Il diritto alla libertà di stampa, e probabilmente alla libertà più in generale, non è considerato attualmente una priorità in molte parti del mondo.
Nell’Indice sulla libertà di stampa mondiale, pubblicato e aggiornato da Reporters sans Frontieres (https://rsf.org/fr/classement) da molti anni, nel 2023 scopriamo che ai primi posti ci sono i paesi del nord Europa e l’Irlanda, mentre quelle che sono considerate le grandi democrazie non occupano posizioni di rilievo: al 21° posto la Germania, segue la Francia alla posizione 24; la Spagna è al 36° posto, mentre gli Stati Uniti sono solo quarantacinquesimi.
L’Italia risale, nell’anno appena passato, al 41° posto, mentre nel 2022 era precipitata alla 58° posizione, superata anche dalla Macedonia del Nord.
È vero che è appena iniziato l’anno nuovo, ma appare evidente che il dibattito politico attacca, ormai quotidianamente e senza nasconderlo, il diritto a non subire censure e a manifestare il proprio pensiero proprio a chi la libertà di stampa vuol esercitarla.
Sempre più giornalisti e giornaliste sono affrontati direttamente da esponenti della classe politica istituzionale (e non solo quella di destra) in ogni spazio di comunicazione: forse proprio perché la libertà, in questi tempi di guerra soprattutto, deve sempre cedere il passo a voci più forti e guerriere.
Il caso più eclatante è la trasmissione di inchiesta Report di Rai 3, finito ad ottobre scorso in Commissione di Vigilanza RAI dopo un paio di servizi scomodi verso le alte cariche dello Stato anche in Parlamento, grazie all’interrogazione del senatore Gasparri, episodio segnalato a sua volta al Parlamento Europeo per violazione della libertà di stampa.
L’Unione Europea ha emesso a fine novembre 2023 l’accordo politico per una Direttiva di maggiore tutela dell’informazione, contro le azioni giudiziarie su materie di interesse pubblico, riguardanti mafie e cambiamento climatico per contrastare la disinformazione e i tentativi di intimidazione.
Non ultimi, brillano i i numerosi dibattiti sulle guerre, soprattutto rispetto ai conflitti Russia-Ucraina e quello di Israele contro la popolazione Palestinese.
Come riporta la giornalista Barbara Schiavulli che, in un dibattito a La7 all’inizio dello scorso ottobre, viene insultata e contraddetta sui dati statistici degli attacchi dei coloni israeliani, dati di fonti ufficiali e non opinione personale della giornalista a cui i presenti, tutti maschi, non risparmiano una buona dose di violenza verbale. Barbara ne scrive chiaramente in un articolo pubblicato sulla testata Radio Bullets, esperta in questioni internazionali.
Di questa libertà si occupa da molti anni l’Associazione OSSIGENO per l’informazione, acronimo di Osservatorio su Informazioni Giornalistiche e Notizie Oscurate. Ossigeno nasce dal volere del giornalista Alberto Spampinato, presidente dell’Associazione, coinvolto anche personalmente in quanto fratello del giornalista ragusano Giovanni, ucciso nel 1972 perché indagava su un delitto “strano” di cui nessuno voleva capire di più, rivelatosi poi un delitto di mafia.
Ossigeno riunisce associazioni di categoria come l’Ordine Nazionale dei Giornalisti, e enti come ONU e OCSE, insieme a Libera e altri organismi non profit.
Grazia Pia Attolini fa parte da anni di Ossigeno e si occupa principalmente delle violazioni verso le donne giornaliste, a cui è applicata anche la violenza di genere per imporre il silenzio. Parliamo insieme di cosa è oggi in Italia il diritto/dovere all’informazione.
Raccontiamo gli abusi
“Ossigeno, dalla sua nascita nel 2008, si occupa di monitorare, documentare e rendere pubbliche le minacce e gli episodi di intimidazione che subiscono operatori e operatrici dell’informazione. Non solo quindi giornalisti e pubblicisti, il monitoraggio sulla libertà di stampa si allarga anche a blogger, attivisti dei diritti umani, coloro che onorano il diritto/dovere di informare ed essere informati.”
Attolini disegna così il ruolo dell’associazione per la difesa della libertà di stampa: a partire dalla memoria di chi ha già perso la vita, Ossigeno intende proteggere chi vede la sua vita professionale, e non solo quella, minacciata perché svolge il proprio lavoro con serietà.
Ossigeno ha costruito, nel corso degli anni, un metodo che è positivamente considerato a livello internazionale, come racconta la giornalista Attolini: ”Classifichiamo la minaccia, la sua provenienza, oltre che altre informazioni che mettono in evidenza la gravità dell’abuso e inquadrano esattamente da dove viene, come per esempio la territorialità. Dopo di che, diamo informazione di quanto accaduto tramite articoli e notiziari, consultabili sul nostro sito www.ossigeno.info”.
