo, la quale affermava che si sarebbero dovute approfondire “le più complesse vicende del confine orientale”. I primi a minimizzare le foibe sono proprio loro, che le fanno diventare una questione etnica (quindi dimenticando serbi, croati, sloveni..) e che decontestualizzano quegli eventi persino dal secondo conflitto mondiale.

Quello che è ancor più grave è il suffragio ottenuto da quasi tutto il consiglio: Partito Democratico, Verona Civica e Movimento 5 Stelle compresi. Negli scorsi giorni tutte le società degli storici e delle storiche hanno fatto un comunicato congiunto dicendosi preoccupati della “tendenza a legiferare sul passato”.

Questa mozione è un vero e proprio atto di censura. Come fu la censura al Tocatì dei primi mesi di amministrazione Sboarina, in cui fu impedito alla Fondazione San Zeno di predisporre una iniziativa contro le discriminazioni di gay, lesbiche, trans etc; come fu censura il bloccare e solo dopo posticipare il convegno su migranti e identità di genere in Università, su pressioni di Forza Nuova; come è censura oggi impedire una sala pubblica a tre organizzazioni politiche nazionali per una serata che approfondisca “le più complesse vicende del confine orientale”, parlando anche della seconda guerra mondiale, della guerra al nazifascismo, dei campi di concentramento italiani per civili, della resistenza.

In tutto questo è amareggiante ascoltare il silenzio assordante delle organizzazioni a cui abbiamo lanciato un appello per la libertà di espressione, a quelle associazioni che dovrebbero essere garanti, per la loro storia (ormai forse davvero tanto remota) di difesa della democrazia e dei diritti civili. Ed è disgustoso sentirsi paragonare, da uno di queste, ai fascisti: a quelli che a Verona hanno ucciso Nicola Tommasoli, a quelli che se vai a sentire un loro convegno e non sei dei loro, ti minacciano, ti spintonano, a quelli che se ti trovano da solo per strada e ti riconoscono, ti inseguono.

Questa è l’infamia più grande.

La democrazia sta morendo davvero, non siamo davanti ad un gioco. La fase politica che stiamo attraversando è nuova, inedita e seppur la storia non si ripeta se non come farsa, la farsa di oggi è terribilmente reale. La democrazia sta morendo e la colpa non è dei nipoti dei fascisti, ma di chi sceglie di assecondarli, di stare zitto per convenienza di giardino, di chi ha paura di esporsi, di chi ha espunto il conflitto dal suo orizzonte politico credendo di poter essere legittimato nell’alveo delle transazioni che ci hanno portato a questa barbarie, ma così facendo ha solo legittimato la barbarie.

«“Disintegratevi”, dice in sostanza il potere, “e noi saremo pronti a integrarvi nella nostra società”. Violenza fredda della tolleranza, che non tollera se non ciò che le è congenere. La tolleranza è stata ed è attributo dei padroni». (M. Benasayag-A. Del Rey, Elogio del conflitto).

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