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Trasporto pubblico privatizzato? Un disastro già verificabile

Oggi c’è uno sciopero nei trasporti pubblici, con al centro l’opposizione alle privatizzazioni. Al di là dell’iniziativa specifica – che sconta probabilmente i limiti di un persistente spirito di “competizione” tra sigle di base – il tema della privatizzazioni è assolutamente centrale. L’Unione Europea, nel dare il proprio via libera alla “manovrina” del governo Gentiloni, cita esplicitamente tra le “riforme” da portare rapidmente a termine proprio la privatizzazioni di quel che rimane di patrimonio pubblico. E il trasporto passeggeri (cittadino e ferroviario, soprattutto) è tra i pochi settori che possano vantare ancora una forte partecipazione dello Stato o delle amministrazioni locali.

La stampa di “regime europeista” ha da tempo fissato un format con cui affrontare le mobilitazioni nel settore, dando la notizia di uno sciopero solo all’ultimo momento e sotto la dizione “caos nelle città”. A corollario, in questo caso, si distingue la (scarsa) fantasia del vicedirettore del Corriere della Sera, Dario Di Vico, che stigmatizza il tutto parlando di “pretesto delle privatizzazioni”. Come se i lavoratori, nella misura in cui lo stanno facendo, scioperassero tanto per non andare a lavorare. Eppure proprio Di Vico – in gioventù fulgido militante del Movimento Studentesco di Mario Capanna, come Paolo Gentiloni – dovrebbe sapere benissimo che ogni sciopero costa una giornata di stipendio lordo, ossia molto di più della semplice giornata netta. Nel caso degli autoferrotranvieri, almeno 50-60 euro. Del resto anche i giornalisti, le rare volte che scioperano, sperimentano lo stesso trattamento (con trattenute ovviamente molto più alte).

Qualche privatizzazione nel trasporto pubblico c’è comunque già stata, negli anni passati. E quindi sembra il caso di andare a vedere se gli effetti pratici – ossia l’efficienza del servizio – sono stati davvero migliorativi, come promettono i neoliberisti di stretta osservanza (tra cui, ovviamente, lo stesso Di Vico).

L’intervista realizzata da Radio Città Aperta, che ha sentito Michele Frullo, sindacalista Usb nella società privata Tevere Tpl (che ha assunto la gestione delle linee periferiche di Roma, in cessione dall’ancora pubblica Atac), non sembra però affatto confermare una tesi evidentemente molto interessata. Ma falsa.

Un articolo che ci ha incuriosito, questa mattina, nella cronaca di Roma del Corriere della Sera – a firma di Ugo Arrigo, docente di finanza pubblica all’Università di Milano Bicocca – in cui si dice: “perché non si dovrebbe scegliere chi è meglio in grado di rispondere alle esigenze attraverso procedure di gara aperta a chiunque svolga già, in maniera soddisfacente, questa attività?”. E poi ancora, su IlSole24ore: “vogliamo continuare a spendere valanghe di soldi dei contribuenti per continuare a non dar loro i servizi che chiedono, facendogli peraltro pagare a caro prezzo attraverso le tasse? Le gare sono la cartina tornasole per distinguere, finalmente, tra Tpl come welfare e Tpl come servizio”.

La parola privatizzazione non c’è mai da nessuna parte, però ci sembra che venga data una bella spintarella perché venga realizzata. Le linee periferiche romane sono già privatizzate… Ci puoi raccontare come funzionano per i cittadini? E come funziona anche per i lavoratori…

Saluto intanto tutti gli ascoltatori. Prendo spunto dall’ultima notizia che hai letto, quella sul Sole 24 Ore, che diceva “non possiamo continuare a spendere tutti questi soldi per un servizio inefficiente”. Il problema è che con l’arrivo del privato non è che ci sia stato un risparmio, anzi. I cittadini continuano a spendere, e spendono anche di più per un servizio inefficiente. A Roma il 20% del servizio del pubblico locale già è privatizzato; lo è dall’anno 2000, da quando ci fu il giubileo. E il servizio offerto ai cittadini nelle periferie di Roma è vergognoso. Non ci sono percorrenze garantite, non ci sono autobus frequenti e in più – come si è visto nelle cronache dei giornali degli ultimi tempi – c’è il problema del non garantire i lavoratori. Non garantire i lavoratori significa anche non dare quei requisiti di tranquillità, per cui un lavoratore prende servizio perché viene pagato, perché ci sono tutte le tutele all’interno dell’azienda che consentono un servizio sicuro e tranquillo. I lavoratori vengono fatti lavorare anche per doppi turni… C’è tutta una situazione selvaggia nella regolamentazione del trasporto pubblico locale privato. Purtroppo in Italia il privato ha sempre dimostrato che privatizzare i servizi che servono ai cittadini è servito sempre solamente a sperperare più denaro, non ha portato un guadagno. Tanto è vero che Alitalia ci ha dato, ultimamente, l’ennesima prova che 10 anni di privatizzazione hanno affossato ancora di più la compagnia. A Roma abbiamo la prova concreta che il privato funziona soltanto quando il Comune eroga versamenti cospicui nei confronti delle aziende private. Se non c’è questo versamento, il servizio non viene offerto, gli autobus rientrano perché manca il gasolio, oppure perché non ci sono i pezzi di ricambio… A fare così gli imprenditori, con i soldi dei cittadini, sono buoni tutti, anche io. Se prendo i soldi dal Comune erogo il servizio… Il rischio di impresa viene pagato dagli utenti e dai lavoratori. Questo fa il privato oggi. Il privato in Italia, purtroppo, con le regolamentazioni che ci sono, non consente garanzie né sicurezza; consente solamente l’applicazione selvaggia di regole che non danno garanzie.

