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Nella roccaforte dell’impero per affermare il diritto all’autodeterminazione dei popoli

D) La delegazione, formata da Luciano Vasapollo e da Rita Martufi in rappresentanza delle Rete dei Comunisti e del centro studi Cestes – il centro studi appunto dell’Unione Sindacale di Base e rappresentante alla FAO per la Federazione Sindacale Mondiale – è tornata il 6 giugno dal viaggio politico-culturale a Washington.
I due compagni tra l’altro coordinano il capitolo italiano de la Red de la Redes en Defensa de la Humanidad. Il lavoro politico e culturale di questa settimana ha visto due campi di attività fra loro strettamente collegati: una parte scientifico-culturale, di elaborazione teorica e proposte, in riferimento al dibattito sull’attualità delle politiche economiche in America Latina anche in riferimento alle linee di ricerca sviluppate dall’Associazione di Studi Latino-americani e con l’Istituto di Studi Politici, di Saúl Landau che è uno dei direttori.

LV) In quest’ambito  è stato importante il confronto sull’origine della crisi, sulle modalità di sviluppo della crisi sistemica, un confronto fra studiosi, teorici marxisti ma anche di altre correnti accademiche o scuole di pensiero, in cui si è analizzato in particolare quali siano le ricadute in America Latina e quali sono le risposte. Per esempio risposte concrete che arrivano dai paesi dell’ALBA realizzando forme di pianificazione socio-economica, attuando un proprio sistema bancario nazionalizzato, che trova la sua massima espressione nella Banca dell’ALBA e la Banca del SUR, attraverso una propria moneta di conto, il sucre, una moneta di compensazione, attraverso politiche di solidarietà e di compartecipazione, di complementarietà forte sui bisogni dei lavoratori, e non quindi su quella che è la legge ferrea del profitto. In qualche modo paesi che sono in via di sviluppo ma che crescono con politiche economiche che cercano di rispettare le compatibilità socio-ambientali, e crescono anche  a tassi del 6-7 % e che si accompagnano in un interscambio forte anche coi i paesi BRICS, cioè Brasile Russia, India, Cina e Sud Africa.

D) Nella sede dei dibattiti di politica economica, in particolare alla conferenza della LASA, c’era anche una presenza costante del Comitato Internazionale per la Libertà dei 5 e parallelamente a quello che era il dibattito sulla crisi si svolgeva anche un’informazione e controinformazione con tantissimi intellettuali e attivisti e sulle attività che giorno per giorno si svolgevano.

RM) La nostra delegazione è stata invitata a Washington  dal Comitato Internazionale per la Libertà dei 5 – cogliamo qui l’occasione per ringraziare il Comitato e in particolare Alicia Japrko e Graziella Ramirez, che sono le due coordinatrici internazionali del Comitato, per il grande lavoro di impegno politico e di passione: per preparare questo evento sono serviti diversi mesi di lavoro; non è facile preparare giornate di cultura, di informazione, di comunicazione, di lotta, di manifestazione, di dibattiti negli Stati Uniti, a Washington.
L’esempio del Comitato Internazionale dovrebbe essere ripreso anche qui in Europa, in Italia in particolare; lì si è dimostrato cosa significhi l’unità nella lotta per i 5, e cioè rapportarsi in pieno rispetto di posizioni anche diverse e in maniera paritetica a tutte le forze e a tutti i comitati che in maniera impegnativa reale, anche con appartenenze politiche e culturali diverse, che danno un contributo fondamentale nelle lotte per la libertà dei 5, per la battaglia in difesa dell’autodeterminazione di Cuba e dei popoli, contro il blocco, per la restituzione legittima a Cuba di Guantanamo, per migliori relazioni fra il popolo – perlomeno – degli Stati Uniti e il popolo cubano, se non altro permettendo ai cittadini degli Stati Uniti di poter visitare l’isola.

