La vicenda delle copie digitali de Il Sole 24 Ore si arricchisce di nuovi dettagli. E stavolta è il mensile Valori, in collaborazione con Merian Research, a fare luce su un nuovo fronte di un caso intricatissimo, come non hanno mancato di segnalare a più riprese il giornalista del quotidiano di Confindustria Nicola Borzi e l’associazione dei consumatori Adusbef.
Ma veniamo ai fatti. Il Sole 24 Ore avrebbe pagato una società registrata a Londra, la Di Source Ltd, per gestire, raccogliere e attivare abbonamenti e edizioni digitali altrimenti “inattivi” e non conteggiabili nelle rendicontazioni ADS (Accertamenti Diffusione Stampa). Si tratta delle cosiddette “copie digitali multiple”, relative ad abbonamenti venduti in blocco ad aziende – e a loro volta poi distribuite a soggetti terzi – che concorrono a comporre il dato della diffusione totale, fondamentale come riferimento per la raccolta pubblicitaria. A marzo 2016 Il Sole 24 Ore dichiarava ben 109.500 copie digitali multiple, contro le 2.363 di Repubblica, le 5.761 del Corriere della Sera e le 2.040 del Messaggero. Un dato anomalo che ha spinto ADS a non includere più la diffusione digitale nel conteggio totale a partire dall’aprile di quest’anno.
Sul caso sta ora indagando la Procura di Milano ma intanto Valori ha cercato di fare luce sulla Di Source Ltd, di cui non si conoscono i reali proprietari. La società risulta infatti controllata al 100% da un’impresa inattiva, la Bedford Nominees (UK) Ltd, controllata al 100% da Jordans Trust Company Ltd (UK), che è a sua volta interamente controllata da The West of England Trust Ltd (UK), la holding del gruppo Jordans, specializzato nella creazione di strutture societarie, con sede a Bristol. Gli azionisti di The West of England Trust Ltd sono noti, ma sembra trattarsi meramente di fiduciari che rappresentano gli interessi di altri soggetti che non è possibile identificare. Una pratica diffusa, che in altri casi ha permesso di proteggere attività opache. La stessa catena di controllo societario di Di Source, con le stesse identiche società (a partire da Bedford Nominees (UK) Ltd), è stata usata per esempio dal calciatore Lionel Messi dopo il 2006 in operazioni di sospetta evasione fiscale.
Quello che pare ancora più strano è che Di Source Ltd, creata nel novembre del 2012, non sembra avere una storia né alcuna esperienza nel marketing di testate giornalistiche. E non possiederebbe nemmeno un sito internet per pubblicizzare la propria attività. Perché allora Il Sole 24 Ore si sarebbe affidato ai servizi di una società senza un’apparente esperienza consolidata nel campo, retta da una struttura tutt’altro che trasparente? A questa e altre domande cercheranno di rispondere i magistrati milanesi.
Massimo Arioli è stato anche director de Il Sole 24 Ore UK Ltd che ha come obiettivo la vendita di spazi pubblicitari nel Regno Unito. Il Sole 24 Ore UK Ltd è stata costituita nel 2010 con l’aiuto di due scatole societarie britanniche, la Instant Companies Limited e la Swift Incorporations Limited, appartenenti anch’esse al Gruppo Jordans di Bristol.
Sembrano quindi esistere una serie di collegamenti, seppure indiretti e tutti da dimostrare, tra la Di Source Ltd e il Gruppo Sole 24 Ore. Tutti questi dettagli sono stati riportati nel terzo esposto inviato dal giornalista Nicola Borzi (il secondo esposto dal sito www.giustiziami.it) al collegio sindacale del quotidiano di Confindustria e alla Consob mercoledì 2 novembre, in attesa che la matassa possa essere sbrogliata dalle autorità competenti.
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