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Paese Basco: lo tsunami Bildu irrompe nelle istituzioni

Presa di mira dalle autorità politiche e dalla magistratura spagnola che ne aveva decretato l’esclusione dalle elezioni, l’inedita coalizione formata dalla sinistra indipendentista, dai nazionalisti di sinistra di Eusko Alkaltasuna e da Alternatiba (scissione della sezione basca di Izquierda Unida) è stata riammessa alle amministrative dal Tribunale Costituzionale appena in tempo per poter partecipare alla campagna elettorale. Dal successo e dall’affollamento alle iniziative di Bildu a Bilbao prima e a Donostia era già chiaro che l’interesse attorno alla proposta della coalizione indipendentista di sinistra era la vera novità di una campagna elettorale che avrebbe riportato nelle istituzioni locali i rappresentanti di una opzione esclusa da anni dalla legalità a suon di sentenze della Corte Suprema e del parlamento di Madrid. Quando intorno alle 21 di ieri sono cominciati ad arrivare i primi dati sullo spoglio dei voti è stato subito chiaro che il ritorno degli attivisti della sinistra indipendentista nei municipi e nelle Diputaciones (così si chiamano nel Paese Basco le province) ha avuto il carattere di un vero e proprio tsunami politico e sociale. I risultati definitivi parlano chiaro: con 313 mila voti e il 22% ottenuti in tutti e 4 i territori del Paese Basco spagnolo, Navarra compresa, Bildu si afferma come forza maggioritaria nel panorama politico. Prima forza per numero di consiglieri eletti in tutto il Paese Basco (1138 contro gli 882 dei democristiani del PNV, che pure hanno ottenuto il 23%), prima forza per numero di voti in Gipuzkoa e incredibilmente anche a Donostia-San Sebastian, prima forza in parecchie decine di comuni anche di medie dimensioni che quindi avranno sindaci di Bildu. L’affermazione della coalizione può essere letta anche in negativo, analizzando la debacle di altre forze politiche che hanno fatto le spese del successo di Bildu. Perde consensi la sbiadita e conformista Sinistra Unita basca, ferma al 3.45%. Arretra Aralar, scissione ‘pacifista’ di Batasuna che negli ultimi anni aveva approfittato dell’annullamento delle liste della sinistra indipendentista per attrarre alcuni suoi votanti secondo la logica del meno peggio e del voto utile. Ma questa volta il partito di Patxi Zabaleta, che negli anni si è andato sempre più moderando, si è dovuto accontentare di un magrissimo 2,25%, perdendo consensi soprattutto in Navarra, dove la coalizione con il PNV ed altri gruppi – Nafarroa Bai – paga caro il rifiuto di formare un’alleanza con Bildu per scalzare dal potere l’estrema destra del PP e dell’UPN che comunque non crescono, in controtendenza con il dato statale di un Partito Popolare che sopravanza di ben 10 punti un Psoe in caduta libera. Ulteriore motivo di soddisfazione per la componente di Bildu proveniente da Eusko Alkartasuna è la scomparsa di fatto di Hamaika Bat, un partito nato proprio da una scissione di destra di EA contraria all’alleanza con la sinistra indipendentista e subalterna ai democristiani del PNV. Il partito nato su input di alcuni dirigenti della Gipuzkoa non solo non ha attratto l’elettorato di EA ma si è fermato ad un pessimo 0.6%, il che ne decreta la morte prematura e la scomparsa dallo scenario politico. Dando uno sguardo ai dati disaggregati e confrontandoli con le elezioni del 2007 – quando la sinistra indipendentista ottenne circa il 12% dei voti pur essendo in molti casi le sue liste state escluse dalla competizione perché ritenute dalla magistratura contigue all’ETA – si nota anche che in alcune località dove i socialisti erano precedentemente egemoni nella cintura operaia di Bilbao e in alcune città industriali vicino a Donostia, i voti persi dal PSE (che passa dal 21.5 al 16%) finiscono nelle liste di Bildu che si afferma come mai era successo in passato. Un segnale importante, e che spiega in parte una affermazione superiore al previsto che fa di Bildu l’ago della bilancia per la formazione dei governi locali in molte istituzioni. Per la prima volta dopo molti anni, inoltre, la somma dei voti delle forze nazionaliste basche e di sinistra supera di gran lunga quelli dei partiti di fede spagnola che solo qualche tempo fa accarezzavano il sogno di conquistare la Comunità Autonoma Basca dopo aver dominato in Navarra.

Il ritorno massiccio nelle istituzioni locali non rappresenta solo una boccata d’ossigeno per una forza esclusa da anni dalla legalità e dall’agibilità politica, ma avrà conseguenze materiali sulla gestione dei comuni e delle province. La posizione di forza conquistata soprattutto in Gipuzkoa e a Donostia permetterà agli eletti di Bildu, affiancati e complementati da comitati, associazioni, sindacati e altre forze sociali, di minare alcuni dei progetti più avversati dalla popolazione. Sarà ora più complicato per le lobby che fanno capo al Partito Nazionalista Basco e al Partito Socialista imporre il tracciato dell’Alta Velocità oppure i porti turistici oppure ancora gli inceneritori. Bildu punta a paralizzare queste grandi opere e ad incrementare un modello di sviluppo alternativo basato sul riciclaggio dei rifiuti e sul ‘porta a porta’, ed ora avrà qualche arma in più a disposizione, potendo affiancare i municipi alle mobilitazioni sociali. Come risponderà Madrid a questa affermazione della sinistra indipendentista? Per ora lo tsunami elettorale che rende il risultato delle amministrative basche assai diverso dal dato statale sembra aver colto di sorpresa la classe politica spagnola e la stampa, che oggi ha dovuto prendere atto del risultato. Ma a disposizione di Madrid ci sono una serie di norme varate in questi anni, nell’ambito del sistema di apartheid politico realizzato ad hoc contro la sinistra indipendentista: la sospensione degli eletti indipendentisti e la inabilitazione dei sindaci che si ‘macchiassero’ di atti ritenuti in contiguità con l’ideologia o le finalità dell’ETA potrebbero permettere al colonialismo spagnolo di ribaltare truffaldinamente il risultato elettorale di ieri. Tutto dipenderà da come si schiererà un Partito Nazionalista Basco diviso in correnti e tentato da strade assai diverse. Per ora il popolo indipendentista festeggia nei suoi bar e nelle sue ‘sociedad’, nelle strade delle città basche e sul lungomare di Donostia.