LV) L’appello all’unità si fa quindi sui contenuti prima di tutto, sulla qualità politica dei contenuti, sul rispetto di tutte le forze che si muovono su questo terreno, e poi cercando ovviamente anche un approccio di tipo quantitativo nella partecipazione alle manifestazioni e attività di massa.
Qui in Europa purtroppo esiste uno scontro storico all’interno della sinistra e anche all’interno dell’associazionismo, che spesso nulla ha a che fare con la diversità di proposte politiche: questa sinistra eurocentrica è ormai smarrita, nonostante abbia scelto opportunisticamente da decenni la centralità della via elettorale – e quindi in pratica di strumentalizzare o  di non stare nei movimenti sociali e di massa – , e oggi non ha più nemmeno consenso elettorale e quindi gli appelli all’unità , anche nel nobile terreno della solidarietà internazionalista, sono spesso autoreferenziali, di protagonismo organizzativo e di protagonismo personale.

D) In questo viaggio avete vissuto giornate  intense di studio, di dibattito a sfondo sociale e di lotta, in modo tale da interessare settori ampi dell’opinione pubblica statunitense sul caso dei 5. Perché l’opinione pubblica?

RM) Perché ormai è noto che il caso è tutto  politico, anche se si continua  con bravissimi avvocati giustamente con la via giudiziaria, anche se quest’ultima ha portato solo  a condanne infami oltre che ingiuste.
Il caso dei 5 riguarda agenti dell’anti-terrorismo cubano che hanno svolto il proprio lavoro con grande spirito rivoluzionario e patriottico, hanno cioè eseguito operazioni di infiltrazione per cercare di evitare – e sono stati evitati – attentati non solo a Cuba ma anche all’interno degli stessi Stati Uniti. Nel momento in cui questa rete di antiterroristi infiltrati stava per essere scoperta c’è stato un accordo fra i paesi affinché i cinque compagni rientrassero, ma invece i potenti USA hanno deciso di arrestarli.
È stato un processo ingiusto, svolto proprio a Miami, che ha fatto sì che ci fossero condanne incredibili! Addirittura l’accusa di infiltrazione è stata tramutata in quella di spionaggio: lo spionaggio e la cospirazione sono dei reati gravi, per cui alcuni di loro hanno avuto  ingiustamente e incredibilmente l’ergastolo. Per non parlare delle forme di detenzione: ognuno in carceri diversi per 14 mesi in quello che si chiama “il buco”, cioè uno spazio di 3 metri quadri, in cui è impossibile vivere in modo normale; alcuni di loro in 15 anni non hanno mai visto i propri familiari. Insomma una condanna sul piano politico-giudiziario e sul piano della detenzione che anche Amnesty International  ha duramente criticato– che sicuramente non è filo-cubana né marxista – ha lanciato  con gravi accuse contro tale ingiustizia insieme ad altri organismi internazionali.

D) Qual è la situazione attuale?

RM) La situazione attuale è che in carcere sono rimasti in quattro: René ha scontato i suoi tredici anni, dopodiché gli sono stati aggiunti tre anni di un’altra ingiustissima forma di detenzione, cioè di restare negli USA – tra l’altro in un luogo pericolosissimo per lui, a Miami – ; ne ha scontati due e un mese fa l’ultimo anno gli è stato condonato a patto che lui rinunciasse alla cittadinanza degli Stati Uniti, cosa che ha fatto.
Molti pensano che ora la battaglia cambi nome, che diventi la “lotta per la libertà dei 4”; giustamente René per primo ma anche tutti gli altri affermano che la battaglia è sempre quella dei 5, perché finché non sarà uscito anche il quinto la battaglia rimarrà unita, quella di un corpo unico che ha combattuto e combatte, per lottare contro il terrorismo e fare del bene all’umanità. Una battaglia da cui se ne esce quindi tutti insieme! I 5 sono parte di ognuno di noi, di ogni democratico, di ogni rivoluzionario; i 5 sono tra la parte migliore di Cuba e della rivoluzione cubana.

D) Le giornate sono iniziate con una bellissima conferenza stampa nella quale c’è stato un collegamento diretto con René che ha fatto un grande discorso, un appello di amicizia al popolo degli USA, per cercare di rompere questo muro di silenzio nell’opinione pubblica statunitense; un completo oscuramento voluto dalle televisioni e dai giornali perché imposto dai poteri forti dell’impero USA.

