Menu

Pisa. Dal golpe in Cile alla fuga dall’Afghanistan

In piazza Chiara Gambacorti (la pera) Pisa – ore 17.30

11 SETTEMBRE 1973 –2021  DAL GOLPE IN CILE ALLA FUGA DALL’AFGHANISTAN 

I fallimenti USA / NATO/ UE e i nuovi scenari internazionali 

Ne parliamo con:

Andrea Vento, Gruppo Insegnanti Geografia Autorganizzati 

Marìa Sandoval, Cileni in Toscana 

Lorenzo Piccinini, CommissioneInternazionale Rete dei Comunisti 

Introduce ecoordina Fabrizia Casalini, Coordinamento Nazionale Potere al Popolo! 

L’iniziativa si terrà nel rispetto delle normative anticovid

In caso dimaltempo l’iniziativa si svolgerà in Via Bovio 50, presso il Circolo agorà

Evento FB https://fb.me/e/1Kq8ZEfvT

Qual è il “filo nero” che lega il colpo di Stato in Cile del 1973 con l’11settembre ’21 che andremo a ricordare tra pochi giorni? L’interventismostatunitense nel mondo, attraverso le mille forme di violenza che conosciamobene, anche nel nostro paese, oggetto di quella “strategia della tensione” che hainsanguinato le piazze e i treni d’Italia, attraverso “Stay Behind – Gladio” conle basi USA/NATO come camp Darby al centro delle inchieste della magistraturaitaliana, mai arrivate in porto a causa di accordi secretati dai governi servili,succedutisi in Italia dal 1945 ad oggi.Un filo nero, quello ordito da Washington e dal Pentagono, che non si è maispezzato, ma che ha visto sfilacciarsi la trama, a causa di una progressiva perditadi egemonia del gigante nord americano, di cui l’amministrazione Biden tiraoggi le somme.Per assistere alla sconfitta della dittatura di Pinochet in Cile dovemmoattendere 15 anni, grazie al referendum del 1988 che estromise Pinochet dalpotere. Anni di stadi di calcio trasformati in prigioni a cielo aperto, direpressione, torture e morte, nel silenzio complice dei paesi alleati delgigante del Nord.Oggi assistiamo ad un’altra clamorosa sconfitta di quelle politiche terroriste,interventiste e colonialiste. Questa volta abbiamo dovuto attendere 20 anni pervedere i soldati statunitensi fuggire disordinatamente dall’Afghanistan,lasciandosi dietro un altro scenario dell’orrore, con oltre 240mila civiliuccisi nella cosiddetta “guerra al terrorismo” lanciata dopo l’attentato del2001 contro le torri gemelle, guerra che non ha sortito alcun effetto ma anziha prodotto oggi un’aurea di legittimità al fondamentalismo talebano, usatosempre dagli USA negli anni ’80 del secolo scorso per distruggere l’esperienzadella Rivoluzione di Saur del 1978, che aveva trasformato un paese prigionierodel tradizionalismo reazionario in un fiorente sistema socialista, dove ledonne erano libere e partecipi nel governo del paese.La sconfitta di oggi in Afghanistan non vede l’Occidente in complicesilenzio come fu per il Cile, ma partecipe attivo di una catastrofe militare,economica, ma soprattutto ideologica, costata centinaia di miliardi di euro emigliaia di morti anche tra le fila degli eserciti occupanti, tra cui 53 militiitaliani.  Nessuno degli obiettivi prefissati dalla “grande coalizione” è statoraggiunto in Afghanistan, a partire da quella emancipazione creatrice didemocrazia che nessun abitante afgano ha visto mai, se non una ristretta cerchiadi collaborazionisti portati in salvo in diretta mondiale. Con la fuga dall’Afghanistan si chiude l’epoca dell’egemonismo a stelle estrisce e se ne apre un’altra, sotto il segno di una instabilità internazionaleancora lontana da trovare nuovi equilibri. Il gigante del Nord si ritira dapaesi ridotti in macerie come l’Iraq, la Siria e ora l’Afghanistan. Subentranoaltre potenze economiche, politiche e militari come la Russia, la Cina, laTurchia, l’Iran.Gli alleati degli USA, come Israele e Arabia Saudita, tremano.L’Unione Europea, compartecipe diretta e artefice di queste catastrofi, lavoraalacremente ad un esercito europeo, per garantire gli “spazi vitali” alle propriemultinazionali nel Sahel, in Nord Africa, nell’Est europeo, in Medio Oriente.Gli Stati Uniti, a partire da Cuba, stanno tentando di destabilizzare – coni soliti metodi – quello che per loro è il “giardino di casa”, l’America Latina,sconvolta da rivolte sociali e movimenti popolari che acquistano sempre piùforza, dal Cile alla Colombia, sostenuti da governi socialisti come quellivenezolano, boliviano, peruviano, che non hanno alcuna intenzione di piegarsidi nuovo alle politiche neoliberali imposte dagli USA con il ferro e con ilfuoco. Uno scenario completamente aperto, che archivia l’89 e le balzane teoriesulla fine della Storia, rimessasi a correre, aprendo di nuovo la strada allapossibilità di cambiamenti profondi, di possibili sovvertimenti di un modello,quello capitalistico, incapace di sostenere le proprie avventure militari, diproteggere le proprie popolazioni dalle pandemie, di mettere al sicuro labiosfera e i territori dalle devastazioni di un sistema economico irrazionale edistruttivo.  Di tutto questo parleremo sabato 11 settembre a Pisa, cercando di tracciareun percorso di riflessione utile all’intervento politico, qui ed ora,finalizzato alla costruzione di una ipotesi di alternativa concreta allabarbarie del capitalismo, alternativa che noi chiamiamo Socialismo delventunesimo secolo.

 

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa
Argomenti: