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La catastrofe avvertita dall’establishment, ma attribuita al Financial Times

L'ultima carta giocabile, per il governo e i suoi sfegatati supporters è ormai in stile Luigi XIV: dopo di me il diluvio. In prima fila, come sempre, La Repubblica, che affida a Monica Rubino il compito di tradurre un editoriale di Wolfgang Munchau sul Financial Times, sparandolo forte in faccia ai lettori dubbiosi: “Referendum, Financial Times: Italia fuori dall'euro se vince il No". Attenuato solo parzialmente l'effetto terroristico con una seconda parte del titolo leggermente contraddittoria: “Ma gli osservatori economici sono divisi”.

Chi, come noi, si batte per la rottura della gabbia distruttiva chiamata Unione Europea, è musica per le orecchie; per i governisti e gli ultimi epigoni della globalizzazione neoliberista è una campana a morto. Il bello di Repubblica è che ritiene ancora che l'uscita dall'euro sia vissuta come una minaccia dalla popolazione che lavora, e quindi pensa che spargere il terrore in questo modo sia utile per il “sì” al referendum. Gli ultimi sondaggi pubblicabili hanno detto il contrario, ma se uno deve difendere il pensiero unico deve per forza far finta di non capirlo…

Rubino spara subito forte: “Apocalittico è lo scenario tratteggiato da Wolfgang Münchau, condirettore del Financial Times ed esperto di Unione Europea, in caso di vittoria del No”. Come lei, tutti i telegiornali citano Munchau e il Ft come la Bibbia che annuncia il diluvio universale.

Onestà professionale e intellettuale vuole che si legga l'originale, che intanto presenta un titolo decisamente meno catastrofico: “Il referendum in Italia è la chiave per il futuro dell'euro”. Poi, naturalmente, Munchau elenca una serie di conseguenze pressoché inevitabili in caso di bocciatura della controriforma costituzionale, ossia una sequenza di eventi ha solleverebbe domande di partecipazione in Italia nella zona euro.

Munchau è un analista serio, anche se sul fronte opposto al nostro, e dunque ci tiene subito a precisare che “Le cause di questa possibilità estremamente preoccupante non hanno nulla a che fare con il referendum stesso”. I problemi italiani, infatti, non risiedono affatto nel suo assetto costituzionale, ma nella performance economica dell'Italia dal momento che ha adottato l'euro nel 1999. Più precisamente: “La produttività totale dei fattori, la porzione della produzione economica non attribuibile a lavoro e capitale, è scesa in Italia di circa il 5 per cento da allora mentre in Germania e in Francia è salita di circa il 10 per cento”. Solo per comprendere bene l'attendibilità del giornale di De Benedetti, questo passo è tradotto così: "Da quando l'Italia nel 1999 è entrata nell'euro la sua produttività totale è stata di circa il 5% dove Germania e Francia hanno superato il 10%". E' scomparsa pa parola chiave: scesa, in modo da attenuare l'impatto negativo dell'adozione della moneta unica…

Non sarà elegante sottolinearlo, insomma, ma è proprio Munchau a scrivere che, adottando l'euro (e tutti gli altri trattati europei, compreso l'obbligo del pareggio di bilancio, il Fiscal Compact, ecc) questo paese ha imboccato la via del declino.

Ancora più spietato si mostra Munchau nei confronti dell'Unione Europea e soprattutto di Angela Merkel. La seconda causa dell'instabilità in cui è avvolta l'Italia, in posizione particolarmente debole, è per lui dovuta al “mancata capacità da parte dell'UE di costruire una vera e propria unione economica e bancaria dopo la crisi della zona euro 2010-2012 e di imporre, invece, l'austerità. Se volete sapere perché Angela Merkel non può essere il leader del mondo libero, non cercate oltre. Il cancelliere tedesco non riusciva a guidare l'Europa nemmeno quando contava”. Una randellata mostruosa alla credibilità della tecnoburocrazia Ue, dei relativi capi di stato e dell'unico puntello apparentemente saldo nello scenario politico continentale.

