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Tiburtina. Un incendio normale, senza sistemi d’allarme

  

Non poteva capitare in un momento peggiore. L’incendio della Stazione Tiburtina di Roma arriva nel pieno del traffico vacanziero (oltre che di quello senza sosta dei pendolari) e nel vivo dello scontro sull’Alta Velocità con i valsusini. E la reazione del gruppo Fs, nel corso di questi due giorni, è stata di quelle che fanno calare di molto la credibilità di un gruppo dirigente.
Ma andiamo con ordine. Solo ieri l’incendio scoppiato nella notte tra sabato e domenica è stato domato dai vigili del fuoco. Solo ieri pomeriggio si è capito – a spanne, perché la struttura è ora a rischio crollo – che il fuoco si è sviluppato nel piano seminterrato della vecchia palazzina centrale ora in ristrutturazione; anzi, proprio nella sala operativa, dove si trovavano concentrate le apparecchiature per dirigere il traffico. Al termine del primo sopralluogo effettuato dagli uomini del Nucleo investigativo antincendio dei pompieri, il magistrato ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di «incendio colposo».
Restano aperte tutte le piste, come si usa dire, ma le ipotesi tecniche solo in fondo due: sovraccarico di corrente o malfunzionamento dell’impianto. Ipotesi che chiamano in causa responsabilità dirette di Fs, ovvero della branca Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), e in specifico del dirigente responsabile della stazione (che ha formalmente i poteri di un amministratore delegato) e del responsabile del servizio prevenzione e protezione. Sarà un caso, ma l’ipotesi fatta circolare nelle prime ore alludeva – nemmeno tanto velatamente – a un possibile attentato collegato con le tensioni della Val di Susa. Il legame? Nel progetto Tav la Tiburtina costituisce il perno centrale su cui girerà tutto il traffico, sostituendo la gloriosa stazione Termini. Una provocazione contro i valsusini, ma anche un modo di indicare «cause esogene» e chiamarsi fuori dalle responsabilità.
Idem con la seconda ipotesi, questa volta avanzata direttamente dal direttore della protezione aziendale, Franco Fiumara: «è assolutamente credibile che l’asportazione di rame possa avere questi effetti». Se non sono stati i black-blok, allora sono stati i Rom. Un po’ di innovazione, anche nell’immaginazione difensiva, tornerebbe utile…
Nelle stesse ore la polizia effettuava perquisizioni nei campi nomadi della capitale sequestrando proprio un certo quantitativo di rame, ma senza stabilire collegamenti con i problemi della Tiburtina. Diversi tecnici, di fronte a questa ipotesi, hanno storto il naso. «Anche se fosse plausibile, resta da spiegare perché in un impianto così ‘strategico’ non fosse in funzione né un normale sistema di autospegnimento degli incendi (c’è anche sui vagoni, almeno nei più moderni) e addirittura nemmeno un sistema d’allarme».
In effetti, dell’incendio si sono accorti alcuni ferrovieri in servizio quella notte, quando già fiamme e fumo non erano più contrastabili con i normali estintori. Ma nessun segnale automatico era entrato in funzione. E dire che ogni attività lavorativa – da bar all’angolo alla grande multinazionale – è obbligata ad avere impianti antincendio «a norma», certificati dopo un’ispezione dei vigile del fuoco. Ma le Ferrovie su questo aspetto operano «in deroga», in base a una normativa elaborata quando il gruppo aveva come «missione» il servizio pubblico, non il pareggio di bilancio (perseguito attraverso giganteschi tagli di personale e tratte, di retribuzioni congelate, aumento delle tariffe e privilegiamento delle «più remunerative» linee veloci). Normativa che riconosceva a Fs la capacità tecnica e gestionale di autoregolarsi. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, ma quella «deroga» è rimasta.
Insomma, qualsiasi sia la causa dell’incendio – persino se qualcuno si fosse introdotto nottetempo nell’impianto per rubare un po’ di rame – la responsabilità dell’azienda sembra indubbia. In attesa delle indagini tecniche condotte in primo luogo dai vigili del fuoco, tutti concordano nel dire che è difficile fare ipotesi: «in quella palazzina c’è un intrico molto complicato di materiali e impianti, ci sono anche uffici dove di giorno c’è gente che lavora, e sottoterra cunicoli con centinaia di chilometri di cavi». Ma tutti restano basiti per l’inesistenza di qualsiasi sistema automatico di spegnimento e allarme; tanto più grave quanto più si definisce «strategica» quella stazione. È su queste cose – oltre che sulle «false piste» buttate in pasto a una stampa presa dall’ansia di «dare la notizia» e poco propensa a farsi domande – che un vertice aziendale si gioca la credibilità.
Nella serata di ieri il traffico ha ripreso un ritmo sufficiente a smaltire le code che si erano formate nelle varie stazioni italiane interessate dalla Tiburtina (in pratica tutte, a Nord come a Sud, tranne – in parte – il ramo tirrenico che risale verso Genova e Torino, e quello adriatico tra Bari e Bologna).
da “il manifesto” del 26 luglio 2011