L’associazione è una fonte ufficiale sullo stato della libertà di stampa in Italia, sia per le istituzioni che per gli organi della comunicazione. I dati italiani, presentati nel 2023 in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, non sono rassicuranti: secondo il lavoro fatto, ci sono più professionisti minacciati e meno denunce presentate in seguito alle violenze subite.
“Le testimonianze che raccogliamo – continua Maria Pia – dimostrano che in queste drammatiche situazioni si ha poca fiducia rispetto alle autorità. Un altro grande problema sono le spese legali, che sono molto alte e spesso i freelance non hanno l’assistenza garantita dall’editore o dalle associazioni di categoria. Non ultimo, c’è il pericolo che il giornalista corre insieme alla sua famiglia, soprattutto quando le minacce sono fatte da persone potenti o dalla criminalità organizzata”.
Ossigeno propone uno Sportello dedicato, che parte dall’ascolto fino al sostegno legale tramite esperti e avvocati.
Nel 2022, Ossigeno per l’Informazione scrive il proprio Rapporto con l’UNESCO, uno dei tanti Enti che sostengono l’associazione. I dati appaiono seri: chi raccoglie le notizie dei reati rispetto alla libertà di stampa sa bene che è registrata solo la punta dell’iceberg delle minacce fatte.
Intimidazioni ma anche autocensure
“Dal 2006, si sono rivolti a noi oltre 6.000 giornaliste e giornalisti che hanno subito minacce e intimidazioni, come riporta il contatore sull’homepage del nostro sito. Questo vuol dire che in paesi come l’Italia, dove ci sono leggi nazionali a tutela della libertà di stampa, persistono ostacoli forti al diritto/dovere dell’informazione”.
Continua a spiegare Attolini: ”Ci sono anche molte forme di autocensura, per cui il giornalista sceglie di non scrivere, di non approfondire più un tema di interesse pubblico per la paura di ricevere denunce o minacce”.
Tutto ciò rende molto fragile il nostro diritto a sapere: “La vera protagonista del diritto all’informazione è la cittadinanza, non è solo un problema del giornalismo. Parlare di appalti pubblici, di smaltimento illecito di rifiuti, di candidature politiche, anche nei piccoli comuni italiani, diventa pericoloso perché semplicemente si fa il proprio lavoro”.
Ossigeno distingue tra pressioni subite da operatori dell’informazione avvenute e probabili, considerando le seconde non ancora una minaccia a tutti gli effetti, ma una possibile pressione, magari non dichiarata dallo stesso giornalista che l’ha subita.
L’Associazione prova ad approfondire quanto avvenuto: se esistono prove si passa alla denuncia di quanto avvenuto ed alle misure necessarie per difendere il o la professionista.
Ossigeno si occupa dal 2015 delle minacce che subiscono le donne giornaliste: “Non accertiamo solo il numero delle effettive violazioni, quanto se esiste una specifica componente di genere nella minaccia. Nel 2022 abbiamo fatto uno studio approfondito, finanziato dall’Unesco: è emerso che il 30 per cento delle minacce subite dalle giornaliste sono riferite all’appartenenza di genere, una percentuale molto alta che è agita in modo trasversale, a partire da singoli cittadini fino ad arrivare a quelle fatte dalla criminalità organizzata, intimidazioni che avvengono in tutta Italia.
Abbiamo messo in luce proprio in occasione dello scorso 8 marzo il coraggio delle giornaliste, che a fronte di minacce fisiche e verbali decidono di denunciare, indicando i motivi che le spingono a non tacere: molte partono dal fatto di essere madri, per lasciare ai propri figli e figlie un mondo migliore; denunciano per rendere la libertà di stampa non un mero concetto teorico, ma una pratica reale”.
Una parte importante svolta da Ossigeno è quella dedicata a trenta giornalisti e giornaliste morte facendo il proprio mestiere: “Intendiamo ricordare i morti per proteggere i vivi – dice ancora Attolini –, il nostro lavoro e far conoscere queste storie ai giovani, perché queste drammatiche vicende siano considerate parte delle difesa della libertà di stampa”.
Per questi motivi, Ossigeno realizza incontri nelle scuole: parlano di Ilaria Alpi, Vittorio Arrigoni, Guido Poletti, Maria Grazia Cicculli, Graziella de Palo e Italo Toni, Mauro Rostagno per citarne alcuni.
La memoria è un lavoro che Ossigeno continua con le famiglie delle vittime, aggiornando i casi (www.ossigeno.info/memoria/).
La storia di queste morti si intreccia con la storia ufficiale del nostro paese ed oltre, per questo è importante non dimenticare e non far più accadere queste tragedie che invece sono ancora oggi cronaca: nella Striscia di Gaza sono morti da ottobre 2023 almeno 80 giornalisti, un numero che dimostra, secondo molti, come Israele violi la libertà di stampa in modo estremo.
* Testo e immagine originali ripresi da: https://comune-info.net/raccontare-tra-minacce-e-intimidazioni/
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa