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Venezuela. Una guerra di Quinta Generazione in via di fallimento?

In Venezuela siamo nel bel mezzo di una Guerra di Quinta Generazione (G5G), dove si verifica l’assassinio della verità e il tentativo della sua sostituzione con una realtà-virtuale che serve per assoggettare, piegare popoli, assassinare idee, e dove le vecchie armi e strumenti non sono più utili.

“La verità è la prima vittima della guerra”, disse Eschilo, 2500 anni fa. La realtà virtuale manipolata mondialmente dai medie egemoni e dalle reti digitali, vuole mostrare un Venezuela in guerra civile, però dove  le due marce di domenica 10 febbraio (chavismo e opposizione) confermano l’esistenza di una solida democrazia. Non si è registrato neanche un incidente. E pure questo fatto è stato reso invisibile dal terrorismo mediatico.

Il termine di Guerra di Quarta Generazione è usato dagli strateghi statunitensi per definire l’ultima fase della guerra nell’era della tecnologia informatica e delle comunicazioni globalizzate. Ormai non sono più necessari eserciti per imporre progetti politici, economici, sociali: i soldati di questa guerra non sono più militari ma esperti di comunicazione in insurrezione e contro insurrezione che sostituiscono le operazioni militari con quelle psicologiche.

Nella G5G (anche denominata guerra senza limiti), introdotta dal 2009 come concetto strategico operativo negli interventi USA-NATO, non interessa vincere o perdere, bensì demolire la forza intellettuale del nemico, obbligandolo a cercare un compromesso, avvalendosi di qualsiasi mezzo, anche senza uso delle armi. Si tratta di una manipolazione diretta dell’essere umano attraverso la sua parte neurologica (onde binaurali e componenti di cristalli di magnetite del cervello e i metodi della loro possibile manipolazione).

I mass media e i social sono parte integrante dello schema di questa guerra, per generare destabilizzazione nella popolazione attraverso operazioni di carattere psicologico prolungato; si cerca di colpire la psiche collettiva, la razionalità e l’emozionalità, oltre a contribuire allo sfascio politico e della capacità di resistenza.

Si conta su meccanismi scientifici di controllo totale attraverso non solo della manipolazione dei media di comunicazione e informazione concentrati, ma anche dei sistemi finanziari come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Banca Interamericana dello Sviluppo, migliaia di fondazioni e organizzazioni non governative.

Ormai non sono gli Stati-Nazione da soli che vanno in guerra, ma questi rispondono agli interessi delle grandi transnazionali, del cartello finanziario, delle lobby del petrolio, dell’emporio mediatico e comunicativo in mano a cinque megaimprese che controllano le banche dati e l’intelligenza artificiale, le imprese del complesso militare-industriale degli USA e dell’Europa. Alla fin fine si tratta dell’1% del mondo che vuole controllare il restante 99%.

Il concetto di dominio a spettro completo significa l’applicazione simultanea e permanente  di meccanismi vari che tendano a confondere e a volte a produrre risultati combinati in un bombardamento permanente, simultaneo,  continuato, su tutti i fronti, che non lascia tempo per la reazione (o per riprendere fiato), dove i media transnazionali, in cartello, e la manipolazione dei cosiddetti social giocano un ruolo predominante.

WSJ: il piano Trump-Guaidó è fallito

“Molti seguaci dell’opposizione del Venezuela e i loro patrocinanti statunitensi avevano pensato che il governo del presidente Nicolás Maduro sarebbe crollato rapidamente dopo che Washington avesse appoggiato un piano disegnato per indebolire il suo appoggio militare e stimolare la sua uscita”, ha scritto l’influente periodico statunitense The Wall Street Journal.

I giornalisti David Luhnow e Juan Forero, hanno affermato nel WSJ che ci sono dure critiche verso quelli che “hanno venduto” il piano con la promessa che sarebbe stata un’operazione di 24 ore e che tre settimane dopo l’auto-proclamazione di Juan Guaidó, avrebbe regnato la normalità in Venezuela.

