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Servizi segreti e fascisti. Distratti, indulgenti… complici?

Ci sono domande che impongono risposte convincenti. Le domande sono dirette ai servizi segreti, oggi Aisi, che si occupano della “sicurezza” dello Stato italiano. Le risposte non possono che provenire dai medesimi, ma anche dalla “politica” alla quale questi devono riferire della loro attività ogni anno. Infatti, annualmente, i servizi di intelligence consegnano una relazione al Parlamento nella quale resocontano lo stato di salute della sicurezza del paese.

Da tempo segnaliamo come in questa relazione siano evidenti un doppio standard e una rilevante asimmetria. L’Aisi ogni anno e in ogni relazione dedica almeno tra le quattro e le sei pagine alle attività dei gruppi della sinistra antagonista. In queste c’è di tutto: dai No Tav ai gruppi anarchici, dai movimenti sociali ai sindacati di base, dal monitoraggio dei residui dei gruppi militanti degli anni ’70 alle nuove potenzialità ”eversive”. Quando invece si tratta di resocontare l’attività dei gruppi neofascisti e di rivelarne la pericolosità, la relazione dei servizi segreti se la cava con una paginetta che li descrive come “impegnati nel sociale e nell’attività sulla rete per allargare la base della loro militanza”. 
Anche sulle connessioni internazionali dei fascisti ci si limita ad una panoramica giornalistica sulle varie anime dell’estrema destra in Europa. Insomma le organizzazioni neofasciste in Italia, secondo i servizi segreti italiani, non sono un problema. C’è qualcosa che non quadra e non torna e lo andiamo dicendo da anni.

Mettendo insieme le indagini e i fatti di cronaca di questi ultimi anni, emerge come in numerosi omicidi, rapine in banca, traffico internazionale di droga e diamanti, complicità con cosche della n’drangheta e della camorra, spuntino fuori, sistematicamente, vecchi e nuovi esponenti della galassia neofascista, alcuni dei quali collegati strettamente con esponenti politici di rilievo e apparati dello stato. Per non parlare del ruolo crescente che esponenti o intere strutture dell’estrema destra italiana sembra avere in numerose aree di crisi a livello internazionale, dalla Jugoslavia all’America Latina fino all’Ucraina. Inoltre alcune inchieste chiamano apertamente in causa anche settori “sensibili” della sicurezza come Finmeccanica o Telecom.

Se è vero che tre coincidenze fanno una conferma, quando le coincidenze diventano così numerose diventano qualcosa di più. Non solo. Una certa visione “indulgente” liquida i fascisti responsabili dei delitti come “cani sciolti” o border line, in alcuni casi vengono dipinti come “spostati psichici” ma solo dopo che hanno commesso i fatti (la bomba al Manifesto, l’omicidio dei senegalesi a Firenze, quello di Fanella a Roma etc.).

Qualcun altro cerca una impossibile simmetria con esponenti dei gruppi della sinistra che una volta usciti dal carcere sono rimasti coinvolti in fatti di cronaca nera. Ma anche qui nessuna simmetria è possibile. La proporzione di militanti di gruppi armati della sinistra o di destra negli anni Settanta era di venti a uno, quella del coinvolgimento in attività criminali è esattamente il contrario. Una conferma di più che l’equazione tra “opposti estremismi” non regge, neanche in questo caso. C’era un’etica diversa allora e continua ad esserci ancora oggi. Nessuna simmetria o equivalenza tra fascisti e antifascisti regge alla prova dei fatti.

Ma torniamo alle domande di partenza. Perchè i servizi segreti della Repubblica Italiana nel 2014 continuano a dedicare gran parte delle loro “attenzioni” alle organizzazioni della sinistra antagonista e sottovalutano così platealmente le attività criminali dei gruppi neofascisti? Ben quattro “riforme “dei servizi segreti (Sifar, Sid, Sisde, Aisi) in cinquanta anni di storia repubblicana non riescono a dissipare il sospetto che il linkage tra fascisti e servizi segreti non si sia mai stato interrotto. Più si scava e più ne viene fuori, ieri come oggi.

E’ vero che oggi l’unica priorità sembra essere diventata la “governance”, ma a quale prezzo?

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