RM) René ha fatto l’appello  alla prima conferenza di Washington affermando che il popolo degli Stati Uniti ha diritto all’informazione, che è un popolo amico che deve essere informato su questo caso per decidere autonomamente che cosa fare e che posizione assumere. Hanno partecipato a questa importante conferenza stampa Dolores Huerta, fondatrice del sindacato dei lavoratori agricoli; Ignacio Ramonet, un uomo di provenienza culturale diversa dalla nostra ma che sicuramente si sta spendendo con gran impegno e passione in questa battaglia per i 5; Sofia Clark d’Escoto; Wayne Smith. Insomma una bellissima conferenza stampa in cui si è anche dato il programma dei giorni successivi.
Nella stessa giornata si sono tenute anche delle riunioni di organizzazione dei vari eventi pubblici, fra cui quello della sera, in cui si è fatta una conferenza sulla relazione fra Cuba e le  lotte anticolonialiste e di indipendenza in Africa, in particolare nell’Angola. E’ stato proiettato anche un film intitolato “Odissea in Africa”, una dimostrazione del ruolo di solidarietà e il ruolo internazionalista che Cuba ha svolto in tutti questi decenni.
Già il venerdì si è deciso di manifestare per Washington e di informare i cittadini di andare alle metropolitane, per il centro della città, di dare volantini e mostrare cartelli; la gente si è incuriosita e ci siamo accorti di come non si conoscesse la storia dei 5.

D) Ad un certo punto si è deciso di andare alla sede del più grande giornale della città, il Washington Post, con l’intento di far pubblicare qualcosa.

RM) Dopo una lunga trattativa abbiamo incontrato brevemente una capo-redattrice e ha preso l’impegno di ricevere la delegazione il lunedì seguente, pur premettendo che “poteri forti” non hanno finora permesso di pubblicare notizie sul caso dei 5.
Questa  giornata ha quindi rappresentato una prima battaglia di divulgazione pubblica. La stessa sera un ampio gruppo di cittadini cubani residenti a Miami, vicini al governo di Cuba e alla Rivoluzione Cubana, ci hanno raggiunti e hanno tenuto un incontro-dibattito spiegando le difficoltà di vivere a Miami, in mezzo ai terroristi, a Posada Carriles, e altri mafiosi di vario genere che girano per la città.
L’ambasciatore – gli USA non accettano rapporti diplomatici ufficiali e quindi non riconoscono  l’ambasciata cubana che è quindi una “officina di interesse” – è stato sempre presente attivamente ai convegni, conferenze, dibattiti e  molto gentilmente, ci ha invitato ad un cocktail di benvenuto in cui tutte  le delegazioni hanno incontrato il corpo diplomatico e istituzioni varie per un interscambio sull’attualità del percorso della rivoluzione a Cuba.

D) Il momento più significativo si è avuto sabato 1 giugno, quando avete  fatto una manifestazione per le strade di Washington con cartelli e manifesti con lo slogan “Obama, give me Five!”, “Obama, restituiscici i 5!”.

RM)  Hanno partecipato tutte le delegazioni, vi è stata una forte presenza di strutture di compagni statunitensi; siamo arrivati davanti la Casa Bianca e abbiamo continuato per oltre quattro ore questa manifestazione, nonostante vi sia la regola che nel centro simbolico dell’impero si può manifestare ma bisogna camminare in continuazione!
Siamo riusciti a informare e ad interloquire con molta gente, in quanto la Casa Bianca  è anche una meta di turismo. Alla manifestazione  hanno partecipato circa 500 persone, e non è poco, perché negli USA è molto difficile vedere cortei numerosi come i nostri, le loro sono spesso manifestazioni di poche decine di persone.
Alle ore 15 sono arrivati 150 compagni da New York che si sono uniti a noi, e in quel momento si è tenuto un comizio aperto da Luciano Vasapollo, anche insieme a James Crockford che è stato anche nostro ospite in Italia, scrittore e accademico canadese; e poi hanno fatto seguito molti interventi. Nel suo discorso Vasapollo ha messo in evidenza come quella per i 5 sia una campagna di lotta per la loro liberazione ma anche per la difesa dell’autodeterminazione dei popoli a livello internazionale e una battaglia di informazione sull’opinione pubblica, ed anche per dimostrare l’amicizia verso il popolo statunitense. È un rapporto di amicizia tra popoli, il desiderio di tutti i manifestanti per informare i cittadini statunitensi anche sulle torture che continuano brutalmente a Guantanamo; anche una importante occasione per informare sugli altri prigionieri politici che sono nella carceri degli USA: ci sono compagni portoricani anticolonialisti e antimperialisti che sono in carcere da 25/30 anni.
Quindi chiedere la liberta per i 5 significa anche chiedere la libertà per tutti i prigionieri politici in USA, per i prigionieri palestinesi, per i prigionieri curdi, per i prigionieri baschi ecc.

