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Islam politico e restaurazione

Questa vasta area a tutti gli effetti costituisce la periferia industriale innanzitutto dell’UE. E’ un’area di forte contesa e ostilità tra le aree valutarie del dollaro, dell’euro e dello yuan cinese. Oltre alla ricchezza di idrocarburi e fosfati, è un importante quadrante commerciale su cui si affacciano i mercati europei, dell’ Africa, del Vicino Oriente e dell’Asia. Le sponde nord-africane e mediorientali hanno subito la secolare rapina di ricchezze iniziata con l’epopea colonialista, che si è aggiornata con le ricette liberiste del FMI imposte da governi corrotti e privi e ormai del necessario consenso. Una miscela esplosiva che la crisi economica ha fatto detonare travolgendo i regimi di Ben Alì e Mubarak, talmente corrotti da costituire un ostacolo per l’attuale fase economica. Ma l’anelito di libertà e il desiderio di trasformazione sociale, espressi dallo slogan “dignità, lavoro e democrazia” gridato nelle proteste di Tunisi e di piazza Tahrir, al momento sono scivolati nelle mani dei partiti legati ai filoni dell’Islam politico: Enhada in Tunisia , il Partito Giustizia e Sviluppo in Marocco, i Fratelli Musulmani nell’Egitto gestito dal consiglio dei Generali. Prendendo a riferimento la Turchia di Racyp Erdogan, i partiti islamici si propongono come forza di cambiamento perfettamente compatibile con un modello islamico parlamentare basato sul libero mercato, in continuità con l’ordinamento sociale capitalista preesistente. Non c’è nessuna rivoluzione nei rapporti sociali, nessun interesse di classe riconosciuto; è quindi più corretto parlare di avvicendamenti di potere anziché di rivoluzioni, anche se la situazione è tutt’altro che pacificata.

Piuttosto sbrigativamente, nello scenario della presunta “primavera araba” si è fatto di tutta l’erba un fascio, mettendo sullo stesso piano le vicende di Libia, Tunisia, Egitto ecc. In Libia il livello di vita era tra i più alti della regione, tanto che l’industria ed i servizi libici si avvalevano di una fortissima immigrazione straniera. Dobbiamo ricercare le ragioni della guerra civile che ha portato alla caduta di Gheddafi nelle contraddizioni politiche interne legate alla sclerotizzazione autoritaria del governo Gheddafi e nella contrapposizione innanzitutto agli interessi francesi in Africa e nel Mediterraneo . Una volta eliminato brutalmente Gheddafi, le iene della strana alleanza anti-libica si sono spartite il bottino costituito dalle riserve auree libiche congelate nelle banche occidentali, dalle royalties sull’estrazione del petrolio e dal primato politico da dividere tra ex funzionari della rivoluzione verde libica e la Vandea dell’Islam politico.

Lungi dal sostenere la tesi che siano i complotti internazionali a guidare le rivolte arabe e le guerre civili in Libia e Siria, crediamo piuttosto che sia necessario comprendere il ruolo che giocano le forze organizzate come gli Stati, i movimenti politici e le alleanze militari nelle contraddizioni esistenti nei paesi in questione.

Dobbiamo domandarci se questi movimenti assumano indirizzo politico progressista o reazionario e di quali interessi sociali siano portatori.

A nostro avviso a direzione di movimenti come i Fratelli mussulmani o di Enhada è di carattere reazionario e non solo sottomette le discriminati sociali alla religione, ma piega la resistenza sociale a favore delle compatibilità capitaliste

A cura della Commissione internazionale della Rete dei comunisti

 

 

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