L’uso dell’aggettivo “bianco” è fuorviante e sbagliato, perché
sono sporche, di calcinaccio, di nerofumo, di terra e di sangue,
inaccettabile perché allude all’assenza di una responsabilità per
l’accaduto: NESSUN RESPONSABILE, NESSUN COLPEVOLE, NESSUNA
GIUSTIZIA!!!.
Quello che non si dice in modo chiaro e netto e non si scrive mai
abbastanza è che i morti sul lavoro quasi mai sono
dovuti alla fatalità o alla “leggerezza” delle vittime (quasi che per
una leggerezza fosse plausibile una sorta di ‘pena di morte’ immediata,
sul campo e senza processo), ma il più delle volte sono causati dalla
decisione dei responsabili di “tagliare”, sia nelle risorse sia nei
tempi di lavorazione, imponendo prestazioni sempre più elevate e veloci,
consapevoli del rischio conseguente sulla prevenzione, formazione e
sicurezza
Andrebbero quindi chiamati col loro nome e molti sarebbe giusto
definirli omicidi, di cui questo governo è corresponsabile, con la sua politica
di risparmi e tagli fatta sulla pelle delle persone.
Quello che non si dice e non si scrive è che esistono da anni leggi,
norme tecniche, procedure, che se applicate correttamente
porterebbero il rischio di infortunio e di malattia professionale a livelli
enormemente più bassi rispetto agli attuali, ma che da parte degli
imprenditori non c’è la volontà di farlo, così come da parte del governo
non c’è la volontà di intensificare le misure di promozione e controllo,
aumentando le risorse delle ASL, affinché queste norme siano rispettate
(sia in termini economici che di persone, in specie di tecnici della
prevenzione, in barba agli impegni assunti solennemente in Parlamento
OdG della legge 123/2007, reinvestimento somme delle sanzioni ex 758/94).
C’è bisogno di più risorse, per maggiori verifiche e migliori programmi di ricerca.
La sicurezza sul lavoro è importante, purtroppo non viene presa molto
in considerazione: molti datori di lavoro la considerano un costo per
l’azienda insopportabile da tagliare, non un valore su cui investire,
i mezzi d’informazione ne parlano raramente e solo quando accadono
gravi infortuni mortali; non c’è ( e non viene favorita) cultura della
sicurezza nei luoghi di lavoro e la politica, il governo in
particolare, ne parlano solo quando costretti dagli eventi, con un insopportabile
atteggiamento ipocrita che fa pensare alle “lacrime di coccodrillo”.
Partiamo da qui e quando parliamo e scriviamo di sicurezza è bene
chiarire dove stanno i meriti e le colpe di ciascuno, sapendo ( e
sottolineando) che il calo nelle morti registrato dall’Inail negli
ultimi
due anni è certamente un risultato importante, ma non è certo merito
del ministro Sacconi, che in questi tre anni di intenso e silenzioso
lavoro ha smantellato a colpi di decreti il Testo Unico e da ultimo ha
banalizzato la sicurezza con la campagna in cui il suo ministero dice
che “la sicurezza la pretende chi si vuole bene” (come se fosse un
problema di mancanza di amor proprio, ed anzi sottendendo che la
responsabilità della sicurezza è spostata dal datore di lavoro al lavoratore).
E l’Inail ci fornisce dei dati sugli infortuni e le morti sul lavoro
molto ottimistici, ma fortemente sottostimati, perché tengono conto
solo degli infortuni denunciati, come è stato sottolineato anche del
Presidente dell’Inail, visto che gli infortuni che appartengono al
sommerso, ammontano a circa 200 mila ogni anno: un enormità, ed i
morti??? Bho?Sfuggono ad ogni statistica ufficiale!!!
Oltre a questo, occorre considerare che il calo degli infortuni è in
gran parte dovuto anche alla contrazione del numero di occupati e delle
ore lavorate derivanti dalla crisi economica, alla delocalizzazione dei
siti produttivi, allo spostamento dei lavoratori “regolari” verso settori
meno a richio.
Peccato che di queste cose l’INAIL non ne tenga conto, anche se
standard tecnici richiedano di analizzare il fenomeno infortunistico non in
termini assoluti, ma proprio in funzione dei parametri di cui sopra.
Se analizziamo tali dati (fonte Carmine Tomeo su Articolo 21)
scopriamo che considerando i dati dell’ISTAT su ore lavorate e numero di
lavoratori dipendenti, la fredda statistica racconta che il 2010 ha fatto
registrare 25,6 infortuni ogni milione di ore lavorate, praticamente come il
2009 (quando erano stati 25,9) e che i dati infortunistici non migliorano
se messi in rapporto con il numero di lavoratori, per cui, ogni 100.000
dipendenti si sono infortunati in 41 nel 2010, come nel 2009. E per
ogni 100.000 dipendenti, nel 2010 sono morte sul lavoro poco più di 5
persone (5,5 è il rapporto nel 2009).
