IL VECCHIO MUORE MA IL NUOVO NON PUO’ NASCERE
Proposta di Forum nazionale per il 17 e 18 Dicembre 2016
Questa definizione si attaglia bene alla situazione attuale dove è evidente una fase di stallo nei rapporti di forza internazionali come non si registrava dal periodo in cui vigeva il bipolarismo USA-URSS. Gramsci usò tale citazione durante il fascismo dopo la prima guerra mondiale che era seguita ad una situazione di degrado delle relazioni internazionali che non vedevano sbocchi che superassero una situazione di impasse nella contrapposizione imperialismi e tra il proletariato e le forme del dominio capitalistico in Italia ed in Europa dopo la metà degli anni '20.
Fascismo, nazismo, crisi di Wall Street, ma anche i primi grandi interventi dello Stato nell'economia erano gli eventi che segnavano quell’epoca nonostante il potente moto sociale e politico che da dopo l'Ottobre sovietico aveva percorso numerosi paesi del continente.
Va tenuta presente un’altra questione che riguarda il “punto di vista”, la percezione, soggettiva del movimento di classe, ovvero se per noi la ripresa del movimento comunista avviene storicamente dopo la seconda guerra mondiale; per Gramsci ed i comunisti in genere, quel periodo era fatto da sconfitte (atteggiamento simile a quello odierno) in quanto l’attesa rivoluzione internazionale si era fermata a Mosca ed il resto del continente europeo, a cominciare dalla sconfitta dei tentativi consumati in Germania, in Ungheria ed in Italia, era rimasto in mano alle borghesie nazionali.
Dunque lo stallo era dovuto alla incapacità del proletariato e del suo partito di costruire una fuoriuscita dal capitalismo dell’epoca. Inoltre le borghesie subivano una involuzione trasformandosi da classi dirigenti a classi dominanti e questo stallo produceva fenomeni politici “anomali” ovvero fuori dai parametri di classe che il conflitto a cavallo del secolo aveva reso evidente.
Dunque questo equilibrio delle forze poteva risolversi in una distruzione reciproca richiamando lo slogan “socialismo o barbarie”. Ma, come sappiamo, lo scontro di classe non si indirizzò verso tale esito ma fu sfilacciato in numerosi rivoli che, di fatto, non resero possibile la replica positiva delle lezioni del '17.
VENENDO ALL’OGGI
Per sommi capi, da approfondire nella costruzione del forum, questa era la situazione all’epoca, oggi ed in condizioni materiali diverse quali sono le indicazioni per noi che possono venire da quell’impianto analitico e politico? Quali sono gli elementi comuni e quelli dissonanti?
A – Certamente una prima differenza è la mondializzazione effettiva del Modo di Produzione Capitalista. All’epoca era nata già l’URSS ed esistevano ancora ampie aree del mondo “arretrato” fuori dalla produzione capitalista. Un’altra differenza può essere che oggi stiamo vivendo in una fase dove le contraddizioni si accumulano ma non hanno raggiunto il “picco”, invece allora questo era stato toccato con la prima guerra mondiale. Un altro punto è che esisteva un feroce conflitto di classe che vedeva certamente arretrare il proletariato ma non c’era un annullamento politico dell’alternativa sociale e delle ragioni sociali e degli interessi storici ed immediati del proletariato.
Oggi lo scontro assume soprattutto i caratteri del conflitto internazionale tra potenze e blocchi, non esprime, immediatamente, un connotato di classe e viene spesso interpretato attraverso la lente geopolitica la quale comporta una comprensione fuorviante delle questioni e conduce, anche inconsapevolmente, all'assunzione di prese di posizione politico/pratiche eclettiche e fuori da ipotesi di rottura e trasformazione sociale. Lo scontro che si squaderna oggi ai nostri occhi è tutto dentro il modo di produzione dominante. Anche la Cina, al di la delle valutazioni diverse che pure si rappresentano a proposito del “continente/Cina” sta dentro questo contesto generale che abbiamo definito come competizione globale internazionale.
B – La situazione di stallo in realtà non riguarda le relazioni internazionali od il conflitto di classe ma l'effettivo punto di maturazione delle contraddizioni di questo modo di produzione. Fare un punto preciso sulla crisi capitalistica, cercare di individuare le controtendenze messe in atto non solo sul versante macroeconomico ma anche su quello più direttamente politico e militare, comprendere i possibili esiti nel breve/medio periodo sono gli interrogativi che poniamo per tornare ad inquadrare le tendenze prevalenti nella modifica di fase che si prospetta.
B1 – Il primo e principale è quello relativo ai processi di valorizzazione del capitale, la crisi di sovrapproduzione si è manifestata dagli anni ’70 ma la fine dell’URSS e la svolta cinese hanno allargato i margini materiali della valorizzazione moltiplicando l’ambito concreto dello sfruttamento della forza lavoro e quello dei relativi mercati di sbocco. Oggi non si intravvede un’altro orizzonte materiale che possa allargare quantitativamente nelle stesse proporzioni le possibilità di sviluppo capitalistico e la stessa competizione tecnologica può aggravare questa condizione di evidente parossismo competitivo intercapitalistico.
Questo limite va analizzato più a fondo in quanto riguarda i rapporti di forza nella produzione tra le classi. Ovvero se i luoghi dove si può abbassare il costo del lavoro diminuiscono, in rapporto al mercato mondiale, è chiaro che si avrà un riflesso concreto e materiale nei rapporti di forza tra capitale e lavoro. D’altra parte la “robotizzazione” della produzione che si sta producendo in tutto il mondo, vedi la Foxconn in Cina, restringe a sua volta il mercato in quanto aumenta la crisi sociale.
B2 – Allo stallo prima citato si è risposto, negli anni ’80 ma soprattutto dai primi anni del 2000, usando la finanza classicamente come controtendenza ma ora questa è probabilmente arrivata ai limiti delle possibilità d’uso. Le quotidiane notizie sulle bolle finanziarie, la ripartenza della vera e propria guerra delle valute, la persistenza del debito dei paesi “avanzati” ci dicono che si sta raggiungendo un limite, foriero di nuovi crack e scontri, ma su questo abbiamo bisogno di dati complessivi più certi.
B3 – L’altra storica controtendenza usata nei momenti di crisi, quella della distruzione generale di capitale (fisico ed umano), ovvero della guerra, sta agendo ma in modo parziale in quanto questa distruzione non può riproporsi generalizzandosi come nella seconda guerra mondiale che ha rilanciato lo sviluppo per circa un trentennio. Il procedere tattico degli scontri, area per area, nella rete telematica, comunque per via indiretta o “coperta” ci dice che oggi c’è una difficoltà a definire in modo chiaro chi possa prevalere sul piano militare. Da questo punto di vista il superamento del monopolio del possesso delle armi nucleari e termonucleari posseduto degli Usa è un dato da considerare anche se gli Stati Uniti continuano a spendere in armamenti classici e tecnologicamente avanzati la somma delle spese militari di tutti gli altri paesi competitori su questo piano.
B4 – Infine non possiamo dimenticare la questione energetica ed ambientale che però per una ipotesi di rottura sociale è un problema in quanto se quel limite è reale i tempi di manifestazione sono molto lunghi e dunque non gestibili a livello politico. Vedi la vicenda del petrolio che sembrava arrivata ad un punto limite, la crisi invece ha ridotto la domanda e dunque il limite strutturale è ulteriormente rinviato anche grazie a nuove tecnologie di estrazione. Certo tali contraddizioni possono permettere una battaglia ideologica contro il capitale ma qui esistono dei competitori che sono i democratici borghesi che coniugano tale questione nell’ambito della possibilità di un capitalismo illuminato. Dalla green economy alla ristrutturazione ecologica della società, ma anche le reazionarie ipotesi sulla cosiddetta “decrescita felice” le quali sono si incuneate anche nelle fila dei movimenti antagonisti.
C – La proposta di convegno che facciamo si deve porre la domanda che se è vero che “il vecchio muore” deve indicare anche cos’è il vecchio oggi. Possiamo dire che il vecchio è l’imperialismo americano che è in via di superamento come lo è stato quello britannico dopo la seconda guerra mondiale. Può darsi che questa affermazione sia sbagliata ma va capito se è questo lo scenario mondiale che si prepara con effettui che si possono immaginare. E comunque ci sono scenari diversi?
