Fin dalla sua nascita, datata anno 1972, lo stabilimento automobilistico di Pomigliano è stato sempre al centro di attenzioni particolari e interesse sociologico diffuso, per la complessità, diversità di composizione della forza lavoro, impiegata.
Il giorno che ci vietarono l’uso della moka! Correva l’anno 2007
Che qualcosa stesse cambiando in fabbrica lo si avvertiva da tempo. Particolarmente dalla prosopopea di alcuni giovani capi e dalla sempre più frequente presenza dei vigilanti nei reparti di produzione. Cosa, quest’ultima, che non aveva a verificarsi da prima che scoppiassero le proteste operaie negli anni sessanta e settanta. Infatti, per un buon decennio, la presenza della sorveglianza era limitata e vietata nei vari reparti lavorativi.
Ma ciò che ebbe maggior impatto sui lavoratori, fu’ verso la fine dell’anno 2007, quando in occasione della chiusura natalizia, i capi nell’augurarci le buone feste, ebbero la “premura” di avvisarci,che dall’anno nuovo, dovevano scomparire tutte “le macchinette del caffè”!
Oltre alle moke, dovevano sparire dai reparti anche tutte le cosiddette “ colombaie”, armadietti in cui gli operai in produzione, lasciavano custoditi i loro effetti personali.
Tutto doveva essere ridotto all’essenziale, tutti e tutte i/le lavoratori /ici dovevano indossare rigorosamente la divisa di lavoro e osservare le norme e i divieti, in modo tassativo.
Tutto questo, si ebbe modo di ascoltare dal rientro delle festività natalizie, nei due mesi, gennaio e febbraio 2008, di sedicenti “Corsi di Rieducazione”, con la cessazione temporanea della produzione, onde poter far svolgere a tempo pieno, tutti i lavoratori, affinche fossero a conoscenza del nuovo corso che avanzava, con l’imprimatur del nuovo Amministratore Delegato, Sergio Marchionne.
Il nuovo Corso – elaborato e applicato per la prima volta in maniera sperimentale a Pomigliano – era ritenuto necessario dalla dirigenza aziendale in quanto mirato ad un pieno controllo sui lavoratori della fabbrica pomiglianese, ritenute eccessivamente conflittuali e poco incline alla subalternità verso la filosofia Fiat.
Il “Piano Straordinario” così denominato allora, fu null’altro che l’amaro preludio a ciò che in seguito ne consegui, il progetto “Fabbrica Italia” fuoriuscito dal cilindro magico del superlativo A. D. Marchionne.
Progetto, che aveva come fine ultimo la totale scomparsa di tracce di antagonismo sindacale e di totale accentramento decisionale e unilaterale da parte dei vertici Fiat.
Fu in quegli anni, a cavallo tra il 2008 e 2010, che la azienda si “invento” il Polo Logistico d’ Eccellenza di Nola.
Polo logistico, che con tutto l’enorme spazio perimetrale a disposizione nello stabilimento di Pomigliano, non se ne ravvedeva la necessità di implementarlo, fuori dagli impianti produttivi pomiglianesi.
Una ragione c’era ed era tutta di ordine politico sindacale e repressivo da parte Fiat e da ricercarsi nell’allontanamento delle avanguardie di lotta che negli ultimi anni si erano formate all’interno dello stabilimento campano dando vita ad una discreta attività sindacale e rivendicativa.
Allontanamento, teso a diversificare e isolare sul nascere, ogni minimo tentativo di conflitto da parte dei lavoratori, di fronte alle nuove norme comportamentali e lavorative, simili sempre più a delle regole penitenziarie piuttosto che aziendali.
Insomma, un vero e proprio capovolgimento delle regole concernenti la vita di fabbrica!
Un autoritarismo mascherato da un ipocrita paternalismo di antica fede Vallettiana, in cui al lavoratore gli veniva impartita una nozione fondamentale, da parte della azienda, che la sopravvivenza e la permanenza del sito industriale era ammissibile soltanto a patto che i lavoratori disconoscessero se non addirittura arrivassero ad una vera e propria “abiura” sindacale.
L’Azienda era l’unico referente e l’unico soggetto in cui credere e ubbidire, al fine e per il bene di tutti, coloro che ne facevano parte.
Una lucida e scientifica azione aziendale, avente come risultato finale la completa “fidelizzazione” dell’insieme dei lavoratori.
La pena e il disprezzo, il diniego a discutere e a confrontarsi con coloro i quali, tra i lavoratori non accettasse tale cambiamento di passo era – ed è tuttora – prassi da rispettare in maniera ossessiva.
Da qui ad una sorta di vera e propria modificazione genetica della classe operaia, con l’avallo e la complicità dei sindacati Fim,Uilm, Ugl e Fismic, quest’ultimo da sempre conosciuto come “sindacato giallo”, praticamente l’azienda sotto mentite spoglie!
Pomigliano e la sua fabbrica, da punta di diamante nelle lotte e nelle battaglie sindacali a fanalino di coda, per ciò che riguardava la conflittualità operaia nella realtà industriali del paese.
Gli operai piu riottosi al cambiamento, imposto dal nuovo corso targato Marchionne, pur tuttavia resistevano ed erano concentrati per lo più nelle file dell’unica organizzazione sindacale, la FIOM, rimasta in piedi dalla selvaggia ristrutturazione aziendale.
La FIOM, l’unica sigla sindacale confederale, che pur sotto innumerevoli pressioni politiche e sindacali, anche dalla stessa CGIL non aveva aderito al P FI (Progetto Fabbrica Italia), rifiutandosi di sottoscrivere l’accordo bidone, voluto fortemente dalla Fiat, in combutta con le altre sigle sindacali, a giugno del 2010.
Da sempre – la FIAT – ossia la maggior industria metalmeccanica presente sul territorio nazionale si è distinta nelle tecniche di dominio e di controllo della Classe Operaia, eppure con l’avvento al potere decisionale di Marchionne, mai prima d’ora si era spinta verso una vera e propria guerra di lunga durata, nei confronti della più grande organizzazione sindcale in termini di rappresentanza sindacale, la Fiom non che nei confronti delle varie sigle dell’Autorganizzazione sindacale (lo Slai/Cobas, l’Usb, la Cub).
Ma al peggio non c’ è mai fine
Eh, sì… sembra essere proprio cosi !
Dopo aver “normalizzato” la fabbrica più rivoltosa, li dove maggiore erano presenti le tracce dell’eterno conflitto “ Capitale – Lavoro “ e dopo esser riuscita nel proprio intento, ecco spuntare sempre dal cilindro magico dell’A.D. Una altra strategia volta sempre più a differenziare, selezionare e controllare la classe lavoratrice, affinché non abbia quest’ultima la possibilità di organizzarsi e di rivendicare maggiori vantaggi e diritti.
La Fabbrica differenziata.
Per prevenire la formazione di spunti di conflittualità rispetto al nuovo ordine imperante e per impedire qualsivoglia tentativo di socializzazione tra i lavoratori la linea di condotta di Marchionne si è inventato ed ha applicato sulla carne viva dei lavoratori: la Settorializzazione delle Fasce.
Tale processo consiste nella formulazione in tre fasce di appartenenza delle maestranze:
Fascia “A” in cui sono allocati tutti coloro addetti alle linee di produzione (montaggio, verniciatura e lastrosaldatura) …i cosidetti “privileggiati, in quanto sono esenti dal ricorso alla Cig, e per questo privilegiati, nel lavorare a tempo pieno.
Fascia “B” gli addetti alle Presse e la Manutenzione, quella che veniva un tempo denominata “Aristocrazia Operaia“
Fascia “C” ove sono presenti tutti quei lavoratori che fanno riferimento agli enti improduttivi, cioè quei settori non strettamente vincolati alla Produzione.
