La Repubblica democratica del Congo è una delle maggiori unità politiche dell’Africa; lo rendono tale le enormi ricchezze minerarie, per lo più concentrate nella regione dello Shaba, ex Katanga, al confine con l’Angola e lo Zambia: coltan, cobalto, rame e tante altre. Il Paese è stato teatro di una storia di sfruttamento, nonchè scacchiere per le mire coloniali dei Paesi imperialisti.
Il Congo è stato un esempio di colonizzazione”privata”, quando il re del Belgio, Leopoldo II°, si rese protagonista di un’operazione che gli assicurò il dominio su un territorio dieci volte più grande della madrepatria. La “Union minière du Haut Katanga” operò con la massima spregiudicatezza, come uno Stato nello Stato. Nel 1960 i belgi si ritirarono e nel 1967 l’Union minière, benchè venisse nazionalizzata e assumesse la nuova denominazione di GECAMINES, continuò ad assicurarsi una parte ingente dello sfruttamento minerario.
A partire dal 1973, il Governo avviò una serie di nazionalizzazioni di altre società estere, adottando la cosiddetta “via zairese al socialismo”. In realtà le nazionalizzazioni si tradussero nel puro e semplice accrescimento di privilegi per i pochi al potere, rappresentanti della borghesia nazionale. I proletari congolesi da sempre vivono miseramente.
Il Congo possiede l’80% delle riserve mondiali di coltan. Il coltan è una miscela complessa di columbite e tantalite, due minerali della classe degli ossidi, che si trovano raramente in forma pura. Per questo il coltan è chiamato “l’oro bianco”, ed è una risorsa strategica essenziale per lo sviluppo di nuove tecnologie. Serve per la fabbricazione di telefoni cellulari, GPS, satelliti, armi guidate, computer portatili, razzi spaziali, missili, macchine fotografiche e molto altro ancora.
La rivoluzione tecnologica ha fatto schizzare in alto il prezzo del coltan. Le multinazionali se lo contendono. I media borghesi cercano di far credere che le guerre africane siano la conseguenza di conflitti tribali, ma non è così. Il coltan è la causa principale della guerra che dal 1998 ha ucciso più di quattro milioni di persone in Congo. Le multinazionali sfruttano le miniere di coltan ed i minatori pagano anche con la vita.
Il coltan contiene una parte di uranio, quindi è radioattivo, provoca tumori ed impotenza sessuale, viene estratto dai minatori a mani nude. Circa 40mila bambini, secondo i calcoli dell’UNICEF, lavorano nelle miniere di cobalto. Bambini i cui corpi possono muoversi più agevolmente sottoterra, nelle anguste gallerie delle miniere di cobalto. Boschi e campi si trasformano in pantani, i ragazzi e le ragazze non vanno più a scuola, si diffondono molte malattie per mancanza di acqua pulita e cibo, turni e condizioni lavorative estenuanti. Nelle miniere del cobalto uomini, donne e bambini sfruttati lavorano dodici ore al giorno in condizioni pericolose.
Le principali aziende di elettronica, tra cui APPLE, SAMSUNG e SONY evitano i dovuti controlli di base per garantire che il cobalto usato nei loro prodotti venga estratto rispettando i “diritti umani”. In Congo gli enormi introiti del contrabbando delle ricchezze del sottosuolo finanziano i gruppi armati nell’Est del Paese, alimentando un conflitto che dura ormai da venti anni. Il commercio illegale di risorse naturali alimenta l’instabilità nelle regioni del Nord e Sud Kivu e del Katanga. Diversi gruppi armati controllano le miniere.
Si stima che ogni chilo di coltan che viene estratto costi la vita di due bambini, molti dei quali muoino a causa di frane. Altre gravi conseguenze sono migliaia di spostamenti forzati, migliaia di civili fuggiti dalle loro case, milioni di rifugiati, violazione dei diritti fondamentali di anziani e donne. I lavoratori del coltan lavorano dall’alba al tramonto, mangiano e dormono nelle zone selvagge di montagna.
Non sono soltanto gli esseri umani a subire le conseguenze dell’estrazione del coltan. Per estrarre il coltan del Congo si sono invasi i Parchi nazionali. La popolazione degli elefanti è scesa dell’80%. La popolazione dei gorilla è diminuita addirittura del 90%.
Lo sfruttamento del lavoro minorile è una condizione del capitalismo. I bambini aumentano il numero dei lavoratori che la borghesia può sfruttare, abbassandone il prezzo. I GOVERNI LASCIANO MANO LIBERA AI CAPITALISTI DI FARE QUELLO CHE VOGLIONO E DI SFRUTTARE A PIACIMENTO, CON CRUDELTA’ E SENZA REMORE LA CLASSE LAVORATRICE E TUTTI I MEMBRI DELLA SUA FAMIGLIA. Nei Paesi imperialisti il lavoro minorile non è stato abolito, ma solo più o meno regolamentato. Il sistema capitalistico nel mondo sfrutta fanciulli a tutto spiano. Lo sfruttamento del lavoro minorile, riducendo il valore della forza-lavoro fa concorrenza al lavoro del lavoratore adulto, permettendo il suo ulteriore sfruttamento.
Friedrich Engels nell’opera “Sulla situazione della classe operaia in Inghilterra” scrive: il proletariato riceve dalla borghesia i mezzi per vivere in cambio del lavoro prestato, attraverso un contratto formalmente libero e spontaneo: bella libertà, nella quale all’operaio non resta che sottoscrivere le condizioni imposte dalla borghesia, a meno di non morire di fame e di freddo“.
La borghesia dispone di un esercito di proletari disoccupati, pronti a fare concorrenza e a prendere il posto di coloro che non accettino le sue condizioni, oltre naturalmente a disporre della forza materiale dello Stato per schiacciare le rivolte operaie. Finchè permane il conflitto di classe, l’ostilità del proletariato verso i suoi oppressori è una necessità e rappresenta la leva più importante del movimento operaio. Ma va oltre tale ostilità, perchè il comunismo è la causa di tutta l’umanità.
Non è l’ora del pietismo sulla condizione sociale, è l’ora di organizzare l’opposizione proletaria alle politiche borghesi. E’ vano sperare sulle concessioni della classe dominante, tutti i provvedimenti sono illusori finchè il proletariato non abbia la forza di lottare contro la classe sfruttatrice, fino alla liberazione dal capitalismo e dal lavoro salariato.
da http://www.inventati.org/cortocircuito
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