Se è in via di superamento il vecchio equilibrio lo si deve in primo luogo alla crisi di sistema che abbiamo descritto in poche righe sopra ma anche ad un effetto “collaterale” cioè il moltiplicarsi dei soggetti obbligatoriamente competitori in quanto quella che si restringe è la “torta” della produzione di profitti (caduta tendenziale del saggio di profitto). Da qui il riemergere della Russia, della Cina, del polo islamico, gli altri dei BRICS che però sono alquanto malandati, oltre che della UE come soggetto imperialista forte, anche se ancora limitato sul piano direttamente statuale.
Dunque è reale la crisi egemonica dell’imperialismo americano e questo è in via di superamento? ma da cosa?
Dal multipolarismo che si intravvede già nelle relazioni internazionali?
Dalla nascita di un nuovo imperialismo egemone che qualcuno afferma possa essere la Cina ( ma ci sono le condizioni materiali per un tale passaggio?).
Oppure si apre una fase di trasformazione sociale che porta al superamento del Modo di Produzione Capitalista?
Se, infatti, la crisi ha le caratteristiche qui sommariamente descritte è evidente che non siano in una crisi congiunturale ma dentro un passaggio in cui l’alternativa, la transizione, la rivoluzione, o altro ancora si rendono potenzialmente possibili.
D – Se vogliamo perciò sapere come si svilupperà la situazione dobbiamo fare uno sforzo di immaginazione e di analisi per capire se lo stallo internazionale in cui ci troviamo può essere superato o meno dalle attuali classi dominanti del pianeta. Nel merito proponiamo alcuni punti di lavoro da sviluppare che ci sembra siano importanti:
D1 – Va chiarita teoricamente la differenza tra Capitalismo e Modo di Produzione Capitalista. Questa confusione è alla base di letture sbagliate delle dinamiche che scambiano le contraddizioni secondarie, ovvero gli specifici di alcuni momenti storici, con la tenuta o meno del MPC che determina invece gli specifici suddetti.
D2 – La crisi attuale del movimento di classe sembra irrisolvibile ma in realtà ci sono stati altri momenti storici altrettanto drammatici ed apparentemente senza sbocco ed in questo senso va letta la frase di Gramsci che mettiamo come titolo del convegno. Rappresentare e spiegare quei momenti attualizzandoli è utile per capire la condizione che stiamo vivendo.
D3 – I punti principali della contraddizione internazionale sono gli USA, l’UE e la Cina dunque è bene provare a fare delle analisi più approfondite su questi referenti dello sviluppo capitalista mondiale. In particolare sulla Cina che ha usato il MPC per crescere economicamente; ma quello che non è a tutt’oggi chiaro è se la Cina ha usato o è stata usata dal MPC, questo è importante tentare di capire perché presuppone due esiti molto diversi delle dinamiche internazionali.
D4 – Se i limiti quantitativi del mercato mondiale si evidenziano nella stagnazione e nella crisi di crescita non possiamo dimenticare che lo sviluppo delle forze produttive al livello attuale delle conoscenze, della scienza e della tecnologia può sempre ricostruire margini di crescita al capitalismo, può anche se ora non è chiaro questo eventuale percorso. Su questo va sviluppata una analisi ma anche la coscienza che non esiste il crollo del capitalismo in quanto possibilità di crescita per il capitale possono sussistere anche in condizioni difficili.
D5 – Un’ultima questione da affrontare è quella di una valutazione sul movimento comunista del ‘900 con una chiave di lettura che indica la sua crisi nel mancato sfondamento nel 1919 della rivoluzione nei paesi a capitalismo avanzato nell’Europa Occidentale. Questa è indubbiamente una chiave di lettura alla quale pensiamo va aggiunta un’altra valutazione, ovvero quel livello di sviluppo delle FP aveva in se le potenzialità di transizione al socialismo? Questo è un modo per riproporre un ragionamento sulla natura delle forze produttive in un ambito di relazioni sociali capitaliste. Ovviamente questa è una apertura di discussione in quanto la tematica apre il problema dell’alternativa possibile oggi.
Quello che ci accingiamo a fare non è un lavoro facile ne breve sul quale bisogna avere la massima attenzione e rifuggire dalla tendenza a dare per scontati gli esiti, nella fattispecie la crisi “irreversibile” del capitalismo. L’approdo di queste analisi non sono predeterminabili e dunque siamo dell’opinione che vada seguito un percorso più oggettivo possibile per evitare errori.
Rete dei Comunisti
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