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Repressione in Catalogna: l’Unione Europea si riscopre franchista

In tempi record, che confermano il carattere preordinato e spudoratamente politico della misura, otto ministri del governo catalano – scelto da una maggioranza parlamentare democraticamente eletta dai cittadini – sono stati arrestati per ordine di un Tribunale Speciale ereditato dal franchismo e rinchiusi in prigioni fuori dal territorio catalano.

Neanche si trattasse di serial killer o di attentatori dello Stato Islamico…
Una sollecitudine che la magistratura e il governo spagnoli si sono ben guardati dal dimostrare contro quegli esponenti politici di Madrid protagonisti di ripetuti casi di corruzione che coinvolgono anche la famiglia reale.
E’ la prima volta che dei responsabili di un governo vengono imprigionati nell’Unione Europea per degli atti politici realizzati nel corso del loro mandato e in obbedienza alla volontà popolare espressa nel corso di un referendum democratico.
Uno dei ministri, che si era dimesso il giorno precedente alla dichiarazione d’indipendenza non condividendo la decisione dei suoi colleghi, si è risparmiato la prigione in cambio di una cauzione di 50 mila euro. Quando è arrivato a Madrid per essere interrogato dai giudici è stato accolto dagli slogan di un gruppo di nazionalisti e e fascisti spagnoli che lo hanno apostrofato al grido di “frocio” e “vigliacco”.
inizia quindi con un’altra raffica di arresti la campagna elettorale che dovrebbe portare alle elezioni regionali del 21 dicembre, imposte con la forza dal governo spagnolo con la complicità di Ciudadanos e Psoe (provocando le dimissioni dal partito socialista catalano di numerosi sindaci e consiglieri comunali in polemica con il sostegno di Pedro Sanchez al governo di estrema destra) e senza alcuna mobilitazione da parte delle cosiddette sinistre federaliste che pure si dicono contrarie all’applicazione dell’articolo 155 contro l’autogoverno catalano.
Al carcere sono scampati per ora Puigdemont e altri 4 ministri, ma solo perché hanno deciso di rifugiarsi in Belgio nel tentativo di internazionalizzare la crisi e costringere l’Unione Europea, sostenitrice della repressione di Madrid, a farsi carico del problema. Quella Unione Europea che di nuovo, attraverso i suoi portavoce, ha definito gli arresti politici realizzati da Madrid – e che si sommmano a quelli dei due presidenti di due grandi associazioni di massa indipendentiste realizzati alcune settimane fa – “una questione giudiziaria interna alla Spagna”. Contrariamente a quanto affermano alcuni analisti Bruxelles “non si volta dall’altra parte” rispetto al fascismo spagnolo, ma osserva attentamente e, in nome della stabilità e della difesa a oltranza dello status quo, non esita ad avallare una vandea neofranchista che nei prossimi giorni potrebbe portare ad altri arresti e al condizionamento delle elezioni imposte in Catalogna dopo lo scioglimento coatto del Parlament e del Govern di Barcellona. Non stupisce che il sentimento europeista all’interno della base sociale indipendentista, tradizionalmente molto forte nei settori più moderati, si stia gradualmente affievolendo. Lo iato tra le altisonanti dichiarazioni di democrazia e di difesa della libertà da parte dell’Unione Europea e dei suoi rappresentanti non reggono di fronte al cinico e inaccettabile sostegno di Bruxelles ad una repressione che non ha eguali nella storia recente del continente europeo, in barba allo stato di diritto, alla volontà popolare, alla divisione dei poteri, alle più elementari garanzie democratiche.
Presto in carcere potrebbero andarci anche i dirigenti della sinistra indipendentista, dei Comitati per la Difesa dei Referendum, gli attivisti sociali e sindacali, e non più solo i ministri del governo catalano o i leader delle associazioni indipendentiste. Significativa appare, da questo punto di vista, la richiesta da parte della Confindustria Catalana – ferocemente contraria all’indipendenza – che ha chiesto a Madrid di proibire e reprimere lo sciopero generale indetto da alcuni sindacati, in particolare la CSC (aderente alla Federazione Sindacale Mondiale) per il prossimo 8 novembre, a dimostrazione che all’interno della società catalana la faglia tra indipendentisti e unionisti ha un carattere di classe e non solo ideologico.
Di fronte all’escalation in atto a Barcellona e al pieno sostegno dell’Ue alla svolta neofranchista di Madrid perde qualsiasi credibilità ogni forza di sinistra, progressista e democratica che, dentro e fuori lo Stato Spagnolo, alla propria condanna di principio della repressione non faccia seguire comportamenti reali, nelle piazze così come nelle istituzioni.
La parola d’ordine delle mobilitazioni non può non associare la richiesta di liberazione dei prigionieri politici catalani e la condanna del fascismo di Madrid, con il sostegno ad una rottura da parte del popolo catalano, sicuramente di tipo nazionale, che però la stessa repressione spagnola ed europea contribuiscono a caricare di significati sociali e di classe.

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1 Commento


  • Esther

    Grazie!!

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