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Tsipras, ovvero cosa non si deve fare chi non si deve diventare

Tsipras ha perso le elezioni greche come era ovvio e scontato. Quando la sinistra fa la politica della destra, presentandosi come il meno peggio, la destra vince perché presenta le idee originali che la sinistra adotta in fotocopia.

È una regola generale alla quale siamo oramai abituati in Italia ed in Europa, eppure sino a poco tempo fa sembrava valere la regola contraria.

Negli anni ottanta e novanta del secolo scorso la “sinistra” che faceva politiche economiche e sociali di destra si era affermata come la sola sinistra vincente. Anche il centrosinistra italiano era nato e aveva governato sotto lo stesso segno. La sinistra cosiddetta “riformista”, in realtà liberista, poteva non piacere come il suo esponente più conosciuto Tony Blair, ma vinceva.

Poi, con l’avvio della grande crisi cominciò a perdere. La promessa liberista – ciò che perdete in diritti sociali, vi verrà restituito come profitti della globalizzazione – si rivelò fasulla.

Syriza nacque proprio come alternativa di sinistra al PASOK, il partito che per anni aveva governato la Grecia nel nome della sinistra riformista. E di fronte ad un paese devastato dalle politiche di austerità imposte dalla UE, Syriza e e Tsipras vinsero le elezioni proprio chiedendo e ottenendo un mandato per rifiutare e combattere quelle politiche.

Il resto è purtroppo storia di oggi.

Di fronte alle vergognose minacce della Troika – composta da UE, Fondo Monetario Internazionale, la cui direttrice Lagarde dirigerà ora la BCE – e dalla stessa Banca Centrale Europea. Di fronte al blocco dei bancomat, misura feroce e stupida decisa da Draghi. Di fronte a quella che era l’aggressione guidata dalla Germania ai fondamenti di uno stato sovrano, nel 2015 il governo Tsipras convocò un referendum sul micidiale Memorandum di sacrifici che la Troika voleva imporre.

Il 62% votò NO. Avrebbe potuto aprirsi una nuova stagione politica e sociale in Europa, con il popolo greco stavano milioni di persone in tutto il continente che avevano fatto proprio l’OXI, il NO. E la destra reazionaria ancora non aveva preso piede.

Invece Tsipras, pochi giorni dopo aver chiesto e ottenuto dal suo popolo di non essere abbandonato, abbandonò il suo popolo ai colpi del Memorandum, che sottoscrisse.

Vinse così su tutta la linea il ministro delle finanze tedesco Schauble, che aveva irriso ad ogni voto popolare che contraddicesse i vincoli imposti dalla UE. Così la Grecia è diventato il paese europeo con il governo più “di sinistra” e con le politiche più di destra.

Sul terreno economico sociale innanzitutto, con la distruzione dello stato sociale, le privatizzazioni, il taglio delle pensioni e dei salari; un massacro sociale che ha ridotto in miseria estrema il 40% della popolazione, impoverito la grande maggioranza, costretto molti giovani ad emigrare, arricchito un pugno di magnati e le banche tedesche, che hanno realizzato lauti profitti con i prestiti a usura al governo greco.

Il quale poi ha praticato una politica di destra anche sul piano internazionale e militare, rafforzando l’adesione alla NATO e schierandosi tra i più stretti alleati di Israele.

Il governo greco è così diventato emblema della subordinazione e persino dell’inutilità della politica rispetto al mercato. Guai a ribellarsi.

La Borsa di Atene dall’inizio dell’anno ha registrato una crescita del 45%, unica al mondo. Il capitalismo greco ha festeggiato il ‘successo’ delle politiche economiche di Tsipras e con qualche anticipo la sua sconfitta elettorale. Il governo “di sinistra” ha esaurito il suo compito facendo il lavoro sporco sul quale erano falliti i governi precedenti. Ora tocca alla destra riscuotere i profitti dell’austerità.

La Grecia è stata una cavia del capitalismo internazionale, è servita a sperimentare, con una ferocia ritenuta spropositata persino da Juncker, politiche di austerità e privatizzazioni senza precedenti in Europa. Politiche simili a quelle attuate in un’altra paese cavia, il Cile di Pinochet. Solo che allora fu un golpe sanguinario a liquidare il governo socialista di Allende.

Tsipras invece ha liquidato lui stesso il suo governo socialista, trasformandolo in un passacarte della Troïka.

Pare che ora il leader greco sia atteso a Bruxelles per un incarico di prestigio, sostenuto in particolare dalla Germania. Tsipras verrà così esibito come trofeo vivente del potere economico europeo ed internazionale. Egli ha colpito non solo la speranza del suo popolo, ma quella più generale che sia possibile una vera alternativa al capitalismo liberista.

Tuttavia, quando la rabbia contro il ritorno dei vecchi padroni avrà travolto la delusione verso chi ha finto di combatterli, quella speranza riprenderà a crescere. Allora sarà utile avere a mente l’esperienza di Alexis Tsipras.

Per sapere cosa non si deve fare, chi non si deve diventare.

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4 Commenti


  • Giovanni Lamagna

    La questione greca è una questione complessa, che è difficile per me comprendere.
    Anche io a suo tempo non capii come mai Tsipras dopo aver fatto un referendum sulle politiche di austerity il cui esito fu a lui favorevole poi si piegò ai diktat della troika.
    E però non si può non riconoscere che Tsipras ha avuto un forte sostegno elettorale: il 32% dei consensi non sono bruscolini. In Italia la sinistra se li sogna. Tutti voti dei ceti medio e nessuno del popolo? Non credo.
    Per questo credo che la vicenda greca odierna vada analizzata in maniera meno tranchant. Non ho elementi per farlo, ma credo chi li ha dovrebbe farlo.


  • gianni

    Il 32% del 56% di colori che sono andati a votare corrisponde circa al 17%,


  • Flora

    Soprattutto:
    – mai giocare con i grandi se non si ha una dettagliata strategia e sue implicazioni
    – basta conl’ottusità della “sinistra” , di fare politiche di destra nell’illusione di poterle attenuare e di poter così dimostrarsi affidabile e conservare il potere. Che le faccia la destra


  • Persio Flacco

    Lo schema di controllo della democrazia inizia dal limitare le opzioni a disposizione dell’elettorato. Qui da noi si è battuta per decenni, fino alla nausea, la grancassa della “governabilità”, cioè della riduzione delle forze politiche presenti in Parlamento. Per assicurare stabilità al Governo, dicono, ma è una balla. Lo schema ideale per il Capitale è il bipartitismo: due schieramenti che si alternano al potere con visioni leggermente differenti riguardo al Welfare ma entrambi rigidamente fedeli agli interessi capitalistici. In Italia a promuovere il progetto furono in primo luogo Napolitano, D’Alema, Veltroni: tre leader della pseudo-sinistra. Qualcuno ricorda la Bicamerale e il patto della crostata? A mandare in fumo il tentativo di fissare in Costituzione questo schema istituzionale fu Berlusconi, interessato più alla sua “roba” che a diventare uno statista. Grazie Berlusconi.
    Paradossalmente Berlusconi lo dobbiamo ringraziare anche per aver mandato all’aria il secondo tentativo: la riforma costituzionale Verdini, Renzi, Boschi del 2016. Il centrodestra fece mancare i numeri in Parlamento, sicché si dovette fare il referendum.
    La lezione da trarre da tutto questo e: non fidarti mai delle etichette, e segui l’esortazione di Gramsci:
    “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.”

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