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Fare sindacato, nel nome di Abd Elsalam

21 dicembre ore 19.00 assemblea cittadina in Via Paolo Giacometti 11
A novembre già faceva freddo a Milano quando quella sera in Via Giacometti nella nostra sede di USB sono entrati una 15ina di migranti…

Chiedono di me sapendo che li stavo aspettando nel nostro salone.

Presento io il nostro sindacato, sono da solo un'altro compagno è in un'altra stanza a fare un volantino per lo sciopero, naturalmente avevo avvisato l'esecutivo confederale di questo incontro ma gli impegni tutti giustificati non hanno permesso la partecipazione.

Orgogliosamente gli parlo di USB, della nostra adesione alla Federazione Sindacale Mondiale, gli racconto delle lotte che facciamo, di essere stati a Ventimiglia, ma anche delle carovane dei migranti organizzate in Europa, delle lotte dei braccianti e di quelle della logistica.

Loro mi dicono semplicemente che dormono in una scuola piena di amianto, hanno molte storie diverse tra di loro, qualcuno lavorava nel suo paese o studiava e che sono scappati.

C'è chi è scappato dalla guerra e sta chiedendo lo status di rifugiato, chi ha attraversato il mare su barconi, chi è scappato dalla fame perchè anche le multinazionali e le politiche del FMI hanno impoverito i loro paesi a volte desertificandoli con le monoculture e sono scappati perchè vogliono essere trattati da essere umani mi dicono che non esistono solo le guerre fatte con le bombe ma anche quelle economiche che ti impoveriscono e uccidono giorno dopo giorno.

Alcuni sono qui senza documenti, altri lavorano, ma tra di loro non fanno distinzione tra migranti di serie A o di serie C. tra chi lavora e chi no, c'è chi ha i documenti e chi no, ciò che li accomuna è la disperazione da cui scappano.

Ognuno di loro ha una sua storia e raccontarle tutte sarebbe bello da ascoltarle spesso i loro occhi parlano più della loro bocca.

foto2La cosa che mi ha fatto riflettere tanto è la semplicità con cui mi risposero su cosa noi possiamo fare per loro?

Mi dissero: " VOGLIAMO ESSERE ORGANIZZATI DA VOI, DAL SINDACATO NEL NOME DI ABD ELSALAM"

Quella risposta così chiara mi trafisse il cuore e mi rese ancora più orgoglioso di far parte del mio sindacato di aver partecipato alle lotte della logistica e non solo..

Poi penso a loro al fatto che alcuni sono stati sbattuti fuori da un centro per richiedenti asilo perchè si sono rifiutati di lavorare gratis, perchè il lavoro è dignità, perchè il lavoro è merce e va pagato..( non come è accaduto ad expo)

Parlo la loro stessa lingua e leggo negli occhi degli sfruttati i miei occhi riflessi di quanti bambini eravamo senza casa, di quando si faceva la fila per un paio di scarpe bruttissime date ai figli delle famiglie che non arrivavano alla fine del mese.

Gli sguardi di quelle persone non mi lasciano indifferente e ne parlo immediatamente con i compagni e chiedo espressamente di coinvolgere tutti su questo terreno, mi impegno ad ogni riunione ad invitare tutti, decido di essere aperto e comunicativo al 100% per coinvolgere i compagni. ( )

Decido di andare ad incontrarli e a vedere dove vivono e li facciamo una riunione sono una 60ina faccio il report della prima riunione e invito tutti a partecipare alla successiva e così ad ogni riunione per mesi ogni settimana ci incontriamo anche 2 volte, prepariamo la manifestazione del 17 dicembre si partecipa in pochi del sindacato non si avvisano gli iscritti, ma loro sono in 50 e ben visibili adesso il 21 un'assemblea cittadina pubblica nel nostro salone alle ore 19.00 per costruire una rete di protezione in cui si chiede uno sforzo alla partecipazione.

CHE LINGUA PARLANO?
Parlano la lingua di chi subisce le guerre
parlano la lingua degli schiavi e degli sfruttati dal lavoro
parlano la lingua dei senza casa
parlano la lingua dei senza reddito
parlano la lingua dei diritti negati.
parlano la lingua dei lavoratori della logistica e dei braccianti

SIAMO COSI' INCAPACI DI NON ASCOLTARE CHE PARLANO LA LINGUA DEL NOSTRO SINDACATO?

il 21 dicembre alle 19.00 in Via P. Giacometti,11 presso il nostro salone c'è un'assemblea pubblica non essere indifferente

 

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