D) Dopo la manifestazione e dopo il comizio, dentro una chiesa con oltre trecento persone vi è stato un evento ecumenico culturale con diversi religiosi che, in forma di dibattito, hanno messo in evidenza  la loro attenzione e partecipazione per il caso umano dei 5.

RM) Si, è stato unanime l’appello a sollecitare di più i credenti e ampi  settori della cultura  e dell’opinione pubblica statunitense , ad agire attivamente in favore dei 5 e della loro libertà in termini di grande umanità. Ha tenuto un emozionante discorso anche Miguel Barnet, grande intellettuale cubano. Il dibattito si alternava a musica molto bella anche con Mighty Gabby, cantante impegnato e d’avanguardia, molto famoso negli anni settanta/ottanta.
Questa attività culturale molto toccante emotivamente dentro la chiesa è stata chiusa la sera da Angela Davis, una combattente afro-americana degli anni settanta/ottanta, che ha affermato che la storia degli antiterroristi cubani imprigionati nelle carceri americane è un caso disumano e scandaloso, e ha fatto un appello per creare un forte movimento di massa negli USA per la loro liberazione, come i grandi movimenti alternativi degli anni settanta e degli anni ottanta. La Davis ha anche ritenuto scandaloso che chi ha operato per evitare il terrorismo e meriterebbe un riconoscimento internazionale è invece ancora in prigione.

LV) L’appello ai movimenti di massa è quindi perché si ascolti negli Stati Uniti la voce di cinque innocenti e affinché questa ingiusta reclusione scateni un’ondata mondiale di mobilitazione come fu quella appunto della militanza politica contro la guerra degli anni settanta.
Attualmente Angela Davis è professoressa di Filosofia all’università della California, ma sicuramente non ha perso la sua grande grinta di attivista nella lotta per i diritti , tutta espressa nell’appoggio alla causa dei 5, dei palestinesi, del femminismo, l’appoggio alla questione dell’antirazzismo e dell’antimperialismo.
Tutto ciò, detto all’interno di una chiesa, ha dato ancora più coraggio nella continuità della lotta a tutti i presenti e ovviamente alla nostra delegazione: vogliamo infatti rivendicare tutto il nostro operare politico, anche quando un anno e mezzo fa, con nostre strutture come la Rivista Nuestra America, siamo stati criticati da tante persone, associazioni e organizzazioni, solo perché abbiamo concretamente realizzato un desiderio umano e politico che i famigliari dei 5 e il Comitato Internazionale ci ha dato come sentito suggerimento: cioè  quello di portare il caso dei 5 anche fuori dalla cerchia dei militanti della solidarietà, nei sindacati, nelle università,  nelle chiese. Nelle parrocchie di tutta Italia dove siamo andati a informare sui 5 abbiamo trovato grande sensibilità; siamo stati criticati da molti di questa persa sinistra eurocentrica, ma noi siamo andati nelle chiese da comunisti e da atei, con estremo rispetto  per mobilitare l’opinione pubblica dei credenti su un caso che è anche umanitario, e ci hanno ascoltato  con attenzione e partecipazione. Il 14 dicembre del 2011 siamo stati ricevuti in udienza con Padre Tarzia da Papa Benedetto XVI, e abbiamo consegnato un opuscolo sulla storia dei 5. Il Papa è stato poi a Cuba nel marzo successivo, e la nostra delegazione, col capo dei Paolini Don Tarzia, ha seguito questa storica visita e abbiamo scritto su ciò un libro.
Negli USA e non solo oggi la battaglia sui 5 è fortemente rivolta ai credenti, alla chiesa evangelica, perché l’opinione pubblica che può smuovere una decisione di Obama è sicuramente sensibile alle parole e alle posizioni degli uomini di Chiesa di forte impatto.

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D) La domenica è stata dedicata ad eventi culturali e musicali dentro le chiese, e anche in questa occasione la gente presente era moltissima e molto interessata e coinvolta.
Il lunedì è stato dedicato ad attività istituzionali: vi siete divisi in gruppi dilavoro e con vari permessi siete andati al Palazzo del Congresso per incontrare senatori e parlamentari.

