Lunedi 16 gennaio, ore 17.30, via Sant’Andrea 31
La Comune e Noi
Relatore Massimiliano Piccolo
Lunedì 16 gennaio
Pisa, Via Sant’Andrea 31 ore 17,30
Inizia la serie di incontri del progetto seminariale “L’assalto al cielo!” che dalla Comune di Parigi ci condurrà sino alla Rivoluzione cubana, passando per quella bolscevica e cinese.
evento fb: https://fb.me/e/3PtUoXDzm
Abstract seminario sulla Comune di Parigi
Dopo decenni di riflusso – successivo alla grande stagione di lotte che tra i Sessanta e i Settanta (del Novecento) ha animato le piazze di quasi tutto il mondo – parlare oggi della fondazione della Comune di Parigi, ci offre parecchi spunti di riflessione sull’organizzazione delle forze rivoluzionarie e sulle sue forme, sulla nozione di fallimento, sulle tappe che un’idea rivoluzionaria necessariamente attraversa, sulle rotture con la sinistra e la tradizione capitalista/parlamentare, sui rapporti di forza e anche sul nostro presente e futuro.
Di più̀: il primo governo operaio della storia è un’occasione che non può̀ ridursi a commemorazione, a una celebrazione liturgica; essa deve costituire la rappresentazione della possibilità̀ dell’inversione storica. Non bisogna relegare – cioè̀ – la giusta analisi dei rapporti tra le forze in campo a un determinismo (il cui eventuale sbocco rivoluzionario sarebbe quasi messianico) che, partendo dalla constatazione della presunta insussistenza delle condizioni (sussistenza delle condizioni che sarebbe, invece, il prodotto di una linea del tempo semplice, «la fila indiana del prima e del poi», progressiva e tesa, perché́ sempre piena di avanzamenti), rimandi sempre il momento della responsabilità̀ dell’accoglimento di una prospettiva rivoluzionaria.
Una siffatta filosofia della storia sarebbe incapace di cogliere l’irruzione di un evento, di qualcosa, cioè̀, irriducibile a un ordine precostituito.
Marx, nella Guerra civile in Francia, descrivendo minuziosamente fatti e personaggi riguardanti la Comune, opera continui rimandi alle vicende del 1848 francese (e non solo); la Francia era considerata, infatti, la «terra classica delle lotte di classe», dove in quarant’anni (dal 1830 al 1870) i giovani repubblicani e gli operai avevano fatto cadere due monarchie e un impero.
Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte ci consegna la famosa immagine in cui Marx, parafrasando Hegel, nota come tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa e, gli stessi moti del 1848, appaiono una parodia del 1789 o del biennio rivoluzionario 1793-95. I moti del 1848 possono essere considerati, allora, ancora all’interno della durata delle conseguenze dell’Ottantanove. La Comune, invece, è un assoluto cominciamento, un inizio. Una nuova generazione di operai e rivoluzionari, in gran parte sconosciuti
ai vecchi repubblicani, emerge nella nuova scena delle lotte di classe in Francia.
Quindi, come dirà poi Mao: «Lotta, fallimento, nuova lotta, nuovo fallimento, nuova lotta ancora, e così fino alla vittoria».
Cos’è, dunque, un fallimento? Prendiamo spunto da quella che Badiou ha chiamato l’ipotesi comunista e dall’analogia – da lui istituita – col problema scientifico posto dal teorema di Fermat, che ha impiegato tre secoli prima di giungere alla definitiva dimostrazione per opera del matematico Wiles; un periodo lungo e pieno di tentativi per dimostrarlo che ha generato anche nuove e importanti scoperte. Così Badiou: «La fecondità̀ di questa serie di fallimenti, della loro disamina, delle loro conseguenze, ha animato la vita matematica. In questo senso il fallimento, a condizione che non si ceda sull’ipotesi, non è altro che la storia della giustificazione di quest’ultima».
A condizione che non si ceda sull’ipotesi – mi sembra – che sia per noi la proposizione su cui porre l’accento. Appare oggi del tutto evidente, infatti, la necessità del cambiamento di questo mondo e non – come invece fino a qualche tempo fa sosteneva la sinistra (quella cosiddetta radicale che quando può̀ va al governo) – che un altro mondo è possibile. Ciò̀ di cui la realtà̀ ci parla è l’insostenibilità̀ di questo mondo, esigenza ben più̀ stringente della velleitaria e moralistica rivendicazione di una possibilità̀ altra nella storia.