Quest’ultima Fascia, per lo più da lavoratori “RCL” (Ridotte Capacità Lavorative) e altri che in attesa di un aumento del picco produttivo, rimangono ai margini dell’attività lavorativa, investiti anch’essi, dagli Ammortizzatori Sociali, i Contratti di Solidarietà, valevoli soltanto per coloro che risiedono in fascia “C” e per questo motivo impiegati a rotazione soltanto per pochi giorni al mese.
Ovvio che tale impostazione, la suddivisione della fabbrica in settori o fasce, non ha diminuito ma inversamente, aumentato la rivalità e la concorrenza “ a chi è più efficiente e affidabile nei confronti aziendali, pur di lavorare, tra i lavoratori . Questa dinamica ha determinato una ulteriore arretramento in termini di rivendicazioni sindacali, peggiorando le condizioni di vivibilità lavorativa all’interno della fabbrica.
Ad oggi, la fabbrica di Pomigliano d’Arco è una assordante cassa acustica composta dal silenzio misto a rassegnazione degli operai costretti e sottoposti a turni infernali e a ritmi allucinanti sulle “catene” anche se, osservando e vivendo più da vicino questa realtà, si ha la concreta sensazione di trovarsi di fronte ad una pentola a pressione, pronta prima o poi a esplodere per rompere la gabbia dello sfruttamento e dell’alienazione.
Lo avverti e lo senti nei colloqui nascosti, nelle parole imprecate, nei visi e nei volti stanchi degli operai che, di nascosto dai loro superiori, si avvicinano ai pochi delegati e attivisti sindacali,e sfogano la loro rabbia repressa dalle condizioni di apparente normalità in cui sono sottoposti quotidianamente.
Rabbia e disperazione che aumenta di giorno in giorno e che prima o tardi, scoppierà!
- operaio Fiat/FCA
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fucile mario
Ricordi dei primi anni lavorativi, erano gli anni felici in cui la prosperità economica veniva condivisa da parte degli imprenditori lungimiranti, anche con la classe operaia. Questo fintanto si è dato un valore all’essere umano, alle sue capacità intrinseche, all’intelligenza al dono personale e alla peculiarità di ognuno. Strano che un A.D. illuminato abbia scelto una nuova patria, una nazione in cui proprio la centralità dell’individuo è sempre stato unito alla meritocrazia, motivo di crescita e sviluppo. Strano che non si sia ascoltata la voce e le richieste di chi ( operaio ) avrebbe dovuto essere parte integrante di un sistema di sviluppo moderno e democratico. O forse è iniziata l’era da qualcuno denominata ” Darwiniana” della selezione umana. Un ritorno al passato, il ricordo di razze pure, di estinzione per i più deboli. Nuovo cannibalismo politico imprenditoriale, nuovo autoritarismo anziché autorevolezza. Ma si sa succede non solo alla Fiat ma nel sistema produttivo imperialista
Giovanni
Dopo il pentimento di Landini e con i suoi inchini al mercato,queste grida di dolore e di bisogno nn hanno purtroppo rappresentanza e cittadinanza.La Fiom ha chiaramente virato a destra,abbandonando morti e feriti al fronte, imbavagliando oppositori e delegati Fca, licenziando esponenti di riferimento dell’opposizione congressuale STATUTARIA:”ILSINDACATO E’UN’ALTRA COSA”.
Maurizio Landini va sottoposto ad un processo politico per il fallimento causato dalla sua RIMESSA IN RIGA SENZA CONDIZIONI,per le risorse inutilmente sperperate,per l’IMMENSO DANNO DA SCORAGGIAMENTO E SFIDUCIAche ha causato in Fca ed in tutte le fabbriche,per quanti credendogli, si sono esposti nei luoghi di lavoro Attraverso i duri colpi che sta infliggendo alla democrazia sindacale e congressuale in Fiom, cerca di calare un velo impenetrabile di silenzio e paura,tentando di fare passare in sordina i suoi fallimenti tattici e strategici.