 

* Radio Città Aperta

 

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Il giorno dopo lo tsunami

 

Maurizio Matteuzzi
L’immagine della (annunciata) debacle socialista del 22 maggio è quella di un uomo (Zapatero) che sa che sta per arrivare lo tsunami sulla spiaggia in cui vive ma sa di non poter fuggire, e quindi aspetta l’onda. L’onda, anomala se non altro per le sue dimensioni, è arrivata e ha spazzato via l’uomo e il suo partito. Il Partido socialista obrero español. Che ha subito la peggior batosta da quando la Spagna tornò alla democrazia, nel ’75, regalando al centro-destra fino a ieri d’opposizione, il Partido popular, oggi il controllo del paese a livello locale – i municipi e la comunidades, le regioni autonome – e domani (nel marzo 2012, elezioni politiche) quello delle Cortes, il parlamento.
Il disastro dei socialisti era atteso – e meritato – ma è la sua dimensione che spaventa. Ieri Mariano Rajoy, lo squallidissimo leader del Pp, ha già chiesto di nuovo «elezioni anticipate», perché i «populares possano tirar fuori la Spagna dalla crisi» che ha affogato Zapatero. Balle, naturalmente, perché il Pp non ha proposte alternative credibili, di fronte alla crisi, al «mercato» che reclama altri aggiustamenti, a quelle accettate sciaguratamente da Zapatero. Ha solo «mas de lo mismo», più della stessa ricetta.
La dimensione della batosta è resa ancora più drammatica dal fatto che non è il Pp ad aver vinto il voto di domenica ma il Psoe ad averle perse. Il Pp ha avuto il 37% e meno di due punti in più rispetto alle amministrative del 2007. E’ stato il Psoe a finire dietro di 9 punti (28%).
L’unico vero risultato di Riajoy è stato essere riuscito a fare delle elezioni amministrative di domenica una sorta di primo turno delle politiche dell’anno prossimo (o prima, perché non è affatto detto che con un governo centrale così debole e una crisi economico-sociale così forte, Zapatero arrivi al marzo 2012, anche se ieri, the day after, ha ripetuto per l’ennesima volta di voler arrivare fino in fondo al suo Golgota). I socialisti hanno cercato invano di fermare la valanga in arrivo riportando il voto alle sue dimensioni «locali». I «baroni» regionali del Psoe, vedendo evaporare il loro potere in loco, hanno preteso che Zapatero annunciasse l’intenzione di non ripresentarsi per un terzo mandato nel 2012. Non è servito a nulla. Riajoy e compagnia bella (anzi brutta, perché il centro-destra spagnolo molto spesso è molto più destra, con punte cavernicole, che centro) bastava che chiedessero alla folla nei loro comizi: chi ha congelato le pensioni? Chi ha tagliato i salari del pubblico impiego? Chi ha portato ai quasi 5 milioni di disoccupati? Chi ha innalzato l’Iva? Chi ha cancellato il sussidio dei 400 euro per ogni figlio nato? La risposta era scontata: Zapatero.
A Zapatero l’elettorato spagnolo, non solo quello di destra ma anche quello di sinistra, ha presentato domenica la fattura di una gestione sciagurata della crisi economica piombata in Spagna alla fine del 2008, solo pochi mesi dopo la sua riconferma alla guida del paese nelle elezioni di marzo.
Ora Zapatero è bruciato e il Psoe ha perso tutto. Bastioni storici come Castilla-La Mancha, Barcellona (il sindaco da 32 anni era socialista), Siviglia, i Paesi baschi (dove la coalizione Bildu della sinistra abertzale, appena riammessa al consesso elettorale ha avuto un clamoroso 25%). Prima di domenica il Psoe governava in 9 delle 17 regioni spagnole. Ora gliene rimane (forse) solo una, la Extremadura, e le altre che aveva le ha mantenute solo perché non si è votato (la Catalogna l’ha persa in novembre, l’Andalusia la perderà in marzo).
A parte Bildu, che ha beneficiato della tregua proclamata dall’Eta ma che sarà un fattore di ulteriore complicazione per il governo centrale, l’altra grande novità del 22 marzo era il movimento degli indignati. In apparenza non ha avuto molta influenza immediata sul voto: l’astensione è diminuita, i voti bianchi e nulli aumentati ma non in modo significativo. E il vincitore, il Pp, è quanto di più lontano ci possa essere dalle richieste della «repubblica della Puerta del sol». Neanche la Izquierda unida è riuscita a intercettare la protesta. E’ aumentata di 200 mila voti e di un punto (dal 5 al 6%), dando segni di vita, ma ha perso la sua città-simbolo – Cordoba, passata alla destra -, anche se spera di poter fungere da cerniera in certi municipi e regioni per tirare a sinistra il Psoe. Si vedrà cosa succede. Per ora lo tsunami ha travolto il Psoe, come annunciato, ma il naufrago Zapatero sembra deciso ad andare avanti con la sua ricetta neo-liberista di risposta alla crisi. Masochista fino in fondo.

da “il manifesto” del 25 maggio 2011

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