Qual è, allora, l’identità̀, il ruolo, la funzione, che la Comune parigina assume su di sé all’interno di questo percorso? Potremmo dire la sua forza o la sua capacità di generare conseguenze all’interno della storia dell’inveramento delle ragioni del comunismo?
All’alba del 18 marzo 1871, Parigi ebbe il suo manifesto, la sua dichiarazione della Comune: «I proletari di Parigi [… ] hanno compreso che è loro imperioso dovere e loro diritto assoluto di rendersi padroni dei loro propri destini, impossessandosi del potere governativo».
L’assalto al cielo ha avuto inizio, ma modificare il senso dello Stato, nato in epoca moderna, era un’opera enorme: esercito, polizia, burocrazia, fisco, diplomazia e tutti gli altri gangli vitali dell’amministrazione pubblica con cui la borghesia si era emancipata dal servaggio feudale dopo se- coli di lotte di classe, andavano riorientati. La Comune è, così, non solo un momento della storia del movimento operaio e rivoluzionario, ma un momento del marxismo: essa fu, infatti, chiamata a creare (quasi dal nulla) le risposte politiche alle domande poste dall’urgenza della contingenza, meglio e prima di qualunque pretestuosa filosofia della politica che per sua natura si rivela una modellistica, una precettistica ideologica e, per questo, astratta, separata dall’ordine reale delle cose (e Marx, infatti, si era guardato bene dal farlo in tutta la sua opera). Battaglia delle idee e concreti processi storici non sono, infatti, su piani paralleli: Antonio Labriola scriveva che le idee non sono appese come caciocavalli!
La struttura istituzionale della Comune era composta da consiglieri municipali, in maggioranza operai o da essi riconosciuti come rappresentanti, revocabili in qualunque momento. Non era un’istituzione parlamentare in cui alimentare il vizio d’origine della democrazia intesa non come potere al popolo (già̀ dal tempo di Atene nel V secolo a.C.), ma come potere a chi (gli usurpatori del 4 settembre 1870 e tutta una folta schiera di accoliti per i successivi centocinquanta anni) nasconde dietro il vessillo del bene comune, i beni di pochi. Era un organismo esecutivo e legislativo insieme, capace di superare la retorica della mediazione tra le parti che poi, in realtà̀, si è sempre mostrata mediazione sino a quando un interesse popolare un po’ più̀ tutelato o una prospettiva di cambiamento più̀ generale non abbia fatto scattare la repressione e la sospensione delle cosiddette libertà parlamentari, con buona pace dei sedicenti liberali (il che non vuol dire – per noi – sottovalutare l’eventuale importanza tattica di un’azione parlamentare quando questa abbia, però, anche un orizzonte strategico rivoluzionario che le faccia da cornice).
I preti, poi, tornarono a vivere di elemosina e le scuole furono liberate dalle ingerenze clericali e dello Stato. La Comune, insomma, dava di sé un’immagine viva, dinamica, non solo nel momento dell’azione rivoluzionaria, armi in pugno, ma anche nel momento, altrettanto decisivo, della deliberazione politica (ragione sufficiente questa, ad esempio, nella rivoluzione culturale cinese, impegnata contro la sclerotizzazione burocratica della rivoluzione bolscevica successiva alla morte di Stalin, per porre la Comune a modello, come abbiamo già̀ visto nell’intuizione e nell’auspicio di Marx).
Ecco, allora, prendere forma quella funzione nuova, creatrice di senso, che l’evento della Comune portava con sé. Una rottura gravida di conseguenze nella storia del mondo e delle sue rivoluzioni: dalla Russia alla Cina, a Cuba, come anche nella microfisica di tutti i movimenti di lotta e di contropotere che hanno animato per decenni le società̀ dell’Occidente capitalista.
Massimiliano Piccolo, insegnante di Filosofia.
Le date dei prossimi seminari sono le seguenti:
Sabato 25 febbraio – La Rivoluzione Bolscevica
Relatore Antonio Allegra
Giovedì 23 marzo –La Rivoluzione cinese
Relatore Roberto Sassi
Aprile (data in via di definizione) – La Rivoluzione cubana
Relatore Luciano Vasapollo
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