 

A parte questa stravagante tecnica di privatizzazione, diciamo così. Per quel che riguarda la mobilità a Roma, l’Atac in particolare, è chiaro a tutti che ci sono dei problemi. I problemi principali da cosa derivano, a chi sono imputabili e perché non ci si mette mano?

Sempre per collegarmi sulla spinta verso le privatizzazioni, oggi abbiamo il Partito Radicale che sta raccogliendo le firme per privatizzare Atac. Senza voler ricordare che il Partito Radicale, nelle passate amministrazioni, sia con Alemanno che con Marino, era in Consiglio comunale e tutto lo sfacelo che si è creato in questi anni gli è passato sotto gli occhi; forse non l’hanno visto, quello che è capitato…. Prima non si sono mossi. Queste amministrazioni hanno anche creato la problematica dell’assenza di fondi per acquistare pezzi di ricambio e mezzi nuovi all’Atac di oggi. Oggi Atac sta pagando lo sfacelo delle mancate manutenzioni e del dissesto creato da chi ha gestito Atac in tutti questi anni. Quindi, logicamente, oggi non passa l’autobus perché i mezzi si guastano. Si guastano perché sono vecchi, e vanno cambiati. Per poter sanare Atac servirebbero damblè, domani, 500 autobus e allora riusciremmo a dare un servizio un po’ più capillare alla cittadinanza. Quello che rimprovero a questa amministrazione è che dovrebbe andare nelle sedi competenti, trascinare anche i lavoratori a protestare con loro, sotto al governo, sotto la Regione, perché vengano dati più finanziamenti a Roma; perché Roma merita un servizio che sia più efficiente, non questo che vediamo oggi. Oggi noi stiamo pagando il dissesto creato in anni e per poterlo sanare servono soldi; questo ce lo dobbiamo mettere in testa. Sia che venga il privato, sia che rimanga pubblica, all’Atac servono i soldi per poter investire in nuovi mezzi. E questi soldi li possono e devono dare solamente le istituzioni, il governo centrale e la Regione Lazio. Perché c’è una suddivisione dei fondi dedicati ai trasporti, all’interno della Regione Lazio, che è anche iniqua. Roma prende il 20% dei fondi quando, sul territorio della regione Lazio, copre il 70% del territorio; quindi andrebbero dati più fondi ad Atac e a Roma, proprio perché serviamo una zona e una massa di persone più vasta. I cittadini e gli utenti dovrebbero sapere che Roma è una delle città con l’estensione territoriale più vasta d’Europa. Atac è una delle aziende più grosse d’Europa, proprio perché la città è vasta; e per come è stata costruita serve un maggiore servizio su gomma, anche perché purtroppo le metropolitane si costruiscono molto a rilento per i problemi storici di Roma. Questo è quanto.

 

Oggi c’è uno sciopero, a proposito di privatizzazioni…

Sì, oggi c’è uno sciopero che non è proclamato da Usb, ma capiamo il momento critico che stiamo vivendo. Saprete che all’interno di un emendamento, il decreto n. 50, è stata fatta l’ennesima porcata; è stato inserito l’abrogazione del Regio decreto 148, quello che regolamenta gli autoferrotranvieri dal 1931. Ha 80 anni… andava modificato, perché alcune cose sono diventate osbolete. Ma non può essere cancellato e abrogato damblé con un voto di fiducia. Il problema è che si va a creare un vuoto legislativo. Cioè noi rischiamo che nell’anno in cui questo vuoto legislativo dovrebbe essere compensato con un accordo – sempre firmato dai “soliti noti” che in 20 anni hanno sempre fatto accordi a perdere per i lavoratori e quindi anche questo ci preoccupa tantissimo. Oltre questo, ci preoccupa il fatto che un accordo può essere sostituito benissimo da un altro accordo; mentre invece una legge, per poterla modificare, serve un iter molto più lungo e laborioso. Questo è quello che preoccupa, perché la 148, nonostante avesse 80 anni, dava delle garanzie sulle clausole sociali, dava delle garanzie che il privato trova “difficoltose” al momento di entrare. La 148, per esempio, perché non permetteva il Jobs Act, non permetteva tutte queste situazioni che sono state legalizzate con le nuove regolamentazioni sul lavoro.

 

Bene, noi ti ringraziamo. Bisognerà stare attenti perché dopo Atac c’è Acea ed altro: si tornerà anche presto a parlare di acqua. C’era stato un referendum, ma sembra che venga ignorato. Grazie, grazie molte, a presto.

Grazie a voi.

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