RM) Dopo un’iniziale diffidenza le nostre delegazioni insieme con i parlamentari del Cile, del Salvador, dell’Ecuador, del Brasile, del Nicaragua sono state ricevute da senatori, con i quali sì è avuto uno scambio di vedute estremamente importante. Ci è stato detto infatti che vi è la possibilità che il caso dei 5 si possa sbloccare, essendo un caso politico; ma il prezzo che dovrebbe pagare il Presidente sarebbe oggi estremamente alto perché nel Congresso, sia fra i democratici che fra i repubblicani, c’è una componente fortemente anti-cubana, quindi un’eventuale indulto provocherebbe un attacco deciso contro Obama. L’unica maniera per sminuire gli effetti di impatto negativo di questo attacco sarebbe avere negli USA un’opinione pubblica schierata favorevolmente alla liberazione.
Proprio per questo il pomeriggio siamo andati al Washington Post dove abbiamo avuto un lungo colloquio con capi redattori e con l’altro giornale, Foglio latino: sono stati molto gentili e ci hanno promesso che sarebbero usciti degli articoli su questi giornali. Questa è una grande vittoria perché negli USA mai – tranne una volta a pagamento, al costo di 60 mila dollari,  con un inserto pubblicitario – ci si era occupati di questo problema con un “libero” articolo su un grande quotidiano (in effetti come promesso venerdi 7 giugno è uscito l’articolo,vedi http://eltiempolatino.com/news/2013/jun/08/piden-liberar-los-cinco-cubanos/.

LV) Vi sono poi state altre tre riunioni molto importanti: una conferenza con giuristi, in cui tutti gli avvocati e lo stesso Ramsey Clark hanno parlato dell’evoluzione sul piano giuridico della situazione; hanno partecipato anche i nostri amici giuristi italiani Fabio Marcelli e Tecla Faranda. Si sono analizzati dei dettagli tecnici importanti perché, come spiegato dagli avvocati, prima del processo con soldi pubblici – e quindi imposte e tasse di cittadini statunitensi – sono stati pagati milioni di dollari a 74 giornalisti affinché con i loro articoli influenzassero negativamente (quindi contro i 5) la Corte giudicante. Questo fa sì che si possa richiedere una revisione ulteriore del processo a causa di questo assurdo ed illegale condizionamento.

RM) Vi è stata poi una partecipata riunione con molti sindacalisti in cui si è chiesto che i sindacati internazionali prendano una decisione importante sulla battaglia per i 5; in particolare un ruolo fortissimo ha avuto il sindacato americano e quello canadese dei lavori postali e dei trasporti.
L’ultimo giorno trascorso a Washington abbiamo visitato la mostra di quadri di Antonio Guerrero; c’è stata una bella conferenza con intellettuali, alla quale abbiamo partecipato con Ignacio Ramonet, Miguel Barnet e Gianni Vattimo,  che come eurodeputato si è speso molto positivamente con gran passione anche negli incontri con gli altri deputati, ecc.
Sempre nella stessa giornata abbiamo partecipato attivamente ad un altro sit-in insieme alla delegazione dei deputati cileni e alla comunità del paese andino negli Stati Uniti – in concomitanza con l’arrivo del presidente cileno Sebastián Piñera per una visita al Presidente Obama. La manifestazione era stata indetta per richiedere l’estradizione degli assassini di Víctor Jara, cantautore cileno ucciso cinque giorni dopo il colpo di Stato dell’11 settembre 1973 e di Luis Posada Carriles.”ESTRADIZIONE DI TUTTI GLI ASSASSINI TERRORISTI PROTETTI DAI VARI GOVERNI USA”, che da troppi decenni causano guerre e morti innocenti e che da 15 anni privano della libertà Cinque tra i migliori uomini meriterebbero il premio Nobel per la pace, per la loro importante missione e il loro sacrificio.
Vi è poi stata la presentazione di vari libri tra cui quello interessante di Fernando Moraìs, il compagno brasiliano che ha scritto “Gli ultimi soldati della guerra fredda”; un libro che racconta la storia dei 5 cubani in modo dettagliato, commentato e coinvolgente. E vi è stata la celebrazione del 48esimo compleanno di Gerardo. Infine si è tenuta l’ultima conferenza di chiusura delle attività svolte con collegamenti diretti con Renè e altri compagni dall’Avana e la nostra delegazione è poi ripartita per il ritorno in Italia.