L’Inail ha un “tesoretto”, derivante dagli avanzi di bilancio
annuale, che ammonta a circa 15 miliardi di euro, con avanzi di bilancio, che
arrivano alla considerevole cifra di circa 2 miliardi di euro
l’anno.
Purtroppo questi soldi, non vengono spesi per aumentare le rendite
da fame agli invalidi del lavoro, alle famiglie dei morti sul lavoro,
ma sono depositati in un conto infruttifero della Tesoreria dello Stato, e
possono essere spesi, solo per ripianare i debiti dello Stato:
VERGOGNA!!!
Inoltre, c’è un dramma molto spesso sottovalutato, cioè quello
delle malattie professionali, che ogni anno fanno migliaia di morti.
Per l’anno 2010, c’è un nuovo record delle malattie professionali:
+22%, pari a 42.347 denunce, 7.500 circa in più rispetto al 2009 e oltre
15 mila rispetto al 2006, +58%”.
Crediamo che sia fondamentale investire in “cultura”, in
educazione del lavoro: in questo Paese manca quel minimo di
consapevolezza, di forza, che permetta a chi lavora di alzare la
testa e dire a chi sta in ufficio “NO! Questo non lo faccio perché è
pericoloso!”. Abbiamo trascorso troppo tempo con la testa bassa,
piangendo in silenzio le morti dei colleghi e abbracciando i loro
cari, senza reagire. Investire in cultura significa poter un giorno
arrivare a rompere il ricatto di chi ci dice “O lo fai o te ne vai!”.
Come cittadini e “addetti ai lavori” ci auguriamo che almeno in
materia di sicurezza, formazione e prevenzione sul lavoro ci sia il coraggio,
la volontà e il senso di responsabilità da parte di tutti (partiti,
parti sociali, media, associazioni, movimenti), di mettere da parte le
discussioni spesso stucchevoli di questi mesi, perché il continuare
a tacere in modo omertoso su questo argomento in “una Repubblica
democratica fondata sul lavoro” , che però in concreto non tutela
proprio i cittadini che con il loro lavoro ne rappresentano le fondamenta,
significa di fatto divenire complici di questi omicidi, in attesa
della prossima Thyssen…….e noi questa responsabilità morale non la
vogliamo.
FIRMATARI:
Bazzoni Marco, Rls,
Coppini Andrea, Rls
De Angelis Dante, Rls
Di Nucci VIncenzo, Tecnico Prevenzione Asl
Gandolfi Claudio, RlsT
Spezia Marco, Ingegnere libero professionista Tecnico della
sicurezza
Pratelli Massimo, figlio di Carlo Pratelli morto sul lavoro
il 26 Giugno 2006 alla Saint-Gobain di Pisa
Serranti Patrizia, Consulente RSPP Tecnico della sicurezza
Giuseppe Grillo, Rls
Luca Cardellini, RLS/RLST
Daniela Cortese, Rls
Filippo Cufari, Rls
Leopoldo Pileggi, operaio
Marco Crociati, Presidente Cassa di Solidarietà Ferrovieri
Renato Pompei “cittadino per la sicurezza sul lavoro e del lavoro”
Leo Morisi ex Responsabile SIRS-RER
Corrado Cirio Tecnico della prevenzione Asl
Federica Barbieri Associazione Famiglie Esposti Amianto (AFEA)
Gino Carpentiero Medicina Democratica, Luigi Ciulli RLS Camera
dei deputati e Ingegnere della sicurezza
Raffaele Raimondo libero professionista,
Antonio Boccuzzi ex operaio Thyssenkrupp
Anna Vitale moglie di Giovanni Di Lorenzo morto sul lavoro il 26
luglio del 2007
Lorena Coletti sorella di Giuseppe Coletti morto sul lavoro il 25
Novembre 2006 alla Umbria Olii
Antonella Federzoni mamma di un ragazzo che “non si è voluto
bene”
Valeria Parrini Associazione Ruggero Toffolutti per la Sicurezza
sul Lavoro
Graziella Marota mamma di Andrea Gagliardoni morto sul lavoro il
20 Giugno del 2006 all’Asoplast di Ortezzano
Samanta di Persio, autrice del libro “Morti Bianche”.
Rosario D’amico, figlio di Antonio D’amico, morto sul lavoro alla
Fiat di Pomigliano D’Arco il 06/03/2002
Emanuela De Vincenzi, sorella di Celestino De Vincenzi,
morto sul lavoro il 09/09/09.
Maria Antonietta, vedova di Acampora Nicola, operaio morto sul
lavoro ad Atrani (SA) il 28/10/2010
Esther Benvenuti, Croce Rossa Italiana
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