PROTESTE E LEGGENDE
L’assalto fantasma al Frecciarossa, al grido fantozziano «O Roma o Orte»

Le leggende metropolitane sono ormai materia di studio e illuminano sui (perversi) meccanismi di costruzione dell’informazione ufficiale, mai come di questi tempi stressata da fatti nuovi per cui non valgono più i vecchi schemi. Per diverse ore, ieri, ha impazzato la notizia che 300 pendolari inferociti, alla stazione di Orte, avessero bloccato la corsa di un rapido Frecciarossa, costringendo poi il personale a farli salire per arrivare a Roma. Sembrava la vendetta perfetta, troppo bella per dubitarne. Ma non era vero niente. Prima l’azienda, poi (vista la credibilità della prima) la polizia smentivano l’episodio. E nessuno riusciva peraltro a rintracciare almeno uno dei «300». Dice la polizia: «Quando noi siamo arrivati sul marciapiedi numero tre, abbiamo visto una decina di persone attraversare le rotaie per raggiungere il binario quattro. Quante lo abbiano fatto prima non lo sappiamo e non potevamo nemmeno vederlo perche eravamo impegnati a controllare centinaia di persone in attesa dei treni». Tutto qui. Solo il risultato di un po’ di ressa creatasi per prendere il treno alta velocità dirottato dalle Fs nello scalo laziale di Orte per far salire circa 250 passeggeri. «Intendiamo precisare – aggiunge la nota – che non c’è stata alcuna forma di protesta, ma solo il tentativo di salire al più presto sul convoglio». Il macchinista si era dovuto fermare un po’ prima, perché un gruppo di viaggiatori stava attraversando i binari». Vien da dire: peccato! In fondo, c’è chi non merita «clienti» così pazienti…

INCENDIO TIBURTINA: FERROVIERI, QUALI MISURE DI PREVENZIONE ANTINCENDIO ?

INVESTIMENTI AREE COMMERCIALI E AV, MA PRIMA GARANZIE MASSIMA SICUREZZA

“In queste ore, come ferrovieri, ci interroghiamo sull'adeguatezza e sull'efficacia dei dispositivi di prevenzione antincendio presenti nella stazione Tiburtina, tenuto conto che si tratta di impianti elettrici molto estesi e complessi, realizzati in parte in ambienti sotterranei”. E' quanto affermano i ferrovieri della storica rivista 'ancora In Marcia' in relazione all'incendio divampato la notte scorsa nello scalo romano. “L'unico fatto positivo della vicenda – precisa la nota - è che non vi siano state vittime. Tutto il resto ci preoccupa non poco: a fronte delle enormi spese per il rifacimento avveniristico e 'supermoderno' della stazione, in gran parte dedicata a spazi commerciali e al nuovo nodo AV, rileviamo l'insufficienza delle ordinarie misure di prevenzione antincendio in uno dei più grandi impianti italiani, nodo nevralgico della circolazione ferroviaria che garantisce quotidianamente lo spostamento per migliaia e migliaia di viaggiatori. Siamo convinti – sottolineano i ferrovieri - che ogni scelta di investimento e miglioramento delle infrastrutture di trasporto debba essere fatta solo dopo aver garantito per le strutture in uso la massima sicurezza possibile, per viaggiatori e lavoratori. Non si può abbassare la guardia, e gli investimenti destinati alla prevenzione e manutenzione ordinaria sulle infrastrutture che, seppur destinate ad un trasporto meno prestigioso e meno redditizio, sono la colonna portante della mobilità in Italia. Restiamo stupiti da quanto accaduto anche per l'esistenza nel gruppo Fs Spa, ed in RFI Spa, di corpose strutture aziendali, tecniche e amministrative, dedicate esclusivamente a studiare e garantire la cosiddetta 'sicurezza di sistema'. Auspichiamo un intervento delle Autorità competenti – conclude le nota - al fine di far luce sull'accaduto, sulle eventuali responsabilità e restituire la necessaria serenità ai viaggiatori ed ai ferrovieri che utilizzano ogni giorno treni e stazioni.

 

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