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Le metropoli nella competizione globale / il caso Torino

Mercoledì 3 luglio ore 20.30, via Oropa 54/f (sede RdC Torino)

Le metropoli nella competizione globale / il caso Torino

Dibattito con:
Giovanni Semi (Sociologo, Università di Torino)
Deborah Montalbano (Consigliera comunale di Torino)
Luca Bardino (Noi Restiamo)

Introduce Michelangelo Caponetto (Rete dei Comunisti)

Le aree metropolitane sono attraversate da mutamenti profondi della loro fisionomia urbana, produttiva e sociale, prodotti nel contesto del modello di accumulazione capitalistica flessibile che caratterizza il cosiddetto postfordismo: i fenomeni di delocalizzazione e deindustrializzazione che hanno investito molte grandi città occidentali si sono accompagnati a una sempre più accentuata competizione tra i territori per l’attrazione di investimenti di capitali, soprattutto nei settori del terziario e dell’immobiliare, che ha trasformato gli spazi, i tempi e i modi di vivere nella città.

La condizione attuale delle aree metropolitane si qualifica in modo organico con il sistema di relazioni generato dalla competizione tra poli geo-economici e politici, che nella nostra dimensione continentale ha assunto la fisionomia della Unione Europea. la relazione delle aree territoriali e metropolitane con la struttura produttiva europea, con il ruolo dominante dello spazio economico produttivo franco-tedesco, ne definisce il grado di funzionalità attraverso processi di integrazione/ marginalizzazione rispetto ai flussi finanziari transnazionali, e alla filiera produttiva continentale.

Lo stato di fibrillazione permanente a cui è sottoposta la nostra struttura produttiva nazionale, fondamento di ciò che si qualifica come sistema-paese, evidenzia profonde lacerazioni geoeconomiche tra le aree territoriali del Nord-Est, concentrate nel triangolo Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna – la cui richiesta di maggiore autonomia amministrativa e finanziaria è funzionale a una crescente osmosi con il sistema di relazioni dominanti della borghesia europea – e il resto del paese.

Lo stesso Piemonte sembra occupare una posizione sostanzialmente marginale rispetto a questo quadro, così come la città di Torino. Sul piano delle trasformazioni produttive è evidente il tentativo di riconversione di Torino da polo industriale a città del terziario. Si tratta di un processo che è stato diretto da un blocco politico-economico a guida di centro-sinistra e che si è sviluppato negli ultimi trent’anni, in coincidenza con il progressivo disimpegno della Fiat dall’area torinese e più in generale dal territorio nazionale. I risultati, tuttavia, appaiono inferiori alle attese e alle previsioni, in quanto Torino non riesce a costituirsi compiutamente come polo avanzato del terziario e fatica a rimanere agganciata alle realtà metropolitane più dinamiche del Nord Italia.

Torino appare in coda alle metropoli del Nord quanto a valore aggiunto pro capite nei servizi e sembra occupare, a livello nazionale, una posizione mediana, quasi di anello di congiunzione con le performance inferiori delle città del Meridione. Una serie di altri fattori sembrano confermare un processo di embrionale “meridionalizzazione” del modello produttivo della città, con una parziale deindustrializzazione che induce a puntare più sul turismo e il commercio (anche utilizzando la retorica della “vetrina” e del rilancio culturale
della città dopo le olimpiadi invernali del 2006) e un crescente disagio sociale.

L’impressione èche Torino fatichi a tenere il passo delle aree del paese meglio integrate ai centri economici della UE, rischiando di divenire per certi aspetti satellite rispetto all’area milanese e riproducendo così su scala ridotta il meccanismo di dipendenza di una zona semiperiferica rispetto al centro. Anche nei settori
legati all’innovazione tecnologica, nonostante il Politecnico, sembra che la città si stia ritagliando un ruolo subalterno alle industrie lombarde.

Se confermate queste tendenze appaiono sintomatiche di uno sviluppo che riproduce, almeno parzialmente, dinamiche tipiche delle periferie sub coloniali, ossia delle aree che non riuscendo a essere direttamente protagoniste delle produzioni a più alto valore aggiunto, si specializzano in servizi di subforniture rispetto ai prodotti finiti e ai segmenti più elevati della catena di valorizzazione, che vengono realizzati altrove.

Il declino di Torino rappresenta un paradigma della ridefinizione dei rapporti di forza tra aree territoriali innescata dagli squilibri prodotti da quello che, come Rete dei Comunisti, definiamo il polo imperialistico europeo: da storico centro produttivo, vertice del triangolo industriale, la città sembra retrocedere a semiperiferia di quello che ora viene definito il “Sette dello sviluppo”: l’area a forma di “sette” che da Milano passa attraverso Bologna e Firenze e che rappresenta, insieme alle aree del Nord Est, la parte del territorio nazionale meglio agganciata alla locomotiva continentale a trazione tedesca.

Per comprendere le trasformazioni produttive e sociali che attraversano le aree metropolitane nell’attuale fase di sviluppo del modo di produzione capitalistico e individuare le forme di organizzazione delle classi popolari adeguate a contrastare i modelli politici ed economici che ne generano l’impoverimento e lo sfruttamento crescenti, la Rete dei Comunisti invita studiosi e attivisti del territorio a un confronto in occasione della presentazione del terzo volume della serie «La metropoli come merce», intitolato:
«Le metropoli nella competizione globale. Disgregazione del sistema-paese, declino e ascesa delle aree
territoriali, asimmetrie nel polo europeo».
Nell’occasione, sarà anche presentato l’opuscolo «Torino nella competizione globale», a cura della RdC Torino.

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