L’omicidio di George Floyd e la riaffermazione del movimento Black Lives Matter hanno scatenato un’ondata di proteste globali per dire basta, una volta e per tutte, alle discriminazioni razziali e all’abuso di potere delle forze dell’ordine.
Il BLM sembra sia riuscito a riportare al centro del dibattito pubblico tali tematiche che, storicamente, soprattutto negli USA, sono state fonte di conflitto e tensioni sociali. La lotta per l’emancipazione della comunità non solo afroamericana, ma anche ispanica, ha infatti origini molto lontane.
Già dalle rivolte di Watts, quella più recente di Los Angeles e la partecipazione delle comunità ispaniche, è emersa, oltre al problema razziale, la questione delle accentuate contraddizioni di sfruttamento e subalternità che le comunità di origine migrante vivono negli Usa.
Non è un caso che nel movimento BLM, oltre alla comunità afroamericana e ispanica, si siano unite tante altre persone che, aldilà della loro appartenenza razziale, in questo momento periodo di crisi-Covid stanno vedendo un rapido peggioramento delle loro condizioni materiali a causa della crisi cui il capitalismo e i suoi apparati sono stati esposti con un’accelerazione sostanziale durante la pandemia.
Le sommosse e le mobilitazioni nel mondo e nei paesi imperialisti non si limitano nei loro confini, anzi molto spesso attraversano i problemi comuni delle classi subalterne di altri paesi e creano una massa critica solida.
In Italia ad esempio con i decreti sicurezza, le migliaia di persone irregolari chiamate a lavorare nei campi e non solo, vedono peggiorare le loro condizioni umane e lavorative, diventando la parte più debole del Sistema-Paese. È il caso di Soumayla Sacko, Mohamed Ben Ali, Ibrahima Kalil Souare che, tra i tanti, hanno pagato con la vita un lavoro mal pagato e dalle condizioni inumane.
Di questo discuteremo con Silvia Baraldini, attivista italiana negli Usa del Black Panther Party prima e del Black Liberation Army poi, precisamente nell’organizzazione comunista “Organizzazione 19 Maggio”. Martedì 7 luglio, nei locali della Galleria Principe di Napoli, dalle ore 18.
Condannata dalla repressione americana a 43 anni di carcere si mettono in moto grandi e importanti campagne per la sua scarcerazione e dopo 23 anni di reclusione viene estradata in Italia con il vincolo di scontare la pena in Italia.
Parleremo con lei della situazione americana e globale, della questione razziale e della condizione di subalternità delle classi sfruttate che legano tutte le comunità migranti e non solo.
Promuove Noi Restiamo Napoli
Intervengono:
– Casa del Popolo Salerno
-Movimento Migranti e Rifugiati Napoli – Ex OPG “Je so pazz”
-Federazione del Sociale USB Napoli
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