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D) Ormai la battaglia per la liberazione dei fratelli cubani deve quindi assumere carattere sempre più politico e anche umanitario; deve spingere sull’opinione pubblica statunitense – e ci sembra che sia da parte dei giornali, sia nelle manifestazioni, sia da parte dei parlamentari USA, vi è maggiore interessamento a questa situazione.

RM) Bisogna svolgere attività  in tutti i paesi, dappertutto, in tutti i settori sociali, attività coinvolgenti al di là dei soliti militanti. Ed è per questo che per esempio  a febbraio scorso nella nostra lunga visita a Cuba, abbiamo preso impegno col Ministro della Cultura cubano Bernal e con il suo vice Fernando Rojas di pubblicare due libri qui in Italia col contributo di molti intellettuali –  per la maggior parte cubani – in cui ogni articolo da considerare “pezzo di arte” sia dedicato ad uno dei 5. Diffondere questo libro a livello europeo significa parlare dei 5 e quindi di come si calpesta il diritto internazionale dentro le università, dentro le scuole, tra i lavoratori, ecc.
L’altra questione messa in risalto da questa esperienza politica a Washington  è l’unità, ma l’unità vera nella lotta politica che si fa concretamente, con le proposte e non con il protagonismo del singolo comitato o della singola associazione, ma con un’idea unitaria, politica incentrata sulle lotte.

LV) Per questo la Rete dei Comunisti darà sempre il suo contributo militante per la solidarietà internazionalista , per il rafforzamento dei processi di autodeterminazione dei popoli, e dei processi del socialismo del XXI secolo. Perché dividersi non fa danno all’altra organizzazione o struttura politica, ma fa danno ai 5 compagni cubani e alla Rivoluzione cubana!
Prendiamo esempio dal Comitato Internazionale per la libertà dei 5 e da tutti i compagni che riescono a mettere insieme migliaia di militanti e cittadini di provenienza politica diversa in tutto il mondo! Un grande plauso va ad Alicia, a Graziella, e al Comitato Internazionale, che è riuscito a portare a Washington delegazioni di 23 paesi, dell’America Latina, dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia! Questo è un grande risultato, anche perché un viaggio a Washington non costa poco, l’organizzazione è stata perfetta; ognuno per andare ha fatto un sacrificio economico e personale.
Ma stare insieme a nostri fratelli e a compagni che portano avanti da anni questa lotta,  dal Salvador al Nicaragua, alla Bolivia, all’Argentina, al Brasile, per arrivare alla Germania, alla Svezia, al Canada, a paesi dell’Africa, anche all’altro compagno italiano Raul Della Cecca, in rappresentanza della rivista Moncada. Tutto ciò è stato per la nostra delegazione una grande emozione e una grande esperienza politica.
Come Rete dei Comunisti  realizziamo un intenso lavoro internazionalista anche per la la libertà dei  5 ma anche un serio  lavoro teorico: siamo molto conosciuti per avere da decenni contribuito al dibattito sulla crisi e per il lungo e intenso lavoro internazionale, per cui varie delegazioni dell’Europa e dell’America Latina già ci conoscevano e abbiamo approfondito le relazioni politiche dirette con loro.

D) Vi è stato quindi un grande rispetto reciproco e per questo spirito unitario e di volontà di continuità nella lotta unitaria  penso si debbano ringraziare tutte le delegazioni che hanno partecipato a queste stupende giornate di lotta per la solidarietà internazionalista e in primis il Comitato Internazionale.

RM) Noi ritorniamo con la carica di prima e più di prima, abbiamo partecipato a meravigliose giornate di lotta e a meravigliosi momenti di emozionante umanità; giornate significative in cui pensiamo di aver fatto un passettino in avanti in questa battaglia per la libertà dei nostri fratelli cubani. Questo pezzo di strada per lo sviluppo autodeterminato dei popoli non sarà davvero compiuto quando riporteremo a casa tutti i 5 e tutti i prigionieri politici antimperialisti e  anticapitalisti a partire dalle migliaia di sindacalisti di classe e rivoluzionari sepolti nelle carceri del capitale!!

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