“Le persone che l’hanno disegnato a Caracas e l’hanno venduto qui (a Washington), l’hanno venduto con la promessa che se Guaidó avesse fatto un movimento (i paesi dell’America del Sud) e gli Stati Uniti fossero entrati appresso a loro, i militari si sarebbero ribellati e Maduro se ne sarebbe dovuto andare”, ha affermato  un ex alto funzionario statunitense, citato dal WSJ.

Il giornale sostiene che tanti più tempo rimanga Maduro al potere, tanto maggiore sarà la probabilità di una lunga stagnazione. “(Quella situazione) aumenterà i rischi di uno scontro violento e una crisi regionale nella misura in cui le nuove sanzioni economiche degli Stati Uniti aumentino il collasso economico del paese”.

Più avanti, il quotidiano sostiene che ci sono grandi rischi per l’opposizione venezuelana nel suo sforzo di far entrare gli “aiuti umanitari” nel Venezuela, poiché hanno ricordato che le agenzie internazionali, inclusa la Croce Rossa, hanno segnalato che non possono aiutare nella distribuzione perché sarebbe come prendere parte nella situazione politica del Venezuela.

Mentre, il quotidiano di Londra, Financial Times, pubblica il 18 febbraio un lavoro in cui segnala che “Juan Guaidó vuole stabilire legami diplomatici con gli alleati più potenti di Nicolás Maduro”, Cina e Russia. Distrazione, ultima spiaggia per l’affogato?

 

Trump continua a provocare

Il presidente statunitense Donald Trump, dall’Università Internazionale di Miami, ha reiterato le sue minacce ai componenti della Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB):

“Oggi ho un messaggio per tutti i funzionari che stanno aiutando a mantenere (il presidente della Repubblica Nicolás) Maduro nel suo posto. Gli occhi del mondo sono su di voi. Potete scegliere tra accettare la generosa offerta di amnistia del presidente Guaidó e vivere la vostra vita in pace con le vostre famiglie e i vostri compatrioti, o potete scegliere la seconda strada: continuare ad appoggiare Maduro. Se scegliete questa strada non troverete rifugio, non ci sarà un’uscita facile. Perderete tutto”, ha minacciato Trump.

Trump ha manifestato il suo disconoscimento e mancato rispetto delle relazioni internazionali che il Venezuela mantiene con altri paesi del continente: “La vittoriosa transizione pacifica verso la democrazia in Venezuela aiuterà a promuovere la democrazia in Nicaragua e Cuba (…) Abbiamo creato il percorso per il primo emisfero completamente democratico nella storia dell’umanità”, ha sostenuto.

E, per continuare con la provocazione, ha reso omaggio al terrorista Oscar Pérez, responsabile dell’attacco alle sedi del Tribunale Supremo di Giustizia e del Ministero per le Relazioni Interne, Giustizia e Pace, a Caracas, nel giugno del 2017. Ha anche riconosciuto il lavoro realizzato da David Smolansky, profugo sindaco del municipio El Hatillo, stato di Miranda. Sono gli “eroi” necessari per giustificare la loro “epopea”.

L’ex vicepresidente  venezuelano José Vicente Rangel ricorda che tutte le azioni di Trump e della sua equipe, nelle situazioni che gli si sono presentate (gestione delle relazioni con nazioni dell’Unione Europea; con la Russia e la China; con la Turchia, con Nazioni del Medio Oriente, con l’Afganistan; con paesi africani), sono marcate dalla goffaggine. L’insulto è la sua caratteristica. La pretesa d’imporre dettati che favoriscono solo il governo nordamericano, moltiplicano le reazioni avverse e lo isolano, sostiene.

Rangel indica che l’errore più grande in cui è incorso il presidente Trump con la sua ineffabile equipe di consulenti e collaboratori, è il trattamento del caso venezuelano. Ora, la politica di Trump eseguita dai suoi ineffabili consulenti, “punge e si diffonde”.

