Molte ed importanti sono le mobilitazioni e le lotte che hanno scandito il ritmo della stagione politica che stiamo tuttora vivendo e animando. Emblematici sono stati, e sono, i conflitti delle popolazioni campane sul tema dei rifiuti e delle nocività; le rivolte dei migranti dentro e fuori i CIE; le mobilitazioni degli studenti contro una università sempre più escludente, selettiva e soprattutto contro una condizione di precarietà sempre più feroce ed invasiva; la grande avventura referendaria, straordinaria scommessa giocata e vinta dal basso; ora, ma non da oggi, la resistenza e la ribellione della popolazione della Val di Susa contro la folle aggressione TAV ai danni del territorio e delle sue risorse; passando certamente per la data del 14 Dicembre a Roma, dove i mille rivoli delle nostre esistenze veloci e precarie si sono incontrati in un pomeriggio di rabbia e rivolta.
Non episodi, ma vicende, percorsi che dobbiamo continuare a difendere e diffondere ancora con coraggio, lucidità, determinazione. Esperienze di autorganizzazione e di conflitto, che già non vivono in solitudine, perché attorno ad esse crescono ovunque nuove lotte contro la precarietà e la crisi, per il diritto all’abitare, per la difesa dei territorio e la riconquista dei beni comuni, per il reddito.
Del resto la crisi morde ogni giorno più forte e non sembra di scorgere all’orizzonte vie d’uscita. I “signori” della rendita e del profitto continuano la loro folle corsa per mettere a “valore” città, territori, ogni aspetto delle vite di ognuno e ognuna di noi. La casta dei politici di professione è sempre più lontana dai bisogni, dai desideri e dalle aspirazioni dei precari e delle precarie, di chi ha già abbondantemente pagato il prezzo della loro crisi. Molti, moltissimi/e sono ormai convinti che sia possibile e necessario fare politica da se, costruire società in altre forme, mettere in discussione a partire dalla materialità delle nostre vite questo modello economico e sociale, prendere per il collo il futuro ed il presente che vorrebbero negarci.
Anche per questo di fronte ad una manovra economica da 70 miliardi non è accettabile nessuna logica di “riduzione del danno”. Come non possiamo permetterci di far passare sulle nostre teste nessun nuovo patto sociale corredato di lacrime e di sangue. Tanto meno è possibile, di fronte ad una ricetta autoritaria ed impositiva, pensare che la soluzione sia cambiare colore alla governance con operazioni di “maquillage” che non possono che nascere già seppellite: la logica dell’alternanza, bipolare o proporzionale, è tutta dentro la ricerca di più adeguate forme di gestione della crisi, è un tentativo di fare la respirazione bocca a bocca ad un sistema impazzito ed incapace di trovare nuove soluzioni ed equilibri.
La strada non può che essere un’ altra, diversa. Nella nostra esperienza locale con ROMA BENE COMUNE siamo riusciti a mettere in connessione una pluralità di lotte che vanno dalla difesa dai licenziamenti alla conquista di diritti sul lavoro, alla lotte per il reddito di cittadinanza; dalle lotte per il diritto all’abitare alle mobilitazioni contro le cementificazioni e le devastazioni ambientali, per il riuso della città e del patrimonio pubblico; dalle lotte dei precari della cultura e della conoscenza a quelle studentesche dei medi e degli universitari.
Respirare insieme per cospirare insieme, qualcuno diceva, e ci si sta provando. Senza la pretesa di annullare peculiarità, differenze, soggettività, con l’idea, però, di mettere in gioco il nostro patrimonio di elaborazione e aggregazione sociale non in maniera “asettica” o peggio strumentale, ma costruendo passo dopo passo pratiche di conflitto e di organizzazione più pungenti e adeguate alla fase che ci troviamo ad attraversare. Una scommessa non semplice che ha già dimostrato di rendere più forti le vertenze e le lotte che ciascuno fino ad ora aveva condotto in “solitudine” e che ha aperto importanti spazi di movimento in una realtà resa sempre più spesso asfittica dalla mancanza di luoghi pubblici di cooperazione, troppo spesso rinchiusa dentro angusti ed astratti recinti di calcolo soggettivo.
Un’esperienza, diversa ma simile, siamo convinti sia necessario alimentarla sul piano nazionale. Perché ogni vertenza ogni lotta, anche la più solida da sola è condannata ad avvitarsi su se stessa con il rischio di essere sconfitta. Perché la frammentazione dell’esistente è oggi talmente profonda da uscire dalla dimensione semplicemente “produttiva” ed “economica” per entrare nella sfera emozionale e dell’immaginario. Perché, dunque, è necessario ricomporre dal basso, inventare un nuovo processo di reciproco riconoscimento, ricostruire nella piazza, dentro le lotte, nella chiarezza dell’indipendenza, l’immaginario e lo spazio del conflitto, la possibilità della trasformazione radicale dell’esistente.
Per questo, senza chiusure e senza ideologismi, vogliamo condividere con le altre lotte, con gli altri movimenti, le reti indipendenti e il sindacalismo conflittuale l’idea di percorrere insieme il prossimo autunno dando voce e forza alle tante esperienze indipendenti ed autorganizzate.
Proponiamo in questo senso un primo incontro nazionale per Sabato 10 Settembre a Roma nello spazio dell’ex deposito ATAC S. Paolo sottratto dai movimenti alla vendita e alla speculazione.
E’ vero un vento nuovo ha cominciato a soffiare. Ma è compito nostro provare ad alzare le vele e con la nostra “nave dei folli” tornare ad inseguire l’orizzonte.
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