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Gran Bretagna. Le ombre sulla vittoria dei Laburisti. Corbyn eletto come indipendente

Le elezioni svoltesi giovedì 4 luglio hanno visto una vittoria dei laburisti. Dopo 14 anni i conservatori saranno di nuovo all’opposizione, rimanendo la seconda maggior forza politica del paese sia in termini di seggi ottenuti che di voti conquistati.

Il sistema elettorale britannico prevede l’uninominale secco in cui vince chi prende più voti in un unico turno nelle 650 circoscrizioni di cui è composto il Regno.

Il Labour di Keir Stamer che è stato dichiarato Primo Ministro da Re Carlo con il compito di formare il governo, potrà contare di una larghissima maggioranza, con ben oltre 400 deputati rispetto ai 326 che servono per governare.

Raddoppiano ed oltre il risultato delle politiche del 2019 in cui avevano ottenuto 214 seggi.

La debacle dei tories c’è stata ma non nello scenario peggiore che era stato preannunciato dai sondaggi cioè circa 250 in meno delle elezioni precedenti.

L’altra vera novità per i numeri di seggi conquistati sono i Liberal Democratici che ne ottengono una settantina, cioè una sessantina in più di quelli precedenti.

In grosso calo anche la formazione nazionalista scozzese che conquista solo 9 deputati, cioè 37 in meno delle elezioni precedenti, un dato che insieme al successo dei Lib Dem non era stato previsto dai sondaggi.

Entra nel parlamento britannico Neil Farage, con la sua formazione di estrema-destra Reform UK, che conquista 4 seggi ma che ha fatto incetta di voti risultando la terza formazione più votata nel Regno con oltre 4 milioni di preferenze rispetto ai 3 milioni e mezza circa del Lib Dem.

Se prendiamo in rassegna i voti totali effettivi infatti, abbiamo una percezione differente rispetto ai seggi conquistati.

I laburisti prendono in percentuale solo l’1,7% in più rispetto al 2019, mentre i conservatori circa il 20% in meno.

L’emorragia di voti dei tories è molto più grande rispetto all’incremento dei voti del Labour: segno che è più una sconfitta dei conservatori che una vittoria dei laburisti che si mantengono stabili.

Reform UK è il terzo partito con il 14,3% dei voti, seguito dai Lib Dem con il 12,2%.

I Verdi fanno un notevole “balzo in avanti” con il 6,8% (+4,1%) sfiorando i due milioni di voti e vincono le quattro circoscrizioni che avevano fissato come obiettivo, ed alcuni candidati indipendenti – come Jeremy Corbyn – vengono eletti.

É la vittoria più larga dei laburisti dal 1997, quando conquistarono il 63,4% dei seggi, la più ampia del dopo-guerra.

Importante segnalare anche la prima vittoria elettorale da indipendente per l’ex leader del Labour Jeremy Corbin, il quale ha preso intorno ai 24 mila voti, circa 7 mila in più proprio del candidato laburista Praful Nargund, arrivato al secondo posto nella gara nel collegio di Islington North. In percentuale, Corbyn ha preso il 49 per cento dei voti della sua circoscrizione. L’ex segretario del Labour Party era stato marginalizzato e allontanato dal partito proprio dall’attuale leader del LP Starmer per le sue posizioni filopalestinesi e per le fortissime pressioni della lobby sionista britannica. Quella di Corbyn è una sonora rivincita contro il suo avversario Starmer.

Tranne l’East ed il South East, non vi è regione in cui i Conservatori abbiano superato i voti dei laburisti, ma in tutte il calo si attesta attorno al 20%.

Una buona parte del voto dei tories è andato all’estrema destra di Reform UK, mentre la crescita del Labour in Scozia è dovuta allo spostamento dei voti dal SNP.

La formazione di Farage è giunta seconda in un centinaio di circoscrizioni (circa 1/6 delle totali) ed ha perso di appena 5000 voti in una dozzina di queste.

Un risultato per certi versi simili a Ukip – la precedente creatura politica dell’ex eurodeputato britannico fautore della Brexit – nel 2015.

Quello che è certo che la “spaccatura” del voto conservatore tra Tory e Reform UK è costato ai tories la sconfitta in 180 casi.

I laburisti riconquistano di misura quello che era il red wall, ma ormai la “volatilità del voto” è un dato certo.

Un dato interessante è che i Conservatori perdono più voti nelle circoscrizioni che hanno votato per il “Leave” nel 2016,

Si è recisa quella correlazione tra voto pro-brexit e preferenza conservatrice che aveva premiato i tories nel 2017 e nel 2019, che – tra l’altro – perdono alcuni collegi (7) che avevano visto un loro successo.

Lo SNP torna, più o meno, all’ordina di grandezza per seggi conquistati del 2010, quando il Labour ne conquistava il 70% per voi virtualmente “scomparire”.

Bisogna tenere conto del dato della partecipazione elettorale calata al 60% rispetto al 67% precedente, che ha visto in 59 circoscrizioni (Tra un 1/6 ed 1/7 del totale) andare a votare meno del 50% degli aventi diritto, segno di una disaffezione evidente.

I votanti sono scesi ai livelli del 2001, il punto più basso della partecipazione del dopoguerra contro l’83,9% del 1950 che segna il record assoluto.

Insomma “stravincono” i laburisti, aumenta l’astensione e la somma del voto di conservatori ed estrema destra supera quello dei laburisti di alcuni punti percentuali.

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