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Lo Stato che si arrende alle slot

Dice un vecchio e saggio proverbio: “del senno del poi son piene le fosse!” Questo viene in mente dopo aver letto un “elzeviro” (si dice così?) sul Corriere della Sera del 28 febbraio 2018 a firma di una ben nota “penna”, quella di Gian Antonio Stella.

Costui, è stato alzato sugli scudi giornalistici per le sue inchieste sul malaffare di una classe politica o imprenditoriale, denunciandone i vergognosi profitti ottenuti con sporchi affari, corruzioni, sprechi, squallide sopraffazioni e prepotenze. Ebbene questa nota “penna” del Corriere della Sera è piuttosto conosciuto per la sua particolare attenzione e denuncia delle malaugurate (fraudolente?) gesta dei lavoratori pubblici, sempre tese, secondo una sua “imparziale e insindacabile” lettura e visione del fatto, a ingannare o turlupinare quindi frodare il bene comune e l’economia pubblica.

L’abile “fustigatore” dei vizi privati e non pubbliche virtù (quelle sembrano appartenere “per diritto divino” solo alla schiera degli onesti imprenditori), si sta accorgendo solo oggi che lo “Stato” cioè l’oggetto e soggetto dominante nei suoi pensieri e nelle sue inchieste, ha perso la partita sul tavolo del “gioco d’azzardo” (sic!).

Questa strategia, attuata dal primo governo di centrosinistra, venne ritenuta utile per ottenere sul piano economico importanti guadagni per le casse statali. Prima fu il boom delle sale Bingo, poi l’esplosione e la legalizzazione delle scommesse clandestine.

Tale manovra venne attuata per raccogliere risorse con la lodevole motivazione di essere impiegate poi in opere di ricostruzione e intervento nei disastri dovuti a calamità naturali in zone dichiarate di “emergenza nazionale”. A causa di devastanti calamità naturali (terremoti, alluvioni, incendi ecc…) occorrevano fondi freschi che le esigue casse dello Stato non avevano a disposizione (impegnate a gettare soldi nel forno degli interessi del debito pubblico). Cos’ venne risolto il rebus: unire l’utile al dilettevole!

Perché non mettere a profitto (dello Stato chiaramente) quel comportamento che molti italiani praticano illegalmente o clandestinamente attraverso un sistema di scommesse clandestine, gioco d’azzardo e altri sistemi illegali gestiti da potenti lobbyes di natura illegale e criminale (spesso camorristiche o mafiose)?

Quindi lo Stato, tramite appropriate e apposite iniziative legislative, ha reso legale quello che storicamente veniva considerato illegale. “Un ottimo antidoto per la solitudine” fu lo slogans coniato dal Ministero delle Finanze a giustificazione della scelta di rendere lecito l’illecito, basandosi sul fatto che i “poveri vecchietti pensionati” soffrivano troppo di solitudine e che un gratta e vinci o un picchetto riuscito poteva darti la soluzione della vita.

Il rovescio della medaglia, a questa improvvida strategia, sono date dalle conseguenti ricadute con drammi pesanti dovute dagli effetti di questo sistema cioè: ludopatia, disgregazioni di interi gruppi familiari, suicidi a causa di indebitamenti e strozzinaggi e altro di questo tenore. Una vera e proprio “tossicodipendenza” che non incideva sulla salute fisica bensì interveniva sul tessuto sociale e soggettivo dei malcapitati “giocatori”!

Una ricerca, frutto di uno studio e analisi di ricerca del gruppo Abele , Libera e Auser (associazioni specializzate nella ricerca e analisi di comportamenti sociali o devianti) aveva come titolo: “Anziani e gioco d’azzardo: è la solitudine il vero nemico”.

Questa strategia non ha portato affatto ad una maggiore socialità, semmai ha accentuato quell’isolamento dovuto alla “singolarità” dell’atto stesso: soli davanti ad una slot-machine, a un videopoker, ad una scommessa online (es. le pay-tv hanno investito enormi capitali sui sistemi informatici di gioco on-line). Ma per lo Stato “i conti erano lusinghieri”.

A fronte di una spesa complessiva annuale – riferita al solo 2016 – per giochi d’azzardo (lotto, lotterie, gratta e vinci, videopoker slotmachine ecc…) che ha sfiorato la cifra di 100 miliardi di euro, lo Stato ha incamerato per entrate fiscali 10 miliardi di euro.

Nel 2016 gli italiani hanno speso:

95 miliardi di euro = il 4,7% del Pil

Vincite redistribuite €76,5 mld

Ricavo per gli operatori €8,5 mld

Imposte allo Stato €10 mld

Contropiano da tempo tramite articoli e inchieste ha denunciato la pericolosità e i danni che questa “legalizzazione e statalizzazione” dell’illecito sul gioco d’azzardo sta causando, danni che comportano per la società perdite notevoli, non solo in termini economici quanto in termini di vita sociale, solidarietà e disgregazioni di intere famiglie e gruppi sociali. Per non parlare poi di quanto tutto questo pesi per il Servizio Sanitario Nazionale, che deve intervenire e supportare gli effetti che la “ludopatia” (forma di una neo-tossicodipendenza) sta producendo per cure sanitarie specialistiche; rimborsi per invalidità dovute a incidenti per ludopatia acclarata; risarcimenti economici per danni dovuti a comportamenti ludopatici; perdita economica dovuta a assenze sul lavoro; fallimenti di imprese e economie familiari per eccessivo indebitamento da gioco e altro di questa natura.

Appare drammaticamente vera – e tutt’ora attuale – la dichiarazione del ministro delle finanze del primo governo italiano, Camillo Benso conte di Cavour allora responsabile dell’economia statale, il quale definì “la tassa dei fessi” la programmazione del gioco del “lotto” che doveva far affluire danaro fresco nella casse dell’allora sorgente Stato italiano.

Per meglio chiarire alcune questioni, altrimenti troppo lunghe da spiegare, alleghiamo due specchietti qui a lato, i quali meglio delle parole illustrano il problema presente in questa strategia governativa, sia in termini di profitto ottenibile sulla pelle delle famiglie e delle persone sia, sopratutto espandendo la pervasiva e ingombrante presenza di strumenti “succhia danaro e vite”.

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