Tutti i suoi atti sono un pastrocchio: il disconoscimento di un presidente eletto (Maduro) e il riconoscimento di uno spurio (Guaidó); i tentativi frustrati di dividere la Forza Armata Nazionale Bolivariana; la sceneggiata degli aiuti umanitari; gli annunci sistematici di un golpe militare o di un’invasione del territorio venezuelano, fatti dallo stesso Trump e dal coro dei suoi consiglieri.

Deliberatamente, o no, Trump e la sua equipe di ineffabili hanno portato una situazione regionale, locale, su un piano universale con tutte le conseguenze funeste che possono derivare da simile goffaggine.

L’Europa si distacca da Trump?

L’Unione Europea (UE) ha avvertito all’inizio della settimana del pericolo di una escalation militare in Venezuela, due giorni prima dell’arrivo di una missione del gruppo di contatto che spinge per ottenere una uscita dalla crisi attraverso elezioni presidenziali. “Escludiamo in maniera categorica qualsiasi appoggio della UE o qualsiasi accoglimento di un’escalation militare in Venezuela”, ha ammonito il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, a Bruxelles.

Il ministro spagnolo Josep Borrell è stato più chiaro, assicurando di non condividere la visione del vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence. “La nostra posizione continua ad essere quella di cercare una soluzione che eviti l’uso dl la forza (…) Non siamo per un intervento militare”, ha detto.

Gli USA hanno dispiegato un Gruppo d’Attacco con Portaerei (CSG) nell’Oceano Atlantico e di fronte alle coste della Florida, tra cui un incrociatore missilistico, quattro distruttori, una portaerei nucleare della classe Nimitz e il cacciabombardiere più avanzato dell’arsenale statunitense. Il ministro degli Affari Esteri della Spagna, Josep Borrell, ha affermato di sentirsi “preoccupato” per le informazioni di un dispiego militare degli Stati Uniti alla frontiera tra Colombia e Venezuela.

La missione arriverà in Venezuela prima della data segnata dall’oppositore Juan Guaidó, autoproclamato presidente ad interim e riconosciuto da circa 40 paesi (su un totale di 193), affinché l’aiuto umanitario inviato dagli Stati Uniti entri nel paese, il prossimo 23 febbraio.

“L’aiuto umanitario deve arrivare ed essere distribuito conformemente ai principi che lo sostengono: neutralità, indipendenza, imparzialità e umanità”, ha detto Borrell, esprimendo i suoi timori per un eventuale deterioramento della situazione. L’UE dà priorità al lavoro con le ONG sul terreno e tutti sappiamo che questo è un grande affare, come quello che hanno montato ad Haiti per garantire che gli aiuti non arrivassero mai agli haitiani.

Il costo economico e la moratoria del debito

L’economista Simón Andrés Zúñiga sostiene che il blocco e pirateria di fondi obbligano a una moratoria del debito estero, e ha presentato una serie di misure addizionali che dovrebbe prendere il governo, mirando al sostegno della produzione nazionale e a riordinare le istituzioni dello Stato. Il bloqueo e il sequestro degli attivi, ha generato, genera e genererà una contrazione maggiore delle entrate di divise, pertanto bisogna dare delle priorità nelle scarse risorse e concentrare gli sforzi sulla produzione, acquisizione, distribuzione e immagazzinamento di alimenti e medicine, sottolinea.

La moratoria non è solo un segnale politico difensivo, è uno strumento per liberare e destinare le risorse in moneta straniera che si utilizzano per il pagamento del debito estero e occuparsi delle necessità del popolo nell’attuale congiuntura, dice Zúñiga, il quale ricorda che la politica del “buon pagatore” del debito estero utilizzata fin’ora dal Governo non è più giustificata.

“Il bloqueo e il pirataggio degli attivi nazionali ci obbliga a: collocare prima il popolo che il pagamento del debito estero”, segnala in una serie di note di ampia ripercussione.