Stabilito questo, e le rispettive responsabilità, Munchau ne conclude logicamente che "La combinazione di questi due fattori sono la più grande causa dell'esponenziale crescita del populismo in Europa". Il panorama politico che prende in esame è oggettivamente problematico per lo sviluppo dell'Unione: tre partiti di opposizione – Cinque Stelle, Berlusconi e Lega – tutti abbastanza euroscettici, o comunque più o meno favorevoli a una ripresa di sovranità monetaria. Ma a complicare la situazione è stato lo stesso Renzi, scrive Munchau, “annunciando che si sarebbe dimesso” in caso di sconfitta e creando così la possibilità che “Il 5 dicembre, l'Europa potrebbe svegliarsi con una minaccia immediata di disintegrazione. E ovviamente l'instabilità politica è da sempre vista come un pericolo dai mercati finanziari, e quindi ci sarebbe da attendersi una notevole turbolenza.

La vittoria del NO, in questa analisi, diventa dirompente solo per l'incapacità (o impossibilità) di creare una comunità di Stati davvero alla pari, su base politica e non reciprocamente concorrenziale; quindi per l'impoverimento progressivo di alcuni paesi – tra cui l'Italia – dopo l'ingresso nella moneta unica; e infine per l'inettitudine di un premier senza legittimità elettorale, che ha fatto del referendum un plebiscito su se stesso.

Lo “scenario apocalittico”, insomma, l'establishment europeo ed italiano se l'è costruito con le proprie mani. E, certo, Trump e la Brexit sono poi arrivati come un ciclone su un castello di carte in equilibrio già molto precario.

Molto seriamente, Munchau guarda anche alla Francia, in cui Marine Le Pen rischia di vincere sfruttando questo vento, potendo però contare anche sulla sua “migliore preparazione” rispetto agli altri candidati al momento in campo (solo Emmanuel Macron viene considerato alla stessa altezza). Un riconoscimento di competenza che mette in ridicolo quanti pensano di affrontare la candidata neofascista solo a colpi di “condanna morale” (doverosa e necessaria, ma certamente insufficiente, in una situazione di crisi). Già Trump ha dimostrato che tra esibizione di politically correctness e preoccupazioni economiche non c'è partita…

In ogni caso, un doppio colpo Italia-Francia potrebbe essere davvero la fine dell'euro e l'inizio dell'esplosione dell'Unione Europea. Anche perché, secondo l'editorialista del Ft, è quasi impossibile fare quel che sarebbe necessario per impedire uno scenario di questo tipo: “la signora Merkel avrebbe dovuto accettare quello che lei ha rifiutato nel 2012 – una road map verso un'unione fiscale e politica piena”. Quel che non è avvenuto fin qui, non può avvenire nei prossimi mesi, visto che la Germania va alle urne nel prossimo autunno e la Merkel si è appena ricandidata.

Inoltre, scrive, Munchau, “L'UE ha avrebbe bisogno di rafforzare il meccanismo europeo di stabilità, l'ombrello di salvataggio, tutto quanto non è progettato per gestire paesi delle dimensioni di Italia o Francia”.

L'unica possibilità rimanente sarebbe l'accettazione – da parte tedesca – di mettere in comune i rischi, dando il via libera ai sempre respinti eurobond. Anche questa, però, si scontra quantomeno con la scadenza elettorale a Berlino… La conclusione dell'editoriale di Munchau è in una previsione su base probabilistica: “La mia aspettativa centrale, tuttavia, rimane non un crollo della UE e dell'euro, ma la fuoriuscita di uno o più paesi; Italia forse, ma non la Francia. Alla luce dei recenti avvenimenti, il mio scenario di base è ormai saldamente sulla scala ottimistica delle aspettative ragionevoli”.

Piccola domanda finale: dov'è l'apocalisse di cui parla Repubblica? Nella testa di un establishment che ha puntato tutto sulla distruzione della Costituzione e il rafforzamento esponenziale dell'esecutivo, per il consolidamento di un ordine multinazionale traballante.

Ma se è così, allora, non si tratta altro che della loro catastrofe. Musica, per le orecchie di un'opposizione di classe…

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