Da parte sua, l’economista Pasqualina Curcio ha segnalato che l’impatto delle misure coercitive unilaterali imposte dagli USA ammonta a 34.000 milioni di dollari di perdite. Include la cancellazione unilaterale dei conti bancari, l’aumentare dei crediti internazionali a causa della manipolazione del rischio finanziario del paese, ostacoli posti dagli organismi multilaterali, bloqueo di attivi finanziari, caso Citgo, incremento del costo delle operazioni di trasporto e triangolazione per l’acquisizione dei beni.

Aggiunge che a  questo si devono sommare  95.000 milioni di dollari di perdite per la caduta della produzione dal 2016 fino al 2018, conseguenti all’attacco monetario. La manipolazione al 3.500.000.000%  (tre mila 500 milioni per cento) del bolivar spiega il 40% della diminuzione del PIL.

Questi 129.000 milioni di dollari di perdite che sono state generate dalle azioni criminali degli USA, equivalgono alla produzione di tutto un anno, o a 30 anni di immagazzinamento di alimenti e medicine, o a 10 anni di assistenza ospedaliera e ambulatoriale, o a 6 anni di importazione di investimenti per la produzione e beni di consumo finale, o al debito estero che dobbiamo pagare in 20 anni.

*Sociologo venezuelano, Condirettore dell’Osservatorio di Comunicazione e Democrazia e del Centro Latinoamericano di Analisi Strategica (CLAE)

Da Resumen Latinoamericano, traduzione Rosa Maria Coppolino

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1 Commento


  • antonio

    “monsieur le Capital” si sta sempre più adeguando adattando nuove strategie per continuare a mantenere il proprio dominio la relativa accumulazione capitalistica mettendo in campo nuove tecniche e strategie facendo leva sul tecniche del postmoderno.
    vediamo come nel caso di conflitti di natura geopolitica si hanno: 1) “..Nella G5G (anche denominata guerra senza limiti), introdotta dal 2009 come concetto strategico operativo negli interventi USA-NATO, non interessa vincere o perdere, bensì demolire la forza intellettuale del nemico, obbligandolo a cercare un compromesso, avvalendosi di qualsiasi mezzo, anche senza uso delle armi. Si tratta di una manipolazione diretta dell’essere umano attraverso la sua parte neurologica (onde binaurali e componenti di cristalli di magnetite del cervello e i metodi della loro possibile manipolazione)…
    Per quanto può ancora interessare e riguardare nuovi processi di accumulazione di capitali, profitto e privilegi assistiamo a nuove “forme e pratiche illegali” tipo: 2) -“…Al punto che da un dialogo intercettato due anni fa emergeva la nuova frontiera del crimine, spiegata così: ”Questa è musica di malavita. Io cerco i nuovi adepti nelle migliori università mondiali e tu vai ancora alla ricerca di quattro scemi in mezzo alla strada che vanno a fare così: bam bam! Io cerco quelli che fanno così, invece: pin, pin! Che cliccano! Quelli cliccano e movimentano… È tutta una questione d’indice, capito?” Cioè per capire e spiegarsi meglio: hanno semplicemente sostituito, non l’indice, bensì il “click” dal grilletto di una pistola o di un fucile con un’identico “click” nel computer!
    In pratica si sta assistendo su scala globale al predominio “gangsteristico” del potere, il quale non è che prima non esistesse; semmai il fatto consiste che oggi il tutto è reso praticamente “legale e legittimo” sia dall’uso delle nuove strumentazioni capaci di “lavare cervelli” inducendo all’adesione attiva e passiva la maggioranza dei soggetti interessati; sia mantenendo intatto il processo di accumulazione del capitale dandogli solo “nuove vesti e forme di rappresentanza politica e sociale”.
    Tutto questo avviene – diciamolo chiaramente per non essere fraintesi – in un’epoca caratterizzata dal: …NUCLEARE!! Non so